Una partenza con il turbo per i fondi pensione che, grazie al rally dei mercati, nel primo trimestre 2019 sono tornati a registrare rendimenti positivi e a battere il Tfr. In base all’analisi di MF- Milano Finanza, che ha raccolto i dati dei comparti negoziali, la loro performance media netta è stata del 3,3% azzerando il rosso del 2018 (-2,5%). Intanto, dopo il -4,5% del 2018, anche i fondi pensione aperti hanno recuperato terreno mettendo a segno nel periodo un risultato medio del +4% (dati Fida). Entrambi hanno superato la rivalutazione del Trattamento di fine rapporto. Il Tfr è una sorta di investimento alternativo, però slegato dall’andamento dei mercati, e nel trimestre si è fermato allo 0,55% netto.
Un’infornata di 116 candidati pronti a dire la loro in 45 società quotate a Piazza Affari. Con l’ultima stagione assembleare entrata nel vivo in queste settimane i gestori di fondi si stanno facendo sempre più spazio nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle imprese. Il comitato di Assogestioni, coordinato da Andrea Ghidoni, sta mettendo a punto in questi giorni le ultime liste di minoranza da proporre agli azionisti, ma il quadro, a grandi linee, è già delineato visto che tra l’altro 15 società hanno già chiuso la loro assemblea. A inizio anno i rappresentato eletti dai fondi presenti negli organi di governo di 70 società quotate in erano già 213 persone, per il 38% donne. Un numero cui vanno aggiunti 78 sindaci supplenti. Ora in ballo ci sono rinnovi che interessano 45 società. Come Atlantia, per esempio, dove sono già stati eletti tutti e tre i candidati dei fondi, ovvero Dario Frigerio, Giuseppe Guizzi e Licia Soncini. Non solo. In fase di nomina ci sono anche i big bancari (dal collegio sindacale di Unicredit al consiglio di amministrazione di Intesa Sanpaolo ).
Con il tragico incendio che martedì 16 ha colpito Notre-Dame a Parigi si è scoperto, a sorpresa, che i francesi non sono assicurati per coprire da eventuali danni un bene simbolo per la Francia come la cattedrale, principale luogo di culto per il Paese. A impedirlo una legge in base alla quale le cattedrali costruite in Francia prima del 1905 (ben 83 su 93) sono di proprietà dello Stato, che ha scelto di farsi carico di eventuali danni senza chiamare in causa il settore assicurativo.
Il 2018, preso singolarmente, ha registrato danni inferiori alla media ma gli ultimi due anni sono stati i più costosi nella storia del settore assicurativo per i sinistri provocati dalle catastrofe naturali. A rivelarlo è uno studio pubblicato dal riassicuratore elvetico Swiss Re, dal quale emerge che nel 2017 e nel 2018 i gruppi assicurativi hanno dovuto pagare un totale di 219 miliardi di dollari di danni da catastrofi naturali. Si tratta della somma maggiore su un periodo di due anni e a pesare non sono stati solo uragani, terremoti e tempeste invernali.

 

  • Dal costo al valore
Tra mutamenti demografici e dinamiche di mercato il consulente finanziario dimostra di saper essere una valida guida per i risparmiatori. La raccolta nel comparto assicurativo ne è la testimonianza. Costi, vantaggi e benefici della consulenza

La partecipazione del gruppo De Agostini in Generali «è sempre ferma all’1,7% circa e non è prevista nessuna variazione, né in una direzione né nell’altra»: lo ha dichiarato l’a.d. Lorenzo Pellicioli a margine dell’assemblea di Dea Capital, di cui è presidente. Non c’è inoltre nessuna ipotesi di un patto di sindacato tra azionisti italiani: «Sicuramente noi non ci abbiamo mai pensato», ha tagliato corto Pellicioli, che ha definito «ottimo» il nuovo piano industriale del Leone presentato lo scorso novembre. «È un piano lucido, chiaro e concreto, senza voli pindarici ma con grande concretezza e competenza nel mondo dell’assicurazione, che è il mestiere di Generali».

