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Al vertice societario non possono sedere soggetti incompetenti e passivi: il codice civile impone che l’amministratore, sia esso delegante che delegato, sebbene con qualche differenza, debba adempiere ai propri doveri con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze e, laddove emergano segnali di anomalie gestionali, di attivarsi repentinamente al fine di farvi fronte, ovvero attenuarne i danni.
Impossibile, nel panorama delineato, trascurare quanto disposto dal dlgs 231/2001, in tema di responsabilità amministrativa degli enti (tutti, salvo qualche piccola eccezione) derivante da reato commesso da una figura apicale o da un sottoposto … addirittura sussistente se questi ultimi non siano individuabili, ovvero non imputabili.
Ebbene, la tutela dell’ente muove dall’imprescindibile adozione del modello organizzativo, dalla sua effettiva attuazione e dalla capacita di quest’ultimo di essere idoneo a prevenire i reati presupposto. Difatti, questo non sarà ritenuto responsabile se, prima della commissione di un reato da parte di una figura apicale o ad esso funzionalmente collegato, aveva adottato ed efficacemente attuato modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire i reati. E proprio all’organo gestorio è demandato tale onere, giacché, la lettera a), art. 6 decreto in esame, precisa come l’organo dirigente debba adottare ed efficacemente attuare modelli di organizzazione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
Prendono il via i primi pre-pensionamenti con quota 100 e con la pensione anticipata, misure introdotte e riformate dal dl n. 4/2019 convertito in legge n. 26/19 (in G.U. del 29 marzo). Con il corrente mese di aprile, infatti, si apre la prima «finestra» di pensionamento utile a chi ha maturato la quota 100 (età + contributi) entro il 31 dicembre 2018 e a chi ha maturato il requisito contributivo unico per la pensione anticipata (41 anni e 10 mesi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini) tra il 1° e il 29 gennaio 2019.
Riscatto soft della laurea per tutti. Infatti, la legge n. 26/2019 di conversione del dl n. 4/2019, pubblicata sulla G.U. n. 75/2019, ha eliminato il vincolo di 45 anni d’età per poter presentare la domanda di riscatto soft della laurea (che, dunque, può ora essere presentata da chiunque). La conversione in legge del dl n. 4/2019, inoltre, ha raddoppiato da 60 a 120 il numero delle rate possibili per la dilazione del pagamento degli oneri del ricatto dei buchi contributi (c.d. «pace contributiva»).
Il riscatto soft della laurea. La nuova facoltà di riscatto è inserita nel corpo normativo che disciplina il riscatto della laurea (art. 2, dlgs n. 184/1997), quale ulteriore ipotesi a disposizione, però, unicamente «dei periodi da valutare con il sistema contributivo».
La Cassazione: il datore di lavoro deve provare il rispetto del Testo unico sicurezza
Ristoro del danno biologico se è pregiudicata la salute
Risk assessment nella sanità: dimostrare l’organizzazione diligente riduce i rischi da eventuale «malpractice». Per la struttura sanitaria e per il medico, poter dimostrare carte alla mano di aver perseguito un processo organizzato di mappatura dei rischi e di prevenzione non solo è una pratica virtuosa per il sistema, ma è anche un asset di grande valore nella strategia difensiva nei casi eventuali di responsabilità sanitaria.
Legge Gelli-Bianco: per il nuovo regime della responsabilità sanitaria, a due anni dall’entrata in vigore della riforma, il quadro normativo è ancora incompleto.
Non sono stati pubblicati i decreti ministeriali che avrebbero dovuto individuare condizioni e limiti dell’obbligo assicurativo, disciplinare l’utilizzo (integrale o parziale) della auto ritenzione del rischio e rendere operativo il fondo di garanzia, solo per citarne alcuni. Rimangono dunque zone d’ombra che determinano incertezza nel settore, ed è auspicabile che si provveda con urgenza al suo completamento.
L’iniziativa di counseling lanciata da Axa Italia a sostegno delle proprie risorse umane
Sportello di ascolto per governare lo stress da lavoro

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  • Pensioni. Corsa a favorire Quota 100 via ai primi 25 mila E tutti gli altri in coda
Fare in fretta. Anche chiudendo un occhio sulle pratiche. Si vedrà poi. Ciò che conta è dare priorità a quota 100. I primi 25 mila — su 104.390 domande arrivate sin qui — andranno in pensione oggi. Con i requisiti scontati da Cinque Stelle e Lega: almeno 62 anni e 38 di contributi. Tutti gli altri in coda. Se ne sono accorti i cittadini che chiedono gli assegni di vecchiaia, anzianità o reversibilità, finiti in un imbuto. Se ne sono accorti patronati e sindacati. E lo sa anche Inps, visto che in una comunicazione dell’11 marzo scorso — l’ormai famosa 1008, non c’è patronato o sede che non la citi — chiede alle direzioni regionali e alle strutture territoriali di avanzare spediti su quota 100. «Esclusivamente per le pensioni quota 100 con decorrenza 1 aprile 2019, si ritiene opportuno consentire in via straordinaria di procedere alla liquidazione provvisoria sulla base delle dichiarazioni di cessazione contenute nella domanda», si legge. Tradotto: erogate le pensioni anche senza sapere se chi fa richiesta ha smesso di lavorare o no. E dunque anche senza le certificazioni Unilav.
