di Luigi Chiarello
A rischio transazioni commerciali tra le imprese per 250 miliardi di euro l’anno. A causa del blocco delle attività imprenditoriali, attuato per contrastare la diffusione del coronavirus, gli insoluti aumentano in doppia cifra. Al momento, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, siamo sul 20-30%, ma la situazione potrebbe anche aggravarsi. Le imprese tendono a non pagare i fornitori. E nel 2020, stima Euler Hermes, le insolvenze aziendali in Italia sono attese in crescita del 23%: 14 mila aziende sono a rischio default.
A livello globale, invece, le perdite commerciali dovrebbero ammontare a oltre 3,5 triliardi di dollari. In termini di volume, gli scambi commerciali di beni e servizi dovrebbero diminuire del 15% nel 2020, 5 punti in più rispetto al 2009. E i fatturati delle società dovrebbero contrarsi dal -30 al -40% (anno su anno) nel secondo trimestre dell’anno, determinando un aumento globale delle insolvenze del 20%.
Così, le compagnie assicurative, che operano nel mercato dell’assicurazione del credito, hanno dato un altolà al governo: la crisi innescata dal Covid-19 sta mettendo a serio rischio i loro equilibri tecnici, cioè il bilanciamento tra sinistri e premi. Morale: le stesse compagnie hanno comunicato a palazzo Chigi che, senza il varo di adeguati meccanismi di stabilizzazione dei risultati economici e tecnici, cioè di un sostegno diretto dello stato al settore, i crediti commerciali parzialmente non verranno più garantiti.

Il disimpegno delle società assicurative è possibile perché nel business model delle società di assicurazione del credito, di fronte a un rischio sistemico e ad uno choc esogeno, le imprese assicurative possono tirare i remi in barca, rivedendo la loro politica di sottoscrizione del rischio. E riducendo le esposizioni in essere verso le aziende finanziariamente più fragili. Questa sorta di ri-bilanciamento dei portafogli-rischi determinerà riduzioni e cancellazioni degli affidamenti. E la conseguente riduzione delle coperture per le imprese assicurate. Una paralisi già vista durante la crisi finanziaria scoppiata nel 2008/09 e che potrebbe ripetersi in forme addirittura più rilevanti di allora.

Le conseguenze per il mercato. Un eventuale disimpegno delle assicurazioni finirebbe per causare il crollo della fiducia tra aziende fornitrici ed aziende acquirenti, perché in Italia il mercato dell’assicurazione del credito è piuttosto rilevante. Ci sono, infatti, quattro grandi player: Euler Hermes, Coface, Atradius e Sace BT. Tutte queste compagnie attualmente forniscono copertura diretta a circa 15 mila imprese e sono esposte per oltre 1,8 milioni di affidamenti su circa 800 mila imprese debitrici. Come detto, si parla di un importo complessivo di 250 miliardi di euro di transazioni commerciali business-to-business all’anno. I due terzi sono su aziende italiane e un terzo su imprese estere.
La riduzione delle coperture dei crediti commerciali potrebbe causare:
– un effetto domino di default dovuti ai mancati incassi sui crediti commerciali;
– la necessità di richiedere pagamenti anticipati per le forniture;
– l’ulteriore deterioramento della posizione di liquidità delle aziende;
– in definitiva, un forte impatto in termini di fallimenti, con tutto ciò che ne consegue in termini di perdita di posti di lavoro, contrazione del pil e minori entrate tributarie (imposte dirette ed indirette).
Stessa cosa per quanto riguarda il factoring e il possibile blocco di altri servizi finanziari per il commercio come anticipo fatture e le garanzie su finanziamenti su commesse a medio /lungo termine.

La situazione in Europa. Va detto che il problema non è solo italiano. Nell’Unione europea altri stati membri hanno già adottato misure per stabilizzare il rischio del credito commerciale. Vediamo come:
– in Germania è stato siglato un accordo tra assicuratori e governo federale per proteggere le aziende nazionali e le correlate «filiere industriali». Si tratta di una compartecipazione dello stato alla perdita potenziale delle assicurazioni fino a 30 mld di euro su un totale di 400 mld di esposizioni complessive; in sostanza lo stato tedesco entrerà nel pagamento dei sinistri, indennizzando gli assicuratori. Così facendo, le aziende tedesche, seppur esposte sul fronte dei mancati incassi, vengono rassicurate sui rientri dallo stato federale e potranno proseguire con gli investimenti e le politiche di penetrazione commerciale all’estero;
– in Francia il governo ha attivato uno scudo complessivo di 12 mld di euro, di cui due mld destinati all’export, andando ad integrare le coperture degli assicuratori privati esposti verso le imprese finanziariamente più deboli. Così da non far venir meno la copertura assicurativa. Questo modello consente un ombrello più coerente con un tessuto imprenditoriale e industriale basato sulle pmi, di norma sottocapitalizzate rispetto alle grandi imprese;
– in Belgio, il governo federale ha garantito un ombrello pubblico da 900 mln di euro, a fronte di crediti commerciali assicurati per 57 mld di euro.

E in Italia? Secondo quanto risulta a ItaliaOggi anche il governo italiano, dopo aver lavorato sul fronte del credito bancario con il decreto legge «liquidità» (n. 23/2020), in vista del decreto legge cura Italia bis (o decreto di maggio), avrebbe all’esame misure ulteriori a sostegno del settore assicurativo e del mondo imprenditoriale per stabilizzare la rischiosità nelle transazioni commerciali attraverso la creazione di meccanismi pubblico-privato, che sostengano la ripartenza delle imprese.
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