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  • Generali, tensione sul cda Caltagirone contesta ” Hanno escluso i Benetton”
Ancora non è stata votata la lista presentata da Mediobanca per la conferma dell’attuale consiglio di amministrazione uscente da Generali, che già gli azionisti del Leone di Trieste — peraltro candidati per la rielezione in quella lista — esprimono il proprio disappunto. Lo ha fatto ieri Francesco Gaetano Caltagirone, vicepresidente di Generali e socio con il 5%. Allo stesso modo la penserebbe anche Leonardo Del Vecchio padrone del 4,87% e rappresentato a Trieste da Romolo Bardin. « Il cda che è stato quasi totalmente riproposto ha operato bene ma è l’espressione del mondo delle Generali di tre anni fa — ha detto Caltagirone, parlando a tre settimane dall’assemblea che il 7 maggio dovrà rinnovare il board — nel frattempo qualcosa è cambiato con un nuovo azionista che è un peccato, e forse ingiusto, che non sia rappresentato». Il riferimento è alla Edizione della famiglia Benetton, che nel corso del 2018 ha rafforzato la sua posizione salendo dall’ 1 al 4% di Generali investendo oltre un miliardo di euro. Proprio per non correre il rischio di un concerto tra azionisti, Mediobanca potrebbe aver preparato la lista per il nuovo cda accogliendo le indicazioni dello stesso consiglio di Trieste, ma senza sentire nessuno degli altri grandi soci, ed anzi affidando la procedura di selezione dei consiglieri al consulente Spencer Stuart che ha contattato tutti gli uscenti e – tranne che in un caso – ha avuto conferma, Caltagirone compreso, della loro intenzione di restare in cda.

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  • Caltagirone, il consiglio Generali e i Benetton
«Il consiglio che è stato quasi totalmente riproposto» per l’elezione, ha operato bene ma è l’espressione del mondo delle Generali di 3 anni fa, nel frattempo qualcosa è cambiato» con «un nuovo azionista che è un peccato, e forse ingiusto, che non sia rappresentato». Così Francesco Gaetano Caltagirone, azionista del Leone con poco più del 5%, a margine dell’assemblea della Caltagirone spa, riferendosi, senza nominarla, a Edizione (Benetton) salita a circa il 4% delle Generali. Da registrare però che i Benetton hanno dichiarato la partecipazione puramente «finanziaria» e «di lungo periodo», senza aspirare di conseguenza a una presenza in consiglio.

