I fondi pensione negoziali e aperti nel primo trimestre hanno patito l’incertezza dei mercati, riportando rendimenti negativi. Solo le linee garantite hanno fatto da scudo. E allora guardano agli asset alternativi
di Roberta Castellarin e Paola Valentini
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Il ritorno della volatilità sui mercati azionari nei primi mesi dell’anno ha avuto un impatto sulle performance dei fondi pensione sia negoziali che aperti. In media da gennaio a marzo i fondi negoziali hanno registrato una performance negativa dell’1%, mentre nello stesso periodo la rivalutazione del Tfr si è attestata allo 0,68% netto. Gli aperti hanno messo a segno un risultato medio di -0,8%. A essere penalizzate sono state soprattutto le linee bilanciate e dinamiche, mentre le linee garanzia hanno svolto la loro funzione di scudo. Tra gli aperti infatti i primi comparti per rendimento da inizio anno sono stati Risparmio e Previdenza Garantito di Cattolica Previdenza (+3%), seguito dalla linea Giustiniano Obbligazionaria di Intesa Sanpaolo Vita (+1,4%) e da Aviva Vita Linea Garanzia Restituzione Capitale (+0,87%).

Nei negoziali il miglior comparto è stata la linea Sicurezza di Prevedi con un +0,87%, poi ci sono i comparti garantiti di Foncer ed Eurofer con rispettivamente +0,51% e +0,42%. «A inizio anno si è ridotto l’effetto liquidità indotto dalle politiche delle banche centrali e la volatilità è riapparsa. Che sia l’inizio della fine per il Bengodi finanziario degli ultimi anni? Oppure tutto tornerà come prima?», si chiede Paolo Stefan, direttore del fondo pensione Solidarietà Veneto. In tale contesto, dice ancora Stefan, «l’atteggiamento cauto di Solidarietà Veneto sta proteggendo il valore delle risorse gestite: due comparti, prudente e reddito, rimangono aggrappati alla parità, malgrado gli scossoni. Il Garantito Tfr, anche senza considerare la garanzia di rendimento minimo pari alla rivalutazione del Tfr, resta in territorio positivo. Il Dinamico, infine, sconta una riduzione di circa l’1%: sacrificio tollerabile, considerando che nel decennio il rendimento del comparto dedicato ai più giovani supera l’80% netto».
Nel corso del 2017 molti sono stati gli aderenti del fondo dedicato ai dipendenti delle aziende della Regione Veneto che hanno deciso di trasferirsi al Garantito Tfr (soprattutto dal Prudente) per beneficiare della garanzia assicurativa: un valore aggiunto non desumibile dall’osservazione dei soli rendimenti calcolati a valore di mercato. L’aderente che sceglie questa linea può contare infatti, almeno fino a giugno del 2020, sulla restituzione del capitale e di un rendimento minimo pari alla rivalutazione del Tfr. «Si tratta di una preziosa copertura del proprio risparmio pensionistico, particolarmente efficace proprio nell’attuale scenario di tassi bassi e, ancor più, nelle fasi di rialzo dei rendimenti», spiega Stefan. Ma ora i fondi pensione devono fare i conti con una minore propensione da parte delle compagnie a fornire le stesse garanzie date finora per via dei tassi ai minimi. Fa eco Mario D’Alessandro, direttore generale di Mediafond, il fondo dedicato ai lavoratori di imprese radio televisive private e dell’industria dello spettacolo: «Il primo trimestre dell’anno è stato caratterizzato da un aumento della volatilità associato a un calo dei rendimenti sui principali listini mondiali azionari a fronte di un mercato obbligazionario altrettanto volatile e dai rendimenti ancora molto compressi. La somma di queste due componenti, ha determinato i risultati conseguiti dai nostri profili di investimento nel primo trimestre dell’anno». Ma D’Alessandro aggiunge: «Occorre tuttavia precisare che il comparto azionario nel corso degli ultimi anni ha raggiunto livelli record e quindi una fase di presa di beneficio legata anche ad alcuni fattori di incertezza politica a livello globale è fisiologica; e, soprattutto, che i rendimenti dei fondi di previdenza complementare vanno valutati su un orizzonte temporale più consistente». Continua il direttore generale: « A tale proposito i rendimenti conseguiti da Mediafond su un orizzonte temporale medio lungo sono stati sempre positivi, in linea con gli obiettivi prefissati dal nostro documento sulla politica d’investimento e competitivi con il resto dell’offerta proposta dagli altri fondi negoziali».

Certo con i mercati destinati d’ora in poi a essere meno direzionali, per i fondi pensione sarà sempre più importante diversificare i portafogli. E non è un caso che sia in aumento anche il ricorso a investimenti che si rivolgono direttamente all’economia reale. Per esempio Fopen intende investire in strumenti che prevedano un’esposizione al private equity una quota crescente delle risorse dei comparti Bilanciato Obbligazionario e Bilanciato Azionario, pari al 5% e 7% rispettivamente. Per questa ragione ha indetto un bando per la selezione di un soggetto unico cui affidare la gestione di due mandati specializzati sul private equity.

Fopen si aggiunge ad altri fondi che hanno già fatto questa scelta. Nel rapporto 2017 di Assofondipensione un capitolo è stato destinato proprio agli investimenti dei fondi negoziali nell’economia reale. Dall’analisi emerge che alla data del 30 giugno 2017 sette fondi avevano investito o mosso i primi passi per investire nell’economia reale, tramite fondi o mandati specializzati, come nel caso di Solidarietà Veneto. Sempre dal rapporto emerge che l’ammontare complessivo degli investimenti già effettuati in veicoli specializzati nel private debt, private equity, infrastrutture ed energie rinnovabili ammonta a 122,5 milioni di euro, che corrisponde allo 0,3% degli investimenti diretti e in gestione totali al 30 giugno. Il commitment (impegno, ndr) complessivo, invece, è pari a 331,7 milioni. Il private debt è l’asset class che ha ricevuto le maggiori attenzioni; seconde, tra le preferenze, le infrastrutture. Il private equity è al terzo posto, seguito in quarta posizione dai fondi immobiliari, cui si aggiunge anche l’housing sociale.
Infine, i fondi specializzati sulle energie rinnovabili. Guardando invece all’area geografica degli investimenti in economia reale, si può notare che non tutto è focalizzato sull’Italia. Sui 331,7 milioni anzidetti, 181,7 possono essere ricondotti a investimenti sull’Italia (54,8%), mentre i restanti 150 milioni di euro sono stati investiti oltreconfine (45,2%). Degli investimenti già effettuati al 30 giugno 2017, invece, 91,7 milioni sono riferiti all’Italia (74,8%) e 30,8 milioni di euro all’estero (25,2%). La scelta di diversificare in questo tipo di strumenti nasce dalla necessità di ricercare rendimenti più migliori, per di più poco correlati con il mercato. In particolare Eurofer ha deciso di investire in infrastrutture grazie a un fondo che guarda a tutta l’Europa e non solo all’Italia. Spiega il presidente Fabio Ortolani: «I fondi pensione negoziali, come Eurofer, hanno un solo obiettivo, che è quello di garantire la pensione ai propri associati, una volta ritirati dal mondo del lavoro. Tutte le scelte che effettuiamo in materia di investimenti tengono conto di questa opzione, che definirei strategica. Nel caso specifico, l’investimento di respiro paneuropeo ci permette di diversificare e di ridurre il cosiddetto rischio Paese, visto che deteniamo cospicue somme investite in titoli di Stato italiani, ,a comunque investendo in Europa». (riproduzione riservata)
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