di Francesco Bertolino

Nella tempesta scatenata sui mercati dal coronavirus le gestioni attive di BlackRock hanno navigato meglio di quelle passive. Il dato appare paradossale per chi su Etf e fondi indicizzati ha costruito una fortuna, ma emerge chiaramente dai conti trimestrali del colosso dell’asset management. Nel complesso la crisi pandemica è costata a BlackRock quasi 1.000 miliardi di dollari: a causa del crollo di bond e soprattutto azioni il patrimonio gestito è sceso dai 7.430 miliardi di fine 2019 ai 6.467 di marzo 2020, con un calo vicino al 13%. Ebbene, le negative performance delle gestioni passive hanno avuto su questo risultato un peso preponderante, anche in termini relativi. Gli asset in gestione ai fondi attivi di BlackRock sono passati da 1.947 a 1.759 miliardi, con una discesa del 9,7%. Gli asset in gestione ai fondi passivi invece sono passati da 4.935 a 4.111 miliardi, con un tonfo del 16,7%. Rispetto al primo trimestre del 2019 comunque il patrimonio gestito è rimasto pressoché invariato (-1%) e il confronto dei risultati anno su anno resta perciò incoraggiante. Il fatturato di BlackRock ha registrato un aumento tendenziale dell’11% a 3,7 miliardi grazie soprattutto agli introiti provenienti dalle sottoscrizioni alla piattaforma Aladdin. A dispetto del difficile momento di mercato, inoltre, la raccolta trimestrale del colosso guidato da Larry Fink è stata positiva per 35 miliardi, concentrati nel cash management. Infine la divisione Financial Markets Advisor ha ottenuto contratti di consulenza prestigiosi dalla Federal Reserve, che le ha affidato una parte del programma di acquisti di bond corporate, dalla banca centrale del Canada, che le ha chiesto di gestire gli acquisti di commercial paper, e dalla Bce, che le ha chiesto consiglio sull’integrazione dei criteri Esg nella vigilanza bancari. L’utile invece si è ridotto del 23% a 806 milioni, ma il dato non pare aver catturato l’attenzione del mercato: a due ore dalla chiusura di Wall Street ieri il titolo BlackRock trattava in rialzo del 2,3%. Del resto, ha detto il ceo Fink, alla Cnbc, «se la curva epidemica continuerà il declino nei Paesi sviluppati e allo stesso tempo la curva mondiale delle misure di sostegno governative e monetarie all’economia salirà, credo che il peggio sui mercati sia ormai alle spalle».

Meno ottimista si è detto invece il ceo di Morgan Stanley James Gorman, che settimana scorsa ha rivelato di esser guarito dal coronavirus: «A causa della devastante pandemia negli ultimi due mesi abbiamo assistito a picchi di volatilità, incertezza e ansia che non si vedevano dalla crisi finanziaria». L’incertezza sull’evoluzione della pandemia e sui suoi effetti economici porta Gorman a ritenere che difficilmente Morgan Stanley potrà raggiungere gli obiettivi fissati per il 2020. Nel primo trimestre i profitti sono scesi del 30% a 1,7 miliardi a causa di svalutazioni e accantonamenti in vista di perdite sui crediti, mentre i ricavi si sono attestati a 9,5 miliardi. A dicembre Morgan Stanley aveva stimato di poter raggiungere entro due anni un rendimento del capitale tangibile fra il 13 e il 15%, ma nei primi tre mesi del 2020 il rote della banca si è fermato al 9,7%. Il calo dell’utile è stato comunque inferiore a quello delle rivali di Wall Street e sinora Morgan Stanley ha retto meglio anche in borsa: da inizio anno ha perso il 25% contro il 38% di JpMorgan. (riproduzione riservata)

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