Lo dice uno studio internazionale di 130 ricercatori riuniti nel Gbd guidato da Ihme (Usa)
Undici mln di decessi l’anno dovuti alla cattiva alimentazione
di Simonetta Scarane

Le crisi alimentari acute affliggono più di 100 milioni di persone nel mondo secondo un rapporto della Fao pubblicato il 2 aprile
Mangiare male uccide più del tabacco. Se ogni anno si contano 8 milioni di morti per cause legate al fumo, sono state 11 milioni, nel 2017, le vittime di un cattivo regime alimentare: un decesso ogni cinque nel mondo è dovuto a un’alimentazione disequilibrata. Numerosi decessi sarebbero evitabili con il miglioramento del regime alimentare.

Ai primi posti nella classifica dei fattori di rischio per la salute figurano: il sale (3 grammi giornalieri la soglia massima individuata dai ricercatori del Gbd); un apporto insufficiente di cereali integrali (meno di 125 grammi al giorno) e una razione quotidiana troppo povera di frutta (meno di 250 grammi). A queste conclusioni è giunto lo studio elaborato da 130 ricercatori riuniti nel Global Burden of Disease (organismo che fornisce dati sulle malattie) guidato dall’Istituto Ihme (Istituto di misurazione e valutazione della salute) di Seattle (Usa) e pubblicato sul settimanale medico The Lancet, il 3 aprile, e ripreso da Le Monde.

Lo studio sull’alimentazione condotto in 195 paesi è stato finanziato dalla Fondazione Bill e Melinda Gates e ha dimostrato che nessun paese del mondo sfugge all’impatto della cattiva alimentazione. Inoltre, ha confermato la necessità di potenziare gli sforzi in materia di salute pubblica dopo che, già nel 2016, le Nazioni Unite avevano lanciato una campagna di azioni per la nutrizione con l’obiettivo di rendere consapevoli le persone della necessità di adottare un regime alimentare sano sia per la salute degli uomini che per l’ambiente. Oggi c’è una consapevolezza sempre maggiore dell’impatto dell’alimentazione sulle malattie croniche. I ricercatori stimano che in materia di politica sanitaria è più efficace promuovere gli alimenti buoni per la salute piuttosto che stigmatizzare altri tipi di consumazione più dannosi.

Lo studio ha selezionato una serie di alimenti indicandone, per ciascuno, la soglia di esposizione al rischio di malattie. La selezione dei fattori di rischio è basata sulla relazione di causa e effetto tra il livello di consumazione di un alimento (carne rossa, latte, bevande zuccherate e altro) o un nutrimento (sodio, calcio) e una malattia data (patologie cardio-vascolari; diabete di tipo 2; cancro e altre) e il numero di morti attribuibili, secondo quanto ha detto a Le Monde, Ashkan Afshin dell’Ihme e primo autore dello studio.
Uno dei principali insegnamenti della ricerca è l’impatto sulla salute del basso consumo di alimenti sani (frutta e verdura, legumi e frutta a guscio). Nel 2017 ci sono stati più decessi legati a un apporto insufficiente di cereali integrali, frutta, noci e semi che di morti associati alla consumazione elevata di alimenti contenenti acidi grassi insaturi (presenti nei latticini, dolci, pizza), bevande zuccherate carni rosse o lavorate.

Inoltre, l’inchiesta di Gbd dimostra l’importanza per la salute di una alimentazione variata ed equilibrata. Adesso i ricercatori riuniti nel Gbd amplieranno lo studio, in collaborazione con l’Organizzazione mondiale della sanità, valutando l’impatto combinato dell’insieme dei problemi della nutrizione-malnutrizione, sovrappeso e obesità, qualità dell’alimentazione e denutrizione. I risultati saranno pubblicati entro l’anno. Lo studio dimostrerà anche come certi paesi, in particolare quelli in via di sviluppo, sopportano un doppio e triplo carico di malattie legate a certi problemi. Le carenze alimentari non sono appannaggio soltanto dei paesi poveri, ma questi ultimi sono i più duramente colpiti perché l’impatto dei cattivi regimi alimentari è molto più forte. Il tasso di mortalità legato all’alimentazione è dieci volte più importante in Uzbekistan (892 morti per centomila abitanti) che in Israele (89 per 100 mila) che presenta il tasso più basso, seguito da Francia, Spagna e Giappone.
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