Quasi 10 mila miliardi di euro. Più precisamente, l’ammontare complessivo della ricchezza netta delle famiglie italiane a fine 2017 era 9.743 miliardi. La fotografia è datata un paio di anni fa ed emerge dall’ultimo studio in materia realizzato da Banca d’Italia e Istat. Si parla di 8,4 volte il reddito nazionale lordo. Dodici mesi dopo, stando al Rapporto Consob sulle abitudini di investimento delle famiglie, questo rapporto calava a 8,2, comunque più alto della media dell’Eurozona e anche rispetto ad altri Paesi Ocse, sebbene l’indicatore sia gradualmente sceso rispetto al picco raggiunto nel 2013 e in controtendenza con quanto accade per esempio in Francia, Germania, Regno Unito, Canada. «Siamo a circa cinque volte il pil», sottolinea Bettina Campedelli, docente di Economia Aziendale all’università di Verona e consigliere di Cattolica Assicurazioni. «Per quasi due terzi tale ricchezza è riposta in immobili, tema che evidenzia l’attitudine al possesso di una casa spesso frutto del risparmio della generazione precedente».
Ma proprio per questo è sulla casa che andrebbe a colpire in modo più diffuso l’eventuale patrimoniale, spettro che torna ad aleggiare come fonte di risorse per finanziare gli interventi necessaria a fronteggiare le ricadute economiche dell’emergenza sanitaria. Anche se, aggiunge Campedelli, quello che servirebbe al Paese non sono strumenti che guardano al passato, ma favorire il miglioramento di efficienza e competitività delle aziende per «far cresce la ricchezza, che altrimenti rischia di andare persa». La casa, si è detto, rappresenta il grosso della torta. In termini assoluti pesava 5.246 miliardi. Al conto vanno poi sommati quasi 679 miliardi di immobili non residenziali e 223 miliardi di terreni coltivati. Guardando invece il profilo delle attività finanziarie, le azioni pesavano per oltre 1.000 miliardi, le quote in fondi comuni per quasi 500 miliardi, le obbligazioni per circa 300 miliardi, mentre i depositi contavano per oltre 1.200 miliardi.
Questo lo stato dell’arte al 2017, quando peraltro Via Nazionale e l’Istituto di Statistica segnalavano un ritorno alla crescita della ricchezza netta, dopo la leggera discesa degli anni precedenti; una risalita «che riflette l’aumento delle attività finanziarie pari a 156 miliardi (+3,5)», si legge nel rapporto. Spostando lo sguardo al 2018 e alla rilevazione della Consob, il 30% delle famiglie italiane dichiarava di possedere almeno un’attività finanziaria: per il 26% fondi comuni, per il 18% titoli di Stato italiani. Resta invece da monito ai decisori un passaggio dello studio Censis-Associazione Italiana Private Banking dello scorso anno: «Un’idea forte radicata tra gli italiani è che il risparmio tenuto fermo come contante o sui conti correnti e quello destinato ad investimenti finanziari non deve essere tassato di più di quello destinato a investimenti in economia reale, dalle imprese alle infrastrutture. (riproduzione riservata.)

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