L’edizione 2018 della Risk Map di Aon che analizza i rischi politici, il terrorismo, e gli episodi di violenza legati ad avvenimenti politici, è stata realizzata in collaborazione con Continuum Economics e The Risk Advisory Group.

Andrea Parisi, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Aon S.p.A. ha commentato: “Giunta alla ventunesima edizione, la Risk Map di Aon rappresenta uno strumento di analisi importante per le aziende italiane con interessi in mercati emergenti o che si affacciano per la prima volta verso questi mercati, fornendo una visione dei livelli di rischio politico, political violence e terrorismo in oltre 160 paesi. Nell’attuale contesto internazionale, è imprescindibile un approccio integrato di gestione del rischio, che integri l’analisi dei rischi di natura commerciale con quella dei rischi politici. Aon è in prima linea nella valutazione del rischio e nell’implementazione di processi di risk management a tutela dei business delle imprese che si sviluppano al di fuori dei confini nazionali”.

Terrorismo e political violence

La Terrorism & Political Violence Map di Aon mette in evidenza come, per il terzo anno consecutivo, i livelli di rischio legati ad episodi di violenza politica siano in continuo aumento in tutto il mondo, a causa delle crescenti tensioni geopolitiche, di un indebolimento della governance liberal-democratica, e delle ripercussioni dei conflitti in tutto il mondo.

Sono 17 gli Stati che hanno ricevuto una valutazione dei rischi legati al terrorismo e alla political violence maggiori, mentre solo 6 hanno visto assegnarsi un livello di rischio minore rispetto all’edizione 2017. In particolare, dallo studio emerge che:

• il 40% dei Paesi sono esposti al rischio terroristico e di sabotaggio;
• il 60% al rischio di disordini civili;
• il 33% al rischio di insurrezioni, colpi di stato o guerre tra Stati.

Inoltre, sono 46 i Paesi o territori che vengono classificati come ad alto rischio o altissimo, rappresentando il 22% del totale.

La probabilità di guerre tra Stati, anche con il coinvolgimento delle grandi potenze, ha raggiunto il livello più alto dalla fine della Guerra Fredda. La crescente competizione geopolitica e la debolezza della leadership nella diplomazia internazionale hanno contribuito a mantenere alti o incrementare i livelli di rischio di conflitto armato durante l’anno scorso. I crescenti tassi di convergenza riguardo a questioni politiche, economiche e sociali nelle democrazie mature, insieme alle divisioni tra le potenze occidentali di fronte a minacce e rischi complessi, hanno contribuito a ridurre la sicurezza globale e a generare una maggiore incertezza strategica.

Considerato che il numero di attacchi terroristici nei Paesi occidentali nel 2017 (204) è pressoché raddoppiato rispetto al 2016 (96) e che il numero totale di vittime è invece rimasto più o meno lo stesso (1.092 nel 2017), la mortalità legata ad attacchi terroristici è diminuita.

Dallo studio è emerso come la minaccia rappresentata dallo Stato Islamico abbia smesso di espandersi – pur non avendo ancora iniziato a diminuire. Nel 2017 lo Stato Islamico ha lanciato attacchi in 29 Paesi su cinque continenti, un numero pari a quello del 2016, e maggiore di quello del 2015, quando erano stati colpiti 19 Paesi. Tuttavia, il raggio di azione dello Stato Islamico a livello globale sembra avere ormai raggiunto l’apice, e appare probabile che il numero di Paesi in cui è in grado di colpire con attacchi diretti, o di ispirare “lupi solitari” a farlo, sia destinato a diminuire nel 2018.

In particolare, il settore del turismo si trova a dover gestire i rischi derivanti dall’incremento del terrorismo, dal momento che questo settore rappresenta un bersaglio strategico per alcune organizzazioni terroristiche. Nel 2017 ci sono stati almeno 35 attacchi a livello globale indirizzati direttamente contro attività commerciali considerate parte vitale del settore turistico, come hotel, resort, nightclub, aeroporti, stazioni ferroviarie e attrazioni turistiche. Gli attacchi che non colpiscono direttamente le attività legate al turismo possono comunque provocare un impatto indiretto sostanziale sulle entrate del settore.

Il rischio politico

Lo scorso anno il rischio politico è aumentato in 11 Paesi, mentre solo in 2 Paesi si è ridotto, a testimonianza della persistenza dell’instabilità di alcuni mercati emergenti, evidenziata dalla crescita di episodi di violenza e di interruzione della supply chain. In molti Paesi il rischio di interruzione della supply chain è aumentato a causa sia delle crisi climatiche, che dell’indebolimento delle finanze pubblichedi alcuni Stati.

È interessante notare come, nel corso dell’anno passato, i legami commerciali dei Paesi asiatici si siano spostati dagli Stati Uniti verso la Cina. Questo cambiamento è dovuto allo sviluppo economico della Cina e alla sua ascesa quale gigante del commercio internazionale. Alla luce di ciò le esportazioni dei paesi asiatici verso gli USA sono calate da circa il 23% delle esportazioni totali nel 2000, stabilizzandonsi attorno al 12% negli ultimi anni. D’altro cantole esportazioni di paesi asiatici verso la Cina sono più che raddoppiate nel corso dell’ultimo decennio, raggiungendo il 23% sul totale dell’export attuale.

Inoltre, i rischi politici in America Latina si sono intensificati a causa dei processi elettorali in molti paesi della regione, che hanno causato ritardi nell’implementazione di riforme fondamentali in Brasile e un maggiore timore di una possibile inversione delle riforme attuate in Messico negli ultimi anni. I Paesi più importanti della regione sono a rischio di vedere eletto un governo populista, mentre diverse economie minori stanno attraversando una fase di turbolenza politica.

Più in generale, la regione che ha subito il maggior numero di downgrade (di declassamenti del rating) è l’Africa. I continui conflitti interni ai Paesi, il deterioramento della governance democratica e gli scandali legati alla corruzione sempre più frequenti hanno portato all’aumento di episodi di political violence. Gruppi come lo Stato Islamico e Boko Haram stanno approfittando della fragilità delle istituzioni e della permeabilità dei confini territoriali.

Infine, l’instabilità e la violenza in Medio Oriente, che comprende alcuni dei Paesi a più alto rischio al mondo, come Iraq, Siria, Yemen ed Egitto, si sono trasmesse anche ai Paesi confinanti, danneggiando commercio e turismo.

Per ulteriori informazioni su Political Risk Map e Terrorism & Political Violence Map 2018 visita il sito: http://www.aon.com/2018-political-risk-terrorism-and-political-violencemaps/index.html?utm_source=aoncom&utm_medium=global-banner&utm_campaign=riskmaps2018