di Debora Alberici
Può essere revocata la confisca sul fondo pensione e sull’assicurazione sulla vita nel caso in cui manchi la prova dell’accrescimento patrimoniale che i due prodotti portano all’indagato. È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 15548 del 6/4/2018, ha accolto il ricorso presentato da un 61 enne di Arezzo contro il sequestro di fondo pensione e assicurazione. Gli Ermellini hanno accolto la tesi della difesa spiegando che la misura può scattare solo là dove vi sia stato un incremento per il patrimonio del cittadino finito sotto inchiesta. In poche parole, l’esercizio dei poteri ablatori prescinde dalla prova della derivazione diretta delle liquidità dal reato oggetto di condanna ma non può prescindere dall’esistenza di un «profitto accrescitivo», che presuppone una verifica della situazione patrimoniale del destinatario della misura e dell’eventuale incremento delle liquidità. E ancora, per i Supremi giudici, qualora si accerti che il profitto accrescitivo derivante dal reato sia costituito da denaro, è sempre possibile la confisca delle somme di cui il soggetto abbia la disponibilità, rispetto alle quali «in considerazione della natura del bene, non necessita la prova del nesso di derivazione diretta tra la somma e il reato». Ne discende che, laddove il profitto o il prezzo del reato è rappresentato da somme di denaro, queste non soltanto si confondono automaticamente con le altre disponibilità economiche dell’autore dell’illecito, ma perdono qualsiasi connotato di autonomia quanto alla loro identificabilità fisica.
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