Nel 2003, in corrispondenza con l’epidemia di SARS, il più celebre torneo di tennis al mondo, Wimbledon, decise di sottoscrivere una copertura per il caso pandemia per una spesa di 1,9 milioni di dollari all’anno, secondo quanto reso noto nelle scorse settimane.

La polizza copre interamente i mancati incassi in quanto prevede una clausola specifica che prende in considerazione l’evenienza di pandemie virali.

Pagando complessivamente circa 31,7 milioni di dollari nell’arco degli ultimi 17 anni, Wimbledon, costretta ad annullare l’edizione 2020 del torneo, incasserà un indennizzo assicurativo di circa 114 milioni di euro. Il che evidenzia la lungimiranza mostrata all’epoca nell’affrontare un investimento che si è rivelato molto oculato, alla luce dell’attuale situazione che stiamo vivendo.

Ben Carey-Evans, analista assicurativo della società di consulenza e analisi londinese GlobalData Plc ha affermato che “grandi eventi sportivi come la Premier League (campionato di calcio di serie A inglese) o il torneo di golf The Open, sono stati sospesi o cancellati, facendo perdere agli organizzatori molta parte dei loro investimenti. Lo stop senza precedenti indotto dal Covid-19 e il corposo indennizzo assicurativo ricevuto da Wimbledon, spingeranno tutti gli organizzatori di grandi eventi, non solo sportivi, a cercare di sottoscrivere una copertura simile”.

L’assicurazione per il caso pandemia dovrebbe quindi diventare in tempi brevi un prodotto essenziale per gli organizzatori di grandi eventi sportivi e musicali, e non più essere considerato un prodotto di nicchia. “Per gli assicuratori si aprirà una nuova sfida sul pricing, a causa del forte aumento di popolarità e del significativo innalzamento del rischio associato al prodotto”.

I ricavi prodotti ogni anno da Wimbledon si aggirano sui i 285 milioni di euro. Avendo dato appuntamento agli appassionati di tutto il mondo all’estate 2021, il torneo ha tagliato ogni costo. Incassando la clausola ha ridotto a zero le perdite.

Certo, va detto che non tutti i tornei di tennis del circuito possono permettersi di sostenere certi costi. I margini di guadagno si assottigliano progressivamente escludendo i 4 Slam e scendendo ai Masters 1000 meno ricchi, agli ATP 500 e soprattutto ai 250.

Se in pratica sono tutti assicurati contro terremoti e atti di terrorismo, nessuno, al di fuori di Wimbledon è assicurato contro la specifica evenienza del virus.

Per molti tornei, riuscire a giocare potrebbe costituire il discrimine per rimanere in vita. Se infatti nel 2018, stagione regolarmente disputata, l’impressionante quota di tredici ATP 250 su quaranta ha chiuso il bilancio in rosso, l’ipotesi che nel 2020 questo rapporto si trasformi in un bagno di sangue è molto più di una ipotesi.

Insomma, avere un ombrello come quello di Wimbledon fa tutta la differenza del mondo. Ma qui, siamo solo all’inizio della partita e la palla è nella metà campo degli assicuratori, alle prese con una situazione atipica, perché a differenza di eventi naturali o di atti terroristici, la pandemia non è localizzabile in un luogo specifico ed è impossibile calcolarne la durata. E se al momento sono pochi i prodotti reperibili sul mercato proprio per la particolare complessità del rischio, è facile ipotizzare che ancora una volta il mondo delle assicurazioni saprà trovare gli strumenti per rispondere alle nuove esigenze.

Assicurazione pandemia