Gli accordi aziendali con contenuto di welfare sono il 33% del totale a livello italiano, mentre tra le imprese di Assolombarda nell’area di Milano, Lodi, Monza e Brianza la percentuale invece supera il 60%.

È quanto emerge dall’Osservatorio sul Welfare, promosso dal Centro Studi di Assolombarda e nove operatori del settore – Assiteca, Easy Welfare, Edenred, Eudaimon, Double You, Health Italia, Valore Welfare, Welfare Company, Welfare4you – con l’obiettivo di identificare i trend del settore e monitorare un fenomeno di grande attualità che però non può ancora essere quantificato.

“Le politiche di contenimento della spesa pubblica degli ultimi anni per raggiungere gli obiettivi di riduzione del deficit hanno generato un crescente bisogno di prestazioni integrative, in ambito previdenziale, sanitario e dei servizi a favore della famiglia”, ha dichiarato Mauro Chiassarini, Vicepresidente di Assolombarda con delega alle Politiche del lavoro, Sicurezza e Welfare. “E sebbene molti Paesi siano più avanti sul fronte del welfare, sempre più imprese in Italia, grazie anche alle facilitazioni introdotte dalla Legge di Stabilità, stanno affiancando alla retribuzione strumenti non monetari”.

“Si tratta di misure che non solo migliorano la condizione del lavoratore e della sua famiglia ma anche il clima aziendale e la competitività delle imprese – ha concluso Chiassarini -. Non a caso lo scorso anno dei circa 16mila accordi aziendali in vigore, un terzo (il 32,5%) presentava contenuti di welfare aziendale Così come anche il monitoraggio condotto sugli accordi stipulati in Assolombarda conferma il forte stimolo dato alla contrattazione e mette in luce una spiccata propensione delle imprese milanesi al welfare”.

I dati più recenti (di fonte Ocse) che offrono un confronto a livello internazionale si fermano al 2013 e registrano una crescita generalizzata della spesa sociale privata – che include il welfare aziendale – ma a velocità diverse. L’Italia con il +45% tra il 1990 e il 2013 è agli ultimi posti in termini di crescita. Se la Svezia, che ha visto più che triplicare (+282%) la spesa sociale privata, rappresenta un’eccezione; davanti all’Italia troviamo anche a Paesi con una minore tradizione di welfare come Francia (+146%), Regno Unito (+61%) e Germania (+60%).

In questo quadro è particolarmente significativo il welfare occupazionale che nel nostro Paese si sta sviluppando attraverso la negoziazione tra le parti sociali e che nel tempo sta rafforzando il cosiddetto “welfare mix“, in cui pubblico e privato partecipano alla protezione sociale del cittadino. Storicamente le forme più diffuse di welfare a livello di contrattazione nazionale sono la previdenza complementare e l’assistenza sanitaria integrativa. I recenti contratti metalmeccanico e orafi prevedono anche uno specifico importo da destinare ad iniziative di welfare aziendale. Guardando alla contrattazione decentrata, 6 accordi su 10 tra quelli stipulati in Assolombarda nel 2016 e 2017 contengono aspetti di Welfare: un fenomeno che interessa 25mila lavoratori e le loro famiglie. La maggior parte (43%) prevedono la possibilità di convertire in welfare parte del premio di risultato. Nel 31% dei casi, invece, l’accordo determina un importo fisso che varia tra i 300 e i 450 euro. La combinazione di entrambe le soluzioni copre il restante 26%.

Rispetto alla fonte di finanziamento del welfare nel 51% dei casi è il budget on top, ovvero quanto il datore di lavoro eroga sotto forma di welfare oltre alla retribuzione. Dalla conversione del premio di risultato proviene il 30% e il Contratto Nazionale provvede al 29%. Le diverse fonti di finanziamento in alcune realtà vengono utilizzate contemporaneamente. Ancora del tutto assente il finanziamento pubblico diretto. L’Osservatorio inoltre si arricchisce dei dati relativi alle scelte di welfare dei lavoratori.

Tra le più richieste rientra la categoria “scuola e istruzione“, che assorbe quasi il 40% degli acquisti contabilizzati dai provider. Seguono per importanza i fringe benefit (20%), previdenza (15%), assistenza sanitaria (13%) e area culturale/ricreativa (11%).