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Torna alto l’interesse su Assiteca con tre nuovi pretendenti che, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, si sarebbero fatti avanti nelle scorse settimane interessati a valutare un investimento nella società. Già nei mesi scorsi, il primo broker assicurativo italiano indipendente, unico quotato a Piazza Affari da luglio 2015, era stato oggetto di desideri. C’è stato un momento in cui il presidente, fondatore e azionista della società con poco meno del 79%, Luciano Lucca, sembrava interessato a valutare l’ipotesi dare vita ad un riassetto nel capitale di Assiteca e l’interesse di possibili acquirenti era sembrato subito altissimo.
Finora le «azioni di classe», proposte secondo la legge vigente e dichiarate ammissibili, ammontano soltanto a 10; di queste, solo meno della metà ha avuto successo con le pronunce dei giudici riguardanti azioni che vertevano su indennizzi di lieve ammontare. Mercoledì scorso il disegno di legge che ha varato il restyling della normativa in vigore è stato definitivamente approvato. La nuova disciplina contiene significative innovazioni, a cominciare da coloro che possono promuovere l’azione di classe: non più soltanto i consumatori ma chiunque ritenga di avere subito una lesione di diritti individuali omogenei, anche associazioni che tutelino diritti soggettivi, con la conseguenza che la normativa anzidetta passa dal Codice del consumo al Codice civile. Entra così a pieno titolo negli strumenti di difesa del cittadino, non soltanto del consumatore.
Tornano a circolare rumor di un interesse per Commerzbank. Allianz potrebbe favorire l’operazione. Ma c’è lo scoglio di Berlino, per cui è prioritario mettere in sicurezza Deutsche Bank. Sul dossier anche Bnp Paribas. Ma il piano A di Mustier resta SocGen

All’avvocato spetta automaticamente il rimborso del 15% delle spese generali forfetarie, salvo importo inferiore esplicitamente indicato e motivato nella sentenza. È il principio formulato dalla Corte di cassazione con la sentenza 9385 della seconda sezione civile, depositata il 4 aprile 2019. Al centro della questione è come interpretare le formule sintetiche dei dispositivi delle sentenze, nelle quali i giudici decidono chi deve pagare le spese legali (chi perde) e per che importo e per quali voci. Nel caso specifico si è dibattuto di una sentenza che nella parte relativa alle spese legali non ha indicato la misura della percentuale del rimborso che si aggiunge ai compensi professionali. Il rimborso delle spese generali non è facilmente quantificabili ed è indicato dalle norme in misura forfetaria: è una voce importante perché fa lievitare il conto a carico di chi perde.
Al professionista che lavora senza contratto con la p.a. spetta solo il danno emergente; non spetta il mancato guadagno: l’indennizzo dovuto dall’ente pubblico non si calcola in base alle tariffe o compensi professionali. È quanto ha deciso la sentenza n. 9317 della terza sezione della corte di cassazione depositata il 4/4/2019. Nel caso specifico al centro della vicenda alcuni professionisti che avevano effettuato progettazioni per lavori di ristrutturazione di edifici. Il contenzioso ha riguardato la cifra da porre a carico della p.a. che si era avvalsa del lavoro dei professionisti, ma senza formalizzare il contratto.

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  • La nostra vita venduta all’asta dai mercanti della privacy
Durante l’ultima campagna elettorale, primi mesi del 2018, due ragazzi, italiani, hanno bussato alla porta delle sedi di alcuni dei principali partiti in corsa per governare il Paese. Portavano una cartellina. All’interno, fogli con un elenco lunghissimo di codici. Ogni numero, un nome e cognome. Ogni nome e cognome, un elettore. «Abbiamo i dati di migliaia di italiani: abitudini, gusti, informazioni personali. Usando i social network, potreste costruire messaggi mirati prima del voto. Vi interessano?».  Esistono delle multinazionali che offrono interi database costruiti sfruttando la sistematica opera di raccolta delle tracce che lasciamo online. Un esempio. L’utente, navigando, fa un preventivo per un’assicurazione, acquista una maglietta, carica la tessera del supermercato, cerca una casa da comprare. Condivide dunque i suoi dati con assicurazioni, negozi, anche lo Stato quando registrerà il contratto di acquisto. Ciascuno di questi soggetti diventa fonte per i data broker che sono così in grado di creare, per ogni persona, un profilo digitale: nome, cognome, numeri di telefono, indirizzi di casa e di posta elettronica e molto altro. Ciascuno è poi incasellato in categorie. Le “soccer mums”, per fare un esempio reale, sono le donne tra i 21 e i 45 anni che hanno acquistato articoli sportivi per i figli negli ultimi 24 mesi. Di ognuna di loro possono conoscere l’altezza, i luoghi di villeggiatura, l’uso o meno di lenti a contatto, l’eventuale passione per il gioco d’azzardo, il reddito, il patrimonio, l’affiliazione politica.

