di Luigi Chiarello
Per la concessione dei prestiti fino a 25 mila euro non è necessario esibire in banca il bilancio o la dichiarazione dei redditi. Basta la sola autocertificazione. Questo perché a norma di legge «non è prevista nessuna attività istruttoria»; di conseguenza, «non sono necessari bilanci o dichiarazioni dei redditi ai fini del calcolo della soglia del 25% fatturato». Lo ha chiarito ieri il direttore generale dell’Associazione bancaria italiana, Giovanni Sabatini, nel corso della sua audizione davanti alla commissione d’inchiesta sulle banche.
I prestiti in questione sono quelli garantiti dal fondo centrale di garanzia pmi, ottenibili dai richiedenti per un ammontare massimo pari al 25% del fatturato messo a segno nel 2019; si tratta dei finanziamenti movimentati dall’articolo 13 del decreto legge Liquidità (n. 23/2020), in favore di piccole imprese, esercenti, artigiani, professionisti, partite Iva, lavoratori autonomi e aziende agricole (mediante garanzia Ismea), tassate a bilancio o meno.
La relazione di Sabatini ha avuto come focus le iniziative della task force per la liquidità del sistema bancario, nell’ambito dell’emergenza sanitaria e della crisi economica generate dal Covid-19. Il dg dell’Abi ha confermato che anche all’Associazione bancaria italiana sono stati segnalati casi in cui vengono richiesti ai potenziali beneficiari del finanziamento il bilancio o la dichiarazione dei redditi, «per questo la task force si è subito mossa per avere una risposta chiara a riguardo».
Risorse scarse. Sempre per i finanziamenti sotto quota 25 mila euro il dg dell’Abi ha sottolineato che l’attuale dotazione potrebbe non essere sufficiente. Il motivo? «La probabilità di default dei soggetti che ricevono i finanziamenti» è elevata, «pari al 30%», ha chiosato. Comunque, quando sarà deliberato un ampliamento delle risorse disponibili, queste «andranno a rafforzare la misura e in questa logica le banche stanno operando».
Per quanto riguarda i tassi d’interesse massimi, questi «sono definiti dal dl Liquidità e l’Abi non può intervenire sulle banche per ridurli», ha detto Sabatini, ma «è un tetto massimo e le banche possono applicare tassi differenziati».
Poi un accenno sulle complicazioni costruite negli anni dalla normativa di settore: «Bisognerebbe semplificare ulteriormente le modalità di accesso alla garanzia del Fondo», ha rimarcato Sabatini, «soprattutto in relazione alle operazioni di finanziamento di minore dimensione».
Quindi, la proposta: «In questa logica, l’Abi propone l’estensione della procedura facilitata senza valutazione del merito di credito per le domande di garanzie relative a finanziamenti fino a 100 mila euro (dagli attuali 25 mila, ndr)».
I finanziamenti di importo maggiore. Dunque, il quadro relativo all’erogazione dei prestiti si complica sul versante concessioni, quando il finanziamento richiesto supera quota 25 mila euro. E l’Abi ha ricordato che per questo genere di finanziamenti non è prevista dal decreto liquidità alcuna esenzione dall’attività di analisi del merito creditizio: «Quindi la banca continuerà a svolgerla secondo le procedure previste dalla normativa nazionale e comunitaria». Anche perché, ha sottolineato Sabatini: «Il quadro regolamentare europeo, nonostante le flessibilità consentite, permane estremamente rigoroso, specie sul fronte del rischio di credito».
Ma il vero nodo resta evitare che i rischi penali corsi dalle banche blocchino le erogazioni. Per questo l’Abi ieri ha chiesto che sia garantito uno scudo sull’attività creditizia: «Occorre definire soluzioni che, dando certezza ai profili di responsabilità della banca, accelerino l’erogazione della liquidità di cui alle misure del decreto (n. 23/2020, ndr)», ha sottolineato il dg Abi. Il problema sono i prestiti superiori a 25.000 euro e Sabatini è entrato anche nel merito: «In questa fase le prospettive future, anche delle aziende più solide, sono assolutamente incerte, a causa di fattori esogeni rispetto all’attività di impresa»; dunque, «è evidente che le valutazioni delle future capacità (dell’impresa, ndr) sono estremamente complesse e aleatorie».
La conclusione a cui l’Abi arriva è duplice: «Per ridurre i tempi dell’analisi del merito di credito» occorre «prima il rafforzamento delle autocertificazioni, cercando di standardizzarne gli elementi». Allo stesso tempo, però, «l’incertezza sulle prospettive future delle aziende non può far escludere che la crisi diventi irreversibile», ha chiosato il dg dell’Abi, insistendo: «In quest’ambito, la nuova legge fallimentare già conosce l’esenzione dai reati di bancarotta per la nuova finanza immessa in tale procedure. Ora potrebbe immaginarsi che temporaneamente si applichi anche per l’emergenza». In sostanza, la richiesta portata in commissione banche da Sabatini è che una malleva. E cioè che lo scudo penale previsto nel nuovo codice sulla crisi d’impresa (dlgs 14/2019, la cui entrata in vigore, va ricordato, è slittata al primo settembre del 2021) venga anticipato per le attuali operazioni emergenziali sul credito, così da mettere al riparo gli istituti bancari da ipotesi di reato come il concorso in bancarotta fraudolenta o l’accesso abusivo del credito, qualora l’impresa finanziata non regga alla crisi.
La chiusura delle precedenti posizioni. Infine il dg Abi fa un passaggio sulle eventuali richieste in banca di chiudere le precedenti posizioni, prima di concedere nuovi finanziamenti legati all’emergenza Covid-19: «Le rinegoziazioni sono effettuate solo su richiesta delle imprese, laddove l’impresa lo richieda, per evitare che ci possa essere il rischio di default su una linea di credito. È una facoltà dell’impresa che fa questa scelta e sicuramente non deve essere una richiesta della banca. Sono due elementi separati e non devono essere oggetto di commistione».
© Riproduzione riservata
Fonte: