di Luigi Chiarello

L’unica cosa certa è che la garanzia concessa dal fondo Pmi sul credito bancario erogato alle imprese sarà gratuita. Ma non è dato saper né per quale importo, né per quanto tempo. Questo perché è in atto da una ventina di giorni un vero e proprio pasticcio a colpi di decreti legge, varati l’uno di seguito all’altro, che generano il caos, modificando in corsa norme scritte dal governo e cambiate dallo stesso esecutivo non appena i vari provvedimenti sono entrate in vigore. Di più: sempre sullo stesso tema – il nuovo funzionamento del fondo di garanzia pmi – capita anche che ci siano emendamenti al decreto Cura Italia, voluti dal governo e approvati in Senato, che lo stesso governo sconfessa subito dopo, non recependoli nel maxiemendamento su cui l’esecutivo ha posto la fiducia. O che vengano modificate in Parlamento norme nel frattempo abrogate per decreto. Andiamo con ordine, cercando di districarci in questo ginepraio, ripercorrendo, una per una, le varie norme che nell’ultimo mese hanno modificato l’articolo 2, comma 100, lettera a) della legge n. 662/1996. In rigorosa successione temporale.

Il decreto Cura Italia (n. 18 del 2020, in vigore dal 17 marzo scorso), all’articolo 49, ha stabilito che «per la durata di nove mesi, a partire dall’entrata in vigore del decreto», la garanzia «è concessa a titolo gratuito». E ancora: «l’importo massimo per singola impresa è elevato a cinque mln di euro»; ma per gli interventi di garanzia diretta la percentuale di copertura assicurata dal fondo su ciascun finanziamento richiesto sarà pari all’80% e comunque per un importo massimo garantito di 1,5 mln di euro per singola impresa. Per quanto riguarda la riassicurazione del credito, invece, in base al decreto Cura Italia la controgaranzia concessa dal fondo pmi è «pari al 90% dell’importo garantito dai confidi o da altri fondi di garanzia», a condizione che queste ultime garanzie non superino l’80% del singolo finanziamento e comunque non superino 1,5 mln di euro per singola impresa. In sostanza, in base al decreto Cura Italia, l’importo massimo garantibile per impresa è di 5 mln di euro, ma sul singolo finanziamento il tetto massimo garantibile è di 1,5 mln di euro. E riassicurabile per 1,5 mln di euro.

L’emendamento del governo al decreto Cura Italia. Nella notte tra il sette e l’otto aprile, in commissione bilancio al senato, è stato approvato un emendamento (n. 19.1000) proposto dal governo al ddl di conversione del decreto legge n. 18/2020, con cui l’esecutivo ha corretto il tiro rispetto a quanto fatto una ventina di giorni prima (si veda ItaliaOggi del 9/4/2020. Come? Lo ha fatto inserendo un articolo in più al decreto, il 49 bis, che non cancella, ma affianca l’articolo 49. Con l’articolo 49 bis l’esecutivo ha dato più tempo al fondo pmi per il rilascio della garanzia gratuita sul credito (da nove a 12 mesi), ma ha fissato un tetto massimo (che non c’è nell’art. 49) per la sua concessione, valevole solo per le pmi che operano nelle ex zone rosse di Lombardia e Veneto: 2,5 mln di euro al massimo per singola impresa, «con priorità sugli altri interventi» del paese, anche per le aziende che operano nell’agroalimentare; sempre nello stesso emendamento il governo ha scritto che questo limite di 2,5 mln di euro potrà essere esteso a tutto il territorio nazionale e, in caso di necessità, per singola filiera. Come dire: iniziamo col penalizzare le imprese della zona rossa, fissando un tetto alle garanzie gratuite; limite che poi potremo anche estendere all’interno territorio nazionale.

Il decreto liquidità (n. 23 dell’8 aprile 2020, in vigore dal 9 aprile 2020), a pochi giorni di distanza dal varo del decreto Cura Italia, ha riformato nuovamente il fondo di garanzia pmi (si veda, da ultimo, ItaliaOggi di ieri). Lo ha fatto con l’articolo 13, in cui si dispone che «fino al 31 dicembre 2020» la garanzie sul credito concessa dal fondo è sempre «a titolo gratuito»; anche stavolta, come nel decreto Cura Italia, «l’importo massimo garantito per singola impresa» può arrivare fino a cinque mln di euro, ma stavolta «sono ammesse alla garanzia le imprese con un numero di dipendenti non superiore a 499»; in sostanza, il decreto liquidità non fissa più la deroga sulla gratuità della garanzia in nove o 12 mesi, ma la concede fino a fine anno. E fa di più: la garanzia gratuita potrà coprire anche il credito concesso alle imprese più grandi.
Quindi, lo stesso provvedimento eleva la copertura della garanzia diretta al 90% di ciascun credito concesso; ma lo scudo potrà anche salire al 100% per i prestiti fino a 25 mila euro in favore di persone fisiche, esercenti e professionisti, se arriverà il via libera Ue. Idem, ma con garanzia mista (90% fondo pmi e 10% confidi) per i finanziamenti fino a 800 mila euro.
Infine, attenzione, il comma 12 dell’articolo 13 del decreto liquidità abroga l’articolo 49 del decreto legge n. 18/2020. In sostanza, il decreto legge liquidità, entrato in vigore l’8 aprile, ha cancellato totalmente la riforma del fondo di garanzia pmi che il decreto legge Cura Italia ha fatto entrare in vigore il 17 marzo 2020. Finita qui? No di certo. Il colpo di coda è ancora del decreto Cura Italia.

Il maxiemendamento del governo al Cura Italia. Due giorni fa, il Senato ha votato la fiducia sul testo del maxiemendamento che l’esecutivo ha presentato per la conversione in legge del decreto n. 18/2020. Bene, nel leggere il testo si scopre che l’esecutivo è nuovamente tornato sull’impianto del fondo di garanzia pmi. E lo ha fatto non riportando nel testo l’articolo 49 bis che pure aveva fatto approvare in commissione bilancio. In sostanza, nella notte tra il sette e l’otto marzo ha presentato e fatto approvare dai senatori un emendamento che il nove marzo ha espunto dal maxiemendamento. Praticamente, l’esecutivo ha sconfessato se stesso. Non solo. Nel testo finale del decreto legge, che andrà al voto della camera, rinasce l’articolo 49 del Cura Italia per come era stato approvato nella prima versione. Ma, purtroppo, il decreto liquidità, subentrato successivamente e attualmente in vigore lo ha abrogato, elevando anche la portata delle garanzie concedibili dallo stato sul credito bancario dall’80 al 100% del finanziamento, a seconda dei casi. Una vera e propria schizofrenia normativa dell’esecutivo. E ora?
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