Il punto sulla legge gelli-bianco a due anni dall’entrata in vigore
di Marco Ferraro e Michele Sprovieri, FGA- Studio legale Ferraro Giove Associati

Legge Gelli-Bianco: per il nuovo regime della responsabilità sanitaria, a due anni dall’entrata in vigore della riforma, il quadro normativo è ancora incompleto.
Non sono stati pubblicati i decreti ministeriali che avrebbero dovuto individuare condizioni e limiti dell’obbligo assicurativo, disciplinare l’utilizzo (integrale o parziale) della auto ritenzione del rischio e rendere operativo il fondo di garanzia, solo per citarne alcuni. Rimangono dunque zone d’ombra che determinano incertezza nel settore, ed è auspicabile che si provveda con urgenza al suo completamento.
È questo il bilancio normativo a due anni dall’approvazione della legge n. 24/2017, la Gelli-Bianco, destinata a incidere profondamente sul sistema della responsabilità sanitaria, per dissuadere i professionisti dall’utilizzo della cd. «medicina difensiva» e, allo stesso tempo, veicolare l’azione di risarcimento danni dei pazienti danneggiati nei soli confronti delle strutture pubbliche e private, un settore di delicata rilevanza non solo costituzionale ma anche economica: Ocse ha stimato che il suo valore economico ammonta all’8,9% del pil dell’Italia (dati 2017).
D’altra parte il punto di equilibrio tra la sicurezza delle cure e del paziente e la responsabilità degli esercenti la professione sanitaria non è stato ancora trovato, visto che non è diminuito il contenzioso da malpractice né è stato limitato il ricorso alla cosiddetta medicina difensiva.
Possiamo evidenziare tre aspetti secondo gli ultimi dati disponibili del bollettino Ivass del novembre 2018 (si veda ItaliaOggi Sette del 10 dicembre 2018): dal 2010 al 2017, il 70% dei premi raccolti dalle imprese assicurative è concentrato in cinque imprese rispetto alle 105 operanti in Italia; le compagnie estere hanno raccolto il 94% dei premi delle strutture pubbliche e il 37% di quelle private; nel periodo le aziende del settore assicurate sono diminuite del 50% a vantaggio dell’auto ritenzione del rischio.

Cosa ancora manca. L’incompletezza del quadro normativo non consente alle compagnie di assicurazione di offrire costi di copertura competitivi rispetto alla gestione in autonomia da parte delle strutture sanitarie e la liquidazione di eventuali sinistri grava sul loro bilancio.
C’è da dire che le strutture sanitarie invece risparmiano il premio da pagare, evitano l’onere fiscale del 22%, ma non sempre costituiscono autonomi fondi di accantonamento per somme destinate alle liquidazioni future come le assicurazioni. Evenienza, quest’ultima, che potrebbe risultare delicata in caso di obbligo di risarcimento eventualmente dovuto al paziente.
Il fondo di garanzia, peraltro, non è ancora operativo, in assenza di disposizioni regolamentari per la raccolta delle somme necessarie al suo funzionamento.
Tutt’ora parzialmente realizzata è, quindi, solo la prima parte della riforma, relativa alla disciplina delle attività finalizzate alla prevenzione e gestione del rischio clinico come strumento di realizzazione della sicurezza delle cure.

Cosa è stato (parzialmente) attuato. La disciplina delle attività finalizzate alla prevenzione e gestione del rischio clinico come strumento di realizzazione della sicurezza delle cure ha avuto un parziale seguito con l’emanazione di tre provvedimenti attuativi: il decreto del Ministero della salute sull’elenco delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie, del 2 agosto 2017, anche se nei siti dell’Istituto superiore di sanità o del Servizio nazionale delle Linee guida non sono ancora individuabili elenchi completi.
Il decreto sull’istituzione dell’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, che dovrà utilizzare le informazioni ricevute dai centri regionali (eventi sentinella, denunce dei sinistri e contenzioso) per predisporre linee di indirizzo per la prevenzione e gestione del rischio. A cui però non è seguito il regolamento attuativo.
Infine, è del 27 febbraio 2018 (G.U. serie generale n. 66 del 20/03/2018) il decreto sul Sistema nazionale delle Linee guida, competente a predisporre le raccomandazioni a cui devono attenersi gli operatori del comparto sanitario nell’espletamento delle loro prestazioni.

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