  • Pir, da inizio anno raccolta a zero Perso il balzo fino al 20% dei fondi
Poco meno del 20% in quattro mesi; tanto ha guadagnato il miglior fondo Pir da inizio anno a oggi. Quello che è andato peggio nello stesso periodo ha spuntato il 3,6 per cento. Peccato che chi avesse voluto acquistare un Pir a gennaio non abbia potuto farlo. O meglio, avrebbe potuto ma senza usufruire del vantaggio fiscale. Il mercato è ancora ingessato e rischia di restare tale ancora per un po’.I regolamenti attuativi che dovrebbero rendere operativi i nuovi piani di risparmio non sono arrivati; forse arriveranno entro la fine del mese, ma visto che sarebbero dovuti arrivare già a fine febbraio, un po’ di scetticismo ci sta. Indipendentemente dai decreti di attuazione, non è detto che il comparto riparta con lo stesso vigore degli esordi. Sono infatti molti i gestori che non vedono di buon occhio le novità legislative, temendo che venga messa a rischio la natura stessa dei fondi aperti e la loro liquidabilità (soprattutto in seguito all’obbligo di investire il 3,5% sui fondi di venture capital).
  • Pir. Decreto pronto, ma fermo al Ministero
Il decreto attuativo necessario per dare vita ai “nuovi” Pir è pronto al Ministero dello sviluppo economico. Fonti vicine al dossier lo confermano al Sole 24 Ore. In teoria dovrebbe vedere la luce entro il 30 aprile, data massima per rispettare il limite di legge. Ma non è certo. Anche perché già doveva arrivare a febbraio. E non è arrivato. Poi si aspettava per marzo. E non è arrivato. Ora, con le ferie pasquali in mezzo, non è scontato neppure che arrivi per il 30 aprile. Ma almeno è scritto. E questo è un passo avanti. Il decreto attuativo è necessario per dare un volto e caratteristiche precise ai nuovi Pir. La legge di Bilancio, che ha ridisegnato questi strumenti, ha previsto infatti alcune novità importati. Per esempio i nuovi Pir dovranno investire il 3,5% in fondi di venture capital e un altro 3,5% in società quotate su Mtf. Questo limite (soprattutto il primo) ha bloccato il mercato nel 2019: fintanto che non si delineano i dettagli con il decreto attuativo, e fintanto che non si risolvono alcune problematiche tecniche, nessuno può proporre alla clientela nuovi Pir. E il timore è che neppure il decreto possa sciogliere i nodi.
  • Generali, Caltagirone in affondo sulla lista
Un endorsement pieno per Generali di cui detiene al momento una partecipazione del 5 per cento. A conferma che la scelta di puntare sul colosso delle assicurazioni finora non ha deluso le sue aspettative. «Siamo pienamente soddisfatti della gestione e del titolo che va bene come tutta la Borsa. La società è ben condotta e sono molto soddisfatto». Così ieri, a margine dell’assemblea dei soci del gruppo Caltagirone, chiamato ad approvare il bilancio 2018 e a deliberare una cedola di 0,07 euro (+ 16% sul 2017), il numero uno Francesco Gaetano Caltagirone non si è sottratto ai cronisti che sollecitavano una valutazione sulla performance del Leone di Trieste. Su un aspetto, però, l’imprenditore ha voluto manifestare il suo disappunto, allorquando gli è stato chiesto un giudizio sulla lista, presentata da Mediobanca, primo azionista di Generali, per il rinnovo del board in vista dell’assemblea del 7 maggio. «Il cda che è stato quasi totalmente riproposto ha operato bene – è il ragionamento – ma è l’espressione del mondo delle Generali di tre anni fa. Nel frattempo qualcosa è cambiato con un nuovo azionista ed è un peccato che non sia rappresentato, forse anche ingiusto». Caltagirone non ha fatto nomi, ma è chiaro il riferimento a Edizione Holding dei Benetton che, di recente, ha portato la sua quota attorno al 4% nel capitale del big delle assicurazioni.
  • Anche Del Vecchio pronto a prendere posizione
Il mancato ingresso dei Benetton nel consiglio di amministrazione delle Generali, azionisti con oltre il 4% del capitale, è qualcosa di «ingiusto» per Francesco Gaetano Caltagirone, a sua volta socio del Leone con poco più del 5%. «Un peccato», tanto più perchè, a suo parere, il cda che verrà votato dall’assemblea del gruppo assicurativo, convocata per il prossimo 7 maggio, sarà «espressione di un mondo di tre anni fa» che non tiene conto degli importanti movimenti avvenuti a livello di assetto azionario e che hanno registrato l’ascesa di Caltagirone, dei Benetton e di Leonardo Del Vecchio. Lo stesso Del Vecchio, si apprende, avrebbe maturato la medesima convinzione di Caltagirone.
  • La nuova class action sarà operativa dalla primavera 2020
La nuova class action arriva in «Gazzetta Ufficiale». Ma l’effettiva entrata in vigore è differita alla primavera del 2020, tra un anno. La legge che modifica la disciplina dell’azione collettiva, traghettandola dal Codice del consumo a quello di Procedura civile, è la n. 31 del 2019, ma la scelta del legislatore è stata in qualche modo “conservativa”. La fase transitoria sarà cioè particolarmente lunga, un po’ come previsto per un altro provvedimento di spessore, la riforma della crisi d’impresa, che a sua volta sarà operativa solo dal ferragosto dell’anno prossimo. La necessità dello slittamento la spiega l’ultimo articolo della legge: al ministro della Giustizia deve essere lasciato un tempo adeguato per mettere a punto l’infrastuttura tecnologica che dovrà permettere la gestione digitale di passaggi cruciali dell’azione collettiva.

Intelligenza artificiale, cartografia informatica, sistemi di informazione geografica … la prevenzione dei rischi naturali può essere ottimizzata grazie al digitale. Una mini rivoluzione per Meteo-France: un super computer verrà installato a Tolosa, con un investimento per circa 144 mln. L’obiettivo è di migliorare la modellizzazione del rischio e rafforzare i dispositivi di prevenzione. In un contesto di aggravamento dei fenomeni catastrofici, la rivoluzione digitale appare come il mezzo per accelerare le strategie di prevenzione e gestione della crisi.

Handelsblatt

 

  • Talanx e Hannover Re non vogliono più assicurare il carbone in futuro
Entro il 2038 Talanx e Hannover Re vogliono uscire dagli affari  con le centrali elettriche a carbone, seguendo così l’esempio di altre compagnie del settore.