Era scontato e forse inevitabile, ma l’emergenza sanitaria che ha letteralmente bloccato il pianeta ha fatto esplodere la disoccupazione che nel mese di marzo ha registrato un grosso incremento nella maggior parte dei Paesi che hanno già a disposizione i dati mensili.

È quanto afferma l’Ocse a commento della pubblicazione mensile delle statistiche delle persone disoccupate nei 36 Paesi industrializzati.

A marzo l’impatto del coronavirus si è fatto pesantemente sentire sul mercato del lavoro degli Usa, con un aumento della disoccupazione di 0,9 punti al 4,4% e un incremento ancora maggiore per i giovani (dal 7,7% al 10,3%).

In Austria il numero delle persone che si sono registrati per la ricerca di lavoro nelle agenzie pubbliche sono aumentate di oltre due terzi e in Norvegia i disoccupati registrati dagli uffici di collocamento sono quintuplicati.

Secondo l’Organizzazione bisognerà, comunque, aspettare il mese prossimo per avere il quadro completo dello tsunami che ha colpito il mercato del lavoro.

L’Ocse, per altro, precisa che le misure introdotte dai Governi per ridurre la propagazione del coronavirus stanno limitando la capacità degli uffici statistici nazionali di fornire statistiche di alta qualità, anche per effetto di un numero inferiore a quello abituale delle risposte ai rilevamenti.

Insomma, il dopo sembra essere una pagina con tanti spazi bianchi. Recenti studi arrivano a prevedere un incremento di 25 milioni di disoccupati a livello mondiale.

L’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), ha richiesto delle misure di carattere urgente, per limitare gli effetti negativi del Coronavirus sul mondo del lavoro e dell’occupazione. In particolare è indispensabile proteggere i lavoratori, cercare di stimolare l’economia e la stessa occupazione, andare a sostenere il lavoro ed il reddito.

Secondo l’Ocse, ogni ulteriore mese di proroga del lockdown, comporterà una perdita di 2 punti percentuali sul PIL e i settori economici maggiormente colpiti saranno il settore turistico, su cui poggia l’economia di molti Paesi, che dovrà fare i conti con una riduzione dal 50% al 70%.

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