Entrano in scena anche i Benetton che si portano al 3%. Intanto Caltagirone è salito al 4% e può crescere come la famiglia di Ponzano Veneto e Del Vecchio (3,16%). Ferma la De Agostini (1.7%). Ma il fronte compatto attorno a Mediobanca (13,46%) è sempre più forte
di Andrea Montanari

L’assemblea dei soci delle Generali è in calendario il prossimo 19 aprile. E all’ordine del giorno non ci sono temi sensibili o particolarmente delicati da far presagire uno scontro sotterraneo tra soci o fondi. Però, in vista dell’importante appuntamento triestino, ecco che qualcosa si muove. E’ il fronte italiano a entrare in azione. Sarà una pura coincidenza ma in pochi giorni si sono registrate due mosse significative: da un lato, lo storico socio Francesco Gaetano Caltagirone ha portato la sua partecipazione alla soglia del 4% e non è da escludere che possa arrotondarsi ancora magari fin sopra al 5%. Poi, oggi, come nelle attese della vigilia è entrata in scena la famiglia Benetton: la holding Edizione ha completato il programma di acquisto titoli, relativo alla compagnia assicurativa guidata dal francese Philippe Donnet, arrivando a detenere in portafoglio il 3,05%.
A queste quote, in movimento, si aggiungono quelle più stabili di uno dei paperoni di Piazza Affari, ovvero Leonardo Del Vecchio, azionista di lunga data con il 3,16%, e delle famiglia Boroli-Drago, in campo con il gruppo De Agostini (1,7%). Un fronte tricolore, insomma, sempre più compatto che ora arriva a sommare quasi il 12% (11,91% per l’esattezza) e che funge da solido alleato al primo azionista delle Generali , ovvero quella Mediobanca che detiene in portafoglio il 13,46%. Una barriera a eventuali mire straniere, che ora rappresenta più del 25% del capitale del Leone e che in assemblea peserà assai ove mai qualche sirena francese o tedesca dovesse farsi sentire all’orizzonte.
Anche se va detto che, come più volte riferito dall’ad di Mediobanca , Alberto Nagel, c’è un 3% della quota di Piazzetta Cuccia che può finire sul mercato e quindi il polo italiano avrebbe in prospettiva una forza del 22%. Sempre che nel frattempo gli altri imprenditori già in azione non decidano di rafforzare ancora la posizione e di chiamare in causa altri attori.

Ma perché, se all’ordine del giorno dell’assise, non si sono argomenti rilevanti come un rinnovo del cda o cambi significativi nello statuto, c’è tutto questo attivismo in borsa dei soci nazionali? Una prima spiegazione può risiedere nel fatto che comunque il titolo langue a quota 15,84 euro (da inizio anno il saldo è di 4,21%), lontano dal massimo degli ultimi anni (16,37 euro segnato il 5 gennaio 2016) ma nettamente al di sopra di quei 9,81 euro toccati il 6 luglio di due anni fa.
Un altro elemento che può aver spinto il fronte italiano a compattarsi e rafforzarsi può essere ritrovato nel fatto che comunque periodicamente le Generali finiscono al centro di possibili scenari che vedono pronti all’acquisizioni la francese Axa o la tedesca Allianz . Rumor tornati d’attualità all’inizio dello scorso anno quando venne rilevato il piano di Intesa Sanpaolo di provare a mettere le mani sul Leone di Trieste anche per rafforzasi sul fronte assicurativo. Il progetto non sfociò in nulla. Ma resta il fatto che la compagnia assicurativa è uno dei bocconi pregiati del mercato italiano. E siccome alla sua guida c’è uno straniero, Donnet appunto (arrivato dopo la gestione targato Mario Greco che a sua volta era subentrato a Giovanni Perissinotto), più volte sono tornate alla ribalta le voci di un tentativo di scalata del rivale transalpino. Tanto più che da Oltralpe arriva anche Jean Pierre Mustier, il top manager di Unicredit , primo azionista di Mediobanca .
Il tutto, infine, si inserisce in un orizzonte ancora più ampio che vede la francese Vivendi essere impegnata sui fronte Telecom (contro il fondo attivista Usa Elliotte e, ora, la Cdp) e quello Mediaset.
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