  • Da oggi l’adeguamento all’inflazione ma gli assegni saranno più leggeri
Brutta sorpresa da oggi per 5,6 milioni di pensionati, sopra i 1.522 euro lordi al mese. Scopriranno di aver ricevuto un importo più basso di quello incassato in gennaio, febbraio e marzo. E questo perché proprio oggi entra in vigore il nuovo sistema di calcolo, introdotto dal governo gialloverde in legge di Bilancio, per adeguare all’inflazione le pensioni superiori a tre volte il minimo. Un sistema un filo più conveniente di quello in vigore fino al 2018, ma peggiorativo rispetto a quanto doveva essere, sperimentato dai 5,6 milioni di pensionati proprio nei primi tre mesi di quest’anno. Prenderanno insomma la metà di quanto previsto dalla Finanziaria 2017 che imponeva di tornare dal 2019 al più vantaggioso meccanismo Prodi, rivalutando la pensione secondo tre scaglioni: al 100% fino a 1.500 euro e poi ridotta solo sulla parte residua. M5S e Lega hanno invece scelto di restare alle “fasce” di Letta, ampliandole da 5 a 7. Ma così la rivalutazione parziale all’inflazione si applica a tutto l’importo e non solo alle parti residue. Risultato: i pensionati ci perdono. Quanto? Parecchio in termini totali. Il governo risparmia da questa misura 3,6 miliardi al lordo delle tasse (2,2 miliardi netti) nel triennio 2019-2021 e ben 17 miliardi nel decennio 2019-2028. E con questi soldi, tolti dalle tasche di un terzo dei pensionati italiani, ci finanziano una parte di quota 100, l’anticipo pensionistico che al più riguarda appena 290 mila persone nel 2019.

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Il loro intervento nell’economia reale e quello delle casse di previdenza è ancora limitato. Ma si studia un cambiamento.
Il settore della previdenza potrebbe avere un effetto positivo sull’economia e sulla crescita del nostro paese. In un quaderno di approfondimento, da poco pubblicato, del centro studi di Itinerari Previdenziali in collaborazione con Borsa Italiana, si prospetta una sorta di circolo virtuoso: “più investimenti a sostegno del sistema Paese da parte degli investitori istituzionali significano più risorse alle imprese e alle infrastrutture economiche e sociali, quindi più lavoro, più ricerca e sviluppo, più crescita aziendale, una maggiore occupazione, maggiore disponibilità di spesa e, di riflesso, maggiore propensione ad un risparmio previdenziale meglio remunerato”.

Sono «nascosti» nelle casse delle prime cento imprese familiari, ma ci sono. 40 miliardi di euro liquidi, circa 13 volte quanto hanno raccolto i 17 fondi di private equity italiani con una dotazione superiore a 50 milioni (3,3 miliardi in totale,dati Aifi). Di questi 40 miliardi, 16,6 sono quelli puliti dai debiti, ovvero la posizione finanziaria netta totale (liquidità meno indebitamento): risorse che potrebbero contribuire a portare l’Italia alla crescita, se solo non vivessimo nell’incertezza. Se solo i mercati fossero più stabili.
«La centesima azienda familiare in classifica ha in cassa, tolti i debiti, oltre 47 milioni di euro — spiega Guido Corbetta, docente di Strategia delle aziende familiari dell’Università Bocconi —. Se pensiamo che un fondo di private equity medio raccoglie 50 milioni di euro è come se le imprese avessero le risorse di centinaia di fondi di private equity».
Nei prossimi giorni Mediobanca, primo azionista di Generali con il 13%, depositerà la lista di maggioranza per il rinnovo del consiglio triestino, in vista dell’assemblea del 7 maggio. A parte qualche ultimo dettaglio da definire, il comitato nomine dell’istituto ha perseguito una linea di continuità sia per il board sia per le cariche di vertice: saranno confermati l’amministratore delegato Philippe Donnet e il presidente Gabriele Calateri. Niente di nuovo dunque al Leone? Non proprio.
Gli italiani sono ancora ricchi, ma lo sono meno di quanto lo fossero in passato. È quanto emerge dalla lettura dei numeri della Banca d’Italia sulla ricchezza delle famiglie. A settembre 2018, il valore delle attività finanziarie degli italiani era pari a 4.100 miliardi di euro, 125 in meno della fine del 2017, con la ricchezza pro capite scesa sotto i 68 mila euro. In nove mesi, ogni italiano ha perso in media quasi 2 mila euro. Un calo di circa il 396 spiegato da una pluralità di fattori.
