Il Decreto fissa i paletti ai piani individuali di risparmio

Tetto massimo di 15 milioni di euro a titolo di aiuto per il finanziamento del rischio in favore delle pmi, da parte dei fondi pir (piani individuali di risparmio) e fondi venture capital. È questa una delle novità contenuta nella bozza del decreto ministero dello sviluppo e ministero dell’economia che dà attuazione alle disposizioni della legge di Bilancio 2019 sulla finanza per le pmi. L’articolo 3 del decreto che porta anche la firma di Giovanni Tria ministro dell’economia, coerentemente con il comma 212 della legge di Bilancio 2019, stabilisce che nuovi Pir concorreranno a sostenere le pmi, come d’altronde era nello scopo originario dello strumento, investendo, per almeno il 70% del valore complessivo delle somme destinate nel piano di risparmio a lungo termine, in strumenti finanziari anche non negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione emessi o stipulati con imprese residenti nel territorio dello Stato, specificando che: a) il 5% di tale quota deve a sua volta essere investito in strumenti finanziari emessi da pmi non quotate, residenti nel territorio dello stato, che non hanno ricevuto aiuti di stato per importi superiori a 15 milioni di euro, che non hanno operato in alcun mercato, o che vi operino da meno di sette anni dalla prima vendita commerciale, e che necessitino di un investimento iniziale per il finanziamento del rischio che, sulla base di un piano aziendale elaborato, per il lancio di un nuovo prodotto o l’ingresso su un nuovo mercato geografico, è superiore al 50 %del suo fatturato medio annuo negli ultimi 5 anni; b) un ulteriore 5% di tale quota dovrà essere investito in quote o azioni di fondi per il venture capital residenti nel territorio dello stato.

Specifica il decreto che, al fine del computo della quota del 5%, si considerano ammissibili anche gli investimenti in equity (conferimento in capitale di rischio attraverso la sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi e strumenti rappresentativi del capitale), e investimenti quasi-equity (tipo di finanziamento che si colloca tra equity e debito, il cui rendimento si basa sui profitti o sulle perdite, non è garantito in caso di cattivo andamento dell’impresa).
Chiarito inoltre il limite agli aiuti per il finanziamento del rischio che ciascuna pmi può ricevere, il cui ammontare è stabilito nella misura massima di 15 milioni di euro. A tale proposito gli intermediari abilitati presso i quali sono costituiti i piani di risparmio, devono acquisire una specifica dichiarazione del legale rappresentante dell’impresa, che attesti di non aver ricevuto risorse finanziarie a titolo di aiuto (in qualsiasi misura) superiore a detta soglia. A questa dichiarazione, obbligatoria per l’accesso al finanziamento del rischio, va integrata una dichiarazione che attesti la sussistenza dei requisiti richiesti per l’accesso ai fondi da parte delle pmi. Tali dichiarazioni, che possono anche essere sostituite da una certificazione rilasciata dal soggetto incaricato di effettuare la revisione legale del bilancio, o da parte di una società di revisione, dovranno allo stesso modo essere acquisite dai fondi di Venture capital che a loro volta investono nelle Pmi qualora l’accesso all’aiuto avvenga per tramite dei predetti fondi.
Sia i fondi, che i soggetti intermediari, devono altresì acquisire al momento dell’investimento iniziale il piano aziendale della pmi oggetto di investimento e, al momento di effettuare gli investimenti ulteriori, una dichiarazione che attesti che non sia stato superato l’importo di 15 milioni per gli aiuti, e che l’impresa non sia diventata collegata di altra impresa che non sia una pmi (laddove per «impresa collegata» l’articolo 1, lettera m), del decreto, rimanda alle definizioni dell’art.2359 del codice civile in tema di impresa controllata).
Ulteriore caratteristica operativa dei pir è che sia i soggetti intermediari che i fondi di Venture capital, potranno acquistare quote o azioni di una pmi (che rispetti i requisiti elencati) anche da un investitore precedente, a condizione che ciò avvenga in combinazione ad un apporto di nuovo capitale pari al 50 per cento dell’ammontare complessivo dell’investimento.
Infine, il ministero dello sviluppo economico espressamente dichiara di voler monitorare gli effetti prodotti dalla modifica normativa intervenuta con la legge di Bilancio, per valutare sia l’entità della raccolta e il numero di negoziazioni, e sia valutare l’opportunità di interventi normativi ulteriori.
Quanto alla decorrenza, viene stabilità la retroattività a partire dal 1° gennaio 2019, espressamente prevedendo che tali disposizioni non si applichino ai piani di risparmi a lungo termine costituiti nel 2017 e 2018, facendo salva la possibilità per le persone fisiche che hanno costituito un pir prima del 1°gennaio 2019 di poter adeguare il loro portafoglio di investimento alla nuova disciplina.
Stefano Loconte
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