Pagina a cura di Roxy Tomasicchio
Il commercio globale è in pausa per l’emergenza sanitaria causata dal Coronavirus e ogni mese di chiusura forzata corrisponde, per le singole economie, a uno shock del 23-30%. Un intero trimestre si traduce in danni per quasi 970 miliardi di euro (1.064 miliardi di dollari) con una conseguente revisione al ribasso della crescita del pil globale per quest’anno: da +2,4% a +0,5%. Mentre l’Italia scivolerebbe dal +0,3% a -6,1%.
Le stime, diffuse da Euler Hermes nello studio «Covid-19: economie in quarantena», potrebbero essere già state superate, in peggio, dagli eventi. Ed è così che, sempre la società del Gruppo Allianz specializzata nell’assicurazione dei crediti, ipotizza due scenari: una grave recessione nel 2020 e una ripresa a «U» nel 2021; oppure, se qualcosa dovesse andare storto, una crisi prolungata con un andamento a «L». Capitolo a sé i mercati dei capitali, per i quali si stima che la situazione peggiorerà ancora prima di cominciare a migliorare, con una crescita delle insolvenze del 14% a livello globale e con una flessione del 10-20% sui mercati azionari.
Focus su Italia e pmi. Secondo il team di esperti di Euler Hermes la recessione è dietro la porta. Passando ai numeri: il fatturato delle aziende dell’Eurozona potrebbe scendere tra il -15 e il -25% su base annuale. I margini operativi potrebbero subire una riduzione in una forbice tra 1,0 a 1,5 punti percentuali.
«Prima dell’epidemia da Covid-19, 13 mila pmi nella zona euro (il 7% del totale) erano già a rischio», spiega Massimo Reale, direttore commerciale Euler Hermes Italia. «Questa crisi di liquidità e dei flussi di cassa potrebbe ora spingerli al default. In Francia, il 10% del totale è a rischio; in Germania vicino al 9%, in Italia il 5% (circa 3.200 imprese), in Spagna il 6%, in Belgio l’8% e nei Paesi Bassi circa il 3%».
Per quanto riguarda le insolvenze, gli analisti di Euler Hermes prevedono un tasso di crescita marcato a livello globale: il dato è atteso in crescita del 14% in più in tutto il mondo nel 2020, di cui 13 mila in Italia (+18%). «Qui, le imprese operano soprattutto nel manifatturiero (prevalentemente di trasformazione)», aggiunge Reale, «gli effetti stimati sulle filiere dipendono da diversi fattori, ma al primo posto dalle difficoltà di approvvigionamento dall’estero sia a monte (materie prime soprattutto commodity e semilavorati industriali) sia a valle (calo dei consumi per beni non di prima necessità, sia interno che export)». Elettrodomestici e automotive i principali comparti che pagheranno le difficoltà del settore metalli, certamente in vetta alle riduzioni di fatturato atteso nei prossimi mesi, ma verosimilmente utility, energia e carburanti le aree dove verranno registrati i più forti cali di fatturato per il sostanziale fermo di molte attività produttive. Nei servizi, maglia nera per alberghi, settore turistico in genere e trasporti di persone (avio e su terra), anche qui fortemente condizionati dalle misure restrittive e dal cambio di abitudini che la popolazione non solo italiana è stata costretta a intraprendere. Il sistema moda pagherà la crisi sui mercati internazionali, soprattutto già visibile con Cina e Giappone ferme e ancora più a rischio con l’aumento della crisi negli Usa. In controtendenza invece le filiere agroalimentari e chimico-farmaceutiche.
Scenario uno: la ripresa a U. Ipotizzando tre mesi di blocco totale e un mese di ripresa parziale delle attività, considerando anche gli effetti delle misure di sostegno messe in campo a livello nazionale ed europeo e ricalcando quanto avvenuto in Cina (dove un mese di confinamento ha provocato un calo del 13% nella spesa per consumi, del 20% negli investimenti e del 16% nell’export), secondo gli esperti Euler Hermes, per ogni mese di pausa, il pil reale potrebbe scendere dal -7 al -10%. Estendendo il confine temporale a marzo e aprile, pur ipotizzando un ritorno graduale ai normali livelli di attività entro la fine di giugno, il passaggio cruciale avverrà nel secondo trimestre. Il pil reale dovrebbe scendere dal -2 al -4% trimestrale (o dall’8 al -12% trimestrale su base annua) a seconda del paese. Si passa dal +0,5% negli Stati Uniti a una contrazione dell’1,8% nella zona euro. Supponendo che le misure di contenimento abbiano successo, Euler Hermes prevede un rimbalzo dell’attività economica nel secondo trimestre 2020. Da qui la cosiddetta «U»: + 1% trimestrale in Europa e più di + 3% trimestrale negli Stati Uniti, con alcuni settori (vendita al dettaglio, turismo) che impiegano più tempo a riprendersi. «Le imprese eccessivamente indebitate e scarsamente capitalizzate saranno chiamate a reagire subito, poiché le perdite nella crescita del fatturato durante la crisi (circa -20% tendenziale annuo minimo nella zona euro) saranno difficili da compensare entro la fine dell’anno», commenta Ludovic Subran, capo economista Allianz. «Per le famiglie, la perdita di reddito durante la crisi potrebbe essere un freno alla loro volontà di spendere durante la ripresa e alimentare maggiori risparmi, ma le misure di protezione del reddito si dimostreranno sicuramente utili», aggiunge.
Scenario 2: crisi a L. Al momento gli analisti non possono escludere una emergenza sanitaria prolungata, pari a 12-18 mesi con possibili nuovi contagi. Ciò significherebbe chiusura delle frontiere esterne e misure di contenimento interne a intermittenza. «Lo scenario macroeconomico assumerebbe la forma di L con conseguente monetizzazione del debito, problemi sistemici sui mercati azionari, obbligazionari e della liquidità, e azioni dirette da parte dei politici che interromperebbero i ruoli di mercato per gli anni a venire, con difficoltà a riavviare i motori del sistema produttivo», riferisce Subran. I rischi al ribasso continuano a incombere.
I forti movimenti al ribasso dei mercati dei beni e delle azioni genererebbero stress di liquidità ed eventi creditizi, portando alla luce debolezze fondamentali dell’economia globale, proprio come nel 2008-2009. In questo caso, la contrazione della crescita del Pil dell’Eurozona nel 2020 potrebbe superare il -4%.
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