E’ da almeno una decina d’anni che le banche dispongono di un portafoglio prodotti che abbraccia tutta la finanza personale delle famiglie: oltre ai conti correnti, ai prestiti e alle carte di credito, anche i fondi comuni, le polizze vita a scopo di investimento (ramo l, multiramo e unit-linked), i piani di previdenza integrativa e le assicurazioni di puro rischio. Una simile articolazione non è scontata, anche perché non ha paragoni in molti altri Paesi avanzati. Va poi registrato che negli ultimi tempi la strategia di alcuni istituti ha puntato con maggiore convinzione verso una dimensione bancassicurativa.
Sostenibilità: una sfida per molti settori della nostra vita; l’ambiente, l’economia, i bilanci pubblici e così via. Ma quanto è sostenibile il nastro sistema pensionistico? Il bilancio evidenzia i miglioramenti registrati in tutte le variabili in questi ultimi otto anni; le entrate da contributi versati dalla produzione (lavoratori e imprese) superano nel 2018 i 200 miliardi di euro a fronte di prestazioni pensionistiche (al netto dell’assistenza) pari a 204 miliardi; considerando tuttavia che sulle pensioni grava l’Irpef per un importo totale di oltre 5o miliardi, il saldo di cassa per lo Stato è positivo.
  • A quota 2.123 nonostante la bufera
L’industria italiana del risparmio gestito ha iniziato il nuovo anno sulla scia di come aveva concluso il 2018. Nei primi due mesi del 2019, i flussi di sottoscrizione verso i fondi comuni mostrano un saldo negativo di un miliardo di euro, frutto dell’attivo per 600 milioni registrato a gennaio e del «rosso» per 1,6 miliardi febbraio. Un trend che ripercorre quindi quanto accaduto nel quarto trimestre dello scorso anno quando, complice la forte turbolenza sui mercati finanziari, i flussi sono finiti in territorio negativo per 3,96 miliardi. Insomma, dopo un triennio da incorniciare, l’industria dell’asset management italiana ha chiuso il 2018 in decelerazione, con un saldo annuale positivo per 9,87 miliardi.

  • I primi pensionati quota 100: un terzo al Sud, poche donne
I pionieri di quota 100 sono soprattutto uomini. Sono in maggior frequenza lavoratori delle regioni del Nord, ma più di uno su tre (dato imprevisto) è del Mezzogiorno. Il primo flash statistico sulle nuove pensioni che entrano in pagamento oggi – e che Il Sole 24 Ore è in grado di anticipare – riguarda 26.831 beneficiari. Questi neo-pensionati potranno contare su un assegno piuttosto consistente rispetto alla media, visto che nel 45% dei casi gli importi oscillano tra i mille e 1.500 euro lordi, mentre il 34% si colloca addirittura nella fascia tra i 1.500 e i 3mila euro. Livelli significativi anche perché sono al netto della decurtazione implicita che sconta chi si ritira fino a 5 anni prima rispetto all’età di vecchiaia (più di un quarto di questo primo gruppo va con 62 anni, mentre la metà ne ha tra i 63 e i 64).
  • Il cumulo è vietato fino alla vecchiaia
La pensione con quota 100 è legge da l 27 marzo. Poiché non prevede alcun ricalcolo dell’assegno, questa forma di pensionamento rappresenta un anticipo del tutto conveniente per gli assicurati. L’unico elemento negativo consiste nel divieto di cumulo con altri redditi. Dal 2009, l’articolo 19 del Dl 112/2008 aveva abrogato le precedenti versioni dell’incumulabilità dei redditi da pensione, che, a oggi, permane per pochi trattamenti: in modo parziale per quella ai superstiti e per l’assegno ordinario di invalidità, e per una breve finestra temporale per la pensione anticipata dei lavoratori precoci.
L’articolo 14 del Dl 4/2019, comma 3, ha invece previsto – esclusivamente per quota 100 – una forma di incumulabilità più estensiva. Il divieto di cumulo scatta dal mese di decorrenza (una volta maturati i requisiti e dopo la finestra di differimento di 3 o 6 mesi, per privati o pubblici) fino all’età della vecchiaia, pari a 67 anni fino al 2020.
  • Nulla la delibera che addebita i danni a un condomino
L’assemblea non ha il potere di imputare al singolo condomino una particolare spesa anche se lo ritiene responsabile del verificarsi di un danno sulle parti comuni oppure in una unità immobiliare di proprietà esclusiva. Esula infatti dalle attribuzioni dell’assemblea quello di porre in essere una sorta di “autotutela privilegiata” rispetto alla posizione di qualsiasi altro creditore. Capita spesso di vedere esposta nel rendiconto condominiale la voce «addebiti personali» con cui viene posto a esclusivo carico di un condomino la spesa sostenuta dall’intera collettività condominiale per risarcire il danno provocato a parti comuni o di proprietà esclusive ad esempio da infiltrazioni d’acqua provenienti dal lastrico solare in uso esclusivo o di proprietà del singolo condomino, che hanno danneggiato la sottostante porzione comune o privata.