Nei quasi quattro mesi dall’inizio dell’anno il rendimento medio dei 46 fondi azionari Italia attualmente sul mercato è stato del 10%, mentre l’indice delle 40 società di Piazza Affari a maggiore capitalizzazione, il Ftse Mib, ha reso l’8%. E se l’Etf iShares Ftse Mib, che riproduce quest’ultimo indice, è salito dell’8,9%, l’Etf Lyxor Ftse Italia Mid Cap Pir ha reso ben il 21,5%. «La rilevante differenza di performance è stata influenzata dalla partenza a inizio anno dei Pir (i Piani individuali di risparmio esentasse, ndr) di cui l’Etf Lyxor ha molto beneficiato, più che decuplicando la sua dimensione da 42 milioni di euro a inizio anno a 469 milioni a fine trimestre», osserva Massimo Fuggetta, responsabile investimenti e fondatore di Bayes Investments, che ha la consulenza sulla gestione del fondo azionario Italia Atomo Sicav Made in Italy (lanciato da Casa4Funds). Quest’ultimo, con una performance del 26,1%, risulta il primo per rendimento da inizio anno tra tutti i comparti specializzati sul comparto azionario Italia (si veda tabella in pagina) superando nel trimestre l’Etf Lyxor Pir del 4,5%. «La partenza dei Pir ha giovato anche alla performance del Made in Italy», dice Fuggetta. Questo Etf è stato lanciato tre anni fa e a fine marzo è stato allineato alle norme sui Pir. Quindi il suo paniere adesso contiene per almeno il 70% titoli finanziari di società tricolore, e di questa quota il 30% è costituito da azioni emesse da imprese non incluse nell’indice delle blue chip, il Ftse Mib. Il vantaggio per chi apre un Pir è che i relativi redditi sono esenti dalla tassazione solitamente applicati ai guadagni generati dagli investimenti, se questi sono mantenuti in portafoglio per almeno cinque anni nel limite di 30 mila euro l’anno, per un massimo di 150 mila euro.

L’Etf di Lyxor si espone alle 60 società italiane a media capitalizzazione, non inserite nel Ftse Mib e quotate su Borsa Italiana, per esempio Brunello Cucinelli , Fila , Geox, Piaggio , Safilo , Technogym e Tod’s. Invece il Made in Italy è caratterizato da un processo d’investimento diametralmente opposto. «I circa 30 titoli inseriti in portafoglio sono il risultato di un processo di selezione che parte dalle società la cui capitalizzazione di mercato è inferiore a 1 miliardo di euro. Questi costituiscono i tre quarti dei circa 320 titoli quotati sulla Borsa Italiana, ma rappresentano solo il 6% del valore del mercato», afferma Fuggetta. Il problema, spiega il gestore, è che il mercato azionario italiano è molto esposto a quattro settori (banche e assicurazioni, energia, utility), che insieme compongono due terzi del suo valore complessivo e qui sono presenti le maggiori capitalizzazioni. Tanto che l’indice Ftse Mib, che include le prime 40 società, rappresenta sostanzialmente la totalità del mercato. Gli indici lo confermano: negli ultimi 15 anni l’andamento del Ftse Mib e quello del Ftse Italia All Share, benchmark, che comprende tutti i titoli di Piazza Affari, sono praticamente sovrapponibili (grafico in pagina).

«Di conseguenza, chi investe in Italia tramite un Etf come l’iShares, o tramite uno dei fondi azionari Italia che sono quasi interamente gestiti attorno al Ftse Mib, sta in larga parte comprando quei quattro settori, e in pratica non investe nelle piccole e medie aziende industriali, manifatturiere e di servizi che costituiscono la colonna portante dell’economia italiana», aggiunge Fuggetta. Ma sarebbe un errore pensare che l’alternativa al Ftse Mib sia semplicemente investire nell’universo indistinto delle small cap che anzi, contrariamente a quanto si pensa, negli ultimi 15 anni hanno fatto peggio del Ftse Mib (grafico in pagina): «Specialmente nell’universo delle small cap, la selezione è quanto mai necessaria», ribadisce il gestore. Che a supporto della propria tesi cita la performance dell’indice Ftse Italia Star, il segmento di Borsa Italiana che include società a capitalizzazione medio-piccola sottoposte a determinati standard di corporate governance, trasparenza e comunicazione. Il Ftse Star nello stesso periodo ha ampiamente surclassato il Ftse Mib. E da inizio anno evidenzia un rendimento superiore al 25%, anche in questo caso grazie all’avvio dei Pir. Il Made in Italy Fund «è investito in molte società del segmento Star, ma l’investimento non ha nulla a che vedere con l’appartenenza dei titoli all’indice», afferma Fuggetta. In particolare lo Star, che comprende 75 aziende, oggi appare come un segmento piuttosto concentrato: vi sono presenti 12 società dalla capitalizzazione di mercato superiore a 1 miliardo, che in complesso rappresentano più del 60% del valore dell’indice. La più grande è Brembo , che capitalizza 4,79 miliardi e rappresenta circa il 10,3% del valore dello Star, seguita da BB Biotech, 3miliardi e 6,6% dell’indice, che tra l’altro è una società svizzera, quotata anche a Zurigo e Francoforte, e che ha poco a che fare con l’Italia. «Il fondo non investe in nessuna delle due società, non perché non siano valide ma perché il mandato esplicito è di investire in società di capitalizzazione inferiore a 1 miliardo. Per chiarirci, l’obiettivo è investire nelle Brembo di domani», spiega Fuggetta. Tra i titoli in portafoglio figurano Biesse (produttore di macchinari per la lavorazione del legno e altri materiali), Cembre , (connettori elettrici), El.En , (macchinari laser ad uso industriale e medicale), Datalogic , (automazione industriale), Reply e Be Tse (consulenza alle imprese su tecnologia informatica e comunicazione).

Il fondo è esposto anche su Banca Ifis, specializzata nel finanziamento alle piccole e medie imprese. «Banca Ifis, Datalogic e Reply , che alla data di lancio del fondo, un anno fa, avevano una capitalizzazione inferiore al miliardo ma si sono ben apprezzate nel periodo, sono le uniche tre eccezioni alla regola di capitalizzazione del comparto. In particolare, Banca Ifis, che è in carico a 19 euro, oggi ne vale 37, Datalogic , in carico a 16, è oggi a 24, e Reply , in carico a 120, è a 150. «In questi come in altri casi, la rivalutazione non ha esaurito le potenzialità dei titoli, che crediamo continueranno a far bene in futuro», dice Fuggetta, Il Made in Italy Fund ha avviato la richiesta per diventare formalmente un comparto a norma Pir anche se di fatto lo è già. Come lo sono gli altri fondi specializzati in pmi che, non a caso, risultano sul podio dei rendimenti da inizio anno subito dopo il fondo di Casa4Funds