 

  • Disastro Ethiopian i piloti “scavalcati” dal software difettoso
È stato il software anti-stallo a condannare il Boeing 737 Max 8 della Ethiopian Airlines: il rapporto preliminare dei tecnici che stanno esaminando le “scatole nere” non lascia dubbi. Se in un primo momento restava l’ipotesi di un errore umano, e se qualche osservatore metteva in evidenza la modesta esperienza del secondo pilota, l’analisi dei dati concreti registrati sui sistemi di bordo, illustrati ad Addis Abeba dal ministro dei Trasporti Dagmawit Moges, ha spazzato via le incertezze. Comandante e secondo, dice la ricostruzione, sono stati sommersi da malfunzionamenti e allarmi appena dopo il decollo. Hanno seguito le istruzioni diffuse dalla Boeing dopo il disastro della Lion Air, ma questo non è servito a riprendere il controllo. È bastato un sensore difettoso per far entrare in funzione il sistema anti-stallo Mcas, che ha spinto verso il basso il naso dell’aereo due minuti dopo che questo aveva lasciato la pista di Addis Abeba-Bole. Dei sensori che rilevano l’angolo di inclinazione dell’aereo rispetto al movimento dell’aria, uno registrava un angolo di 15,3 gradi, compatibile con le necessità di un aereo subito dopo il decollo. L’altro segnava 74,5 gradi, che corrispondono a un aereo puntato verso il cielo. Ma una rotta quasi verticale comporta pericoli di stallo aerodinamico, per cui le informazioni di quest’ultimo sensore hanno spinto il programma a intervenire, forzando il naso dell’aereo verso il basso. I piloti sono riusciti a far impennare il Boeing salendo fino a 13.400 piedi (oltre quattromila metri), aggirando per un momento il controllo automatico, e il comandante Yared Getachew ha chiesto l’autorizzazione a rientrare subito in aeroporto. Ma il programma anti-stallo, ingannato dal sensore difettoso, ha ripreso il comando. Il registratore della cabina di comando conferma il racconto di un incubo. Per tre volte il comandante ha cercato di tirar su l’aereo, ma l’aereo tornava a puntare verso il basso. Quaranta secondi dopo la prima correzione forzata, i piloti hanno disabilitato il motore che spingeva il naso verso il basso. Ma l’aereo era già indirizzato verso il suolo. I piloti hanno cercato di farlo impennare nuovamente, ma il sistema automatico ha imposto al 737 una picchiata a una velocità oltre i novecento chilometri orari.

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  • Unicredit punta alla Commerzbank
Spunta Unicredit come terzo incomodo nelle trattative sulla fusione tra Deutsche bank e Commerzbank: qualora il tavolo tra i due gruppi tedeschi non dovesse approdare a un accordo, allora Unicredit — presente in Germania dal 2005 per aver acquisito Hypovereinsbank (Hvb) — potrebbe proporsi come alternativa per un’aggregazione con Commerz, ma senza l’intenzione di ostacolare i colloqui in corso. Ieri mattina l’indiscrezione del Financial Times ha fatto il giro delle sale operative e delle banche d’affari delle piazze finanziarie più importanti, perché si tratterebbe di un’operazione colossale. Secondo il Ft, il progetto prevederebbe la fusione tra Hvb e Commerz, che resterebbe quotata a Francoforte, mentre Unicredit resterebbe quotata a Milano. In sostanza l’attuale Unicredit con base in Italia e il governo di Berlino — che ha il 15% di Commerz frutto di un precedente salvataggio di Stato — diventerebbero i primi azionisti del futuro gigante bancario tedesco. Insieme, Commerzbank e Unicredit varrebbero circa 38 miliardi di euro. Il gruppo italiano guidato da Jean Pierre Mustier non ha commentato ieri il rumor, ricordando che il piano industriale 2016-2019 prevede la crescita solo per linee interne.

 


  • Pir, non cambia la quota «venture» Garanzie estese a medie imprese

Solo nel pieno del consiglio dei ministri di ieri si sarebbe materializzata la decisione sui Pir (piani individuali di risparmio). Alla fine il ministero dello Sviluppo economico avrebbe vinto il confronto con l’Economia ottenendo lo stralcio della norma che fissava tappe in più anni per arrivare all’obbligo di investire almeno il 7% complessivo in aziende quotate all’Aim e per fondi di venture capital (3,5% ciascuno). Si dovrebbe dunque procedere con il decreto attuativo che, come anticipato dal Sole 24 Ore, recepisce gli obblighi europei con tetto la finanziamento di 15 milioni per ciascuna Pmi. Al traguardo invece una modifica del Fondo di garanzia Pmi che da diversi anni era stata sollecitata dal segmento delle medie imprese e delle cosiddette small mid cap. Si prevede la creazione di una sezione specifica dedicata alle garanzie a copertura di una quota delle prime perdite su portafogli di finanziamenti di importo massimo garantito di 5 milioni di durata ultradecennale, erogati dalle banche alle imprese fino a 499 addetti e finalizzati per una quota prevalente (dovrebbe essere il 60%) a investimenti in beni materiali.

 

  • Commerz, ipotesi UniCredit se saltano le nozze con Deutsche
UniCredit punta davvero su Commerzbank? La domanda è circolata ieri sul mercato dopo che il Financial Times ha rilanciato l’indiscrezione: secondo il giornale britannico se fallissero le trattative tra Commerz e Deutsche Bank, UniCredit potrebbe proporsi per la banca controllata per il 15% dallo stato tedesco. L’operazione, almeno sulla carta, prevederebbe la fusione tra Commerzbank con la banca controllata da piazza Gae Aulenti in Germania, Hypovereinsbank, la conservazione della quotazione a Francoforte e la sede. UniCredit rimarrebbe invece quotata a Milano. Nessun commento, come da tradizione, da parte della banca guidata da Jean Pierre Mustier.

 

  • Fineco, a marzo raccolta netta a +24%
A marzo la raccolta netta di Fineco si è attestata 752 milioni (+24%), di cui 337 di raccolta gestita. La raccolta netta da inizio anno è a quota 1,711 miliardi (+3%), con quella gestita che ha raggiunto i 682 milioni, mentre l’amministrata è a 157 milioni e quella diretta a 872 milioni.

 

  • La nuova class action amplia la platea di chi esercita l’azione risarcitoria
La nuova disciplina prevista nel Codice di procedure civile in materia di azione di classe, approvata mercoledì in via definitiva dal Senato (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri), cancellando ogni precedente riferimento a consumatori e utenti, introduce la facoltà di esperire l’azione giudiziaria per tutti coloro che avanzino un diritto al risarcimento di danni contrattuali ed extracontrattuali relativi alla lesione di «diritti individuali omogenei» (non più quindi, come era previsto nel Codice del consumo, ad «interessi collettivi»). Ciascun componente della cosiddetta “classe”, ovvero le organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro che avranno come obiettivo la tutela dei suddetti diritti, e che saranno iscritte in un elenco tenuto dal ministero della Giustizia, saranno quindi nella titolarità di poter esperire la loro azione risarcitoria. Nella nuova normativa è stato pertanto ampliato in modo significativo l’ambito di applicazione oggettivo dell’azione, che è esperibile a tutela delle situazioni soggettive maturate a fronte di condotte lesive sia per ottenere l’accertamento della responsabilità che per avere la condanna al risarcimento del danno e alle eventuali restituzioni contrattuali ed extracontrattuali.