La crescita globale particolarmente sostenuta (previsione Coface del 3,2% nel 2018) sembra aver raggiunto il picco e comincia a mostrare qualche segnale di debolezza nei paesi avanzati. Lo conferma l’evoluzione delle insolvenze d’impresa. Nel 2017 si è assistito a un crollo senza precedenti del loro numero, ma nel 2018 si prevede un rallentamento del trend al ribasso: -7% nella zona euro e -5% negli Stati Uniti. Il Portogallo, che beneficia di una crescita estremamente dinamica, assiste al miglioramento della sua valutazione paese ad A2.

Solitamente, il ciclo dell’economia americana è in anticipo rispetto a quelli della zona euro e dei paesi emergenti. Mentre negli Stati Uniti la fiducia delle imprese e il tasso di utilizzo delle capacità produttive lasciano presagire una durata record del ciclo attuale, il crollo dei ricavi delle imprese (-10,3% in un anno a fine 2017) e il rischio di surriscaldamento del mercato del lavoro rivelano una fase di cambiamento. Nella zona euro, dopo numerosi record nel 2017, gli indici di fiducia delle imprese mostrano che il picco di crescita economica è ormai chiaramente superato. Questo punto di svolta coincide con forti vincoli di offerta e un livello di rischio ancora elevato.

La febbre protezionista, che attraversa il pianeta dall’elezione di Donald Trump, e il fantasma di una guerra commerciale globale possono in parte spiegare il peggioramento della fiducia. Coface prevede che con l’avvicinarsi delle elezioni di metà mandato a novembre 2018, il Presidente Trump continuerà ad annunciare misure protezioniste, con il rischio di colpire le performance delle imprese. Nel breve periodo, la recente misura che impone i dazi doganali su una selezione di prodotti cinesi non avrà un impatto significativo né sull’economia reale né sulla dinamica positiva del commercio mondiale (previsione di +3,7% nel 2018 secondo Coface). Nel lungo periodo, una guerra commerciale aperta tra Cina e Stati Uniti potrebbe intensificarsi in alcuni settori come le tecnologie della comunicazione e dell’informazione (TIC).

In questo contesto di aumento della domanda mondiale, l’incremento dei prezzi degli idrocarburi porta Coface a migliorare di un livello la valutazione paese della Nigeria, 8° esportatore di petrolio, a C così come le valutazioni settoriali dell’energia in Brasile («rischio moderato»), in Argentina («rischio moderato») e in Cile («rischio basso»). Ne tiene conto anche la revisione al rialzo della valutazione del Sudafrica a B, oltre all’accelerazione della ripresa economica, che ha reso dinamica la produzione nei settori della chimica («rischio moderato») e della carta («rischio moderato») e le vendite nella distribuzione («rischio moderato»). Al contrario, le materie prime più costose penalizzano i paesi importatori come la Tunisia, la cui valutazione è declassata a C.

Malgrado le sanzioni dell’Occidente, si conferma la ripresa in Russia, con i consumi delle famiglie come motore principale, e in misura minore, con la ripresa degli investimenti delle imprese, portando al miglioramento delle valutazioni di tre settori: chimica («rischio basso»), carta («rischio moderato») e costruzioni («rischio elevato»).

“La revisione trimestrale del rischio Paese e settoriale di Coface apre il dibattito su due grandi temi”, sottolinea Ernesto De Martinis, CEO di Coface Italia e Head of Strategy & Partnership per la regione Mediterraneo e Africa. “Da un lato, i primi segnali di debolezza da parte delle economie avanzate, che sembrano aver interrotto il loro percorso di crescita, anche sulla scorta delle rinnovate inflessioni protezionistiche. Dall’altro, la ripresa della domanda mondiale di idrocarburi ed il conseguente loro aumento dei prezzi, che vede un miglioramento delle valutazioni di alcuni tra i principali Paesi produttori. Un contesto, dunque, a due facce, ancora più rilevante alla luce del clima geo-politico degli ultimi tempi”, aggiunge De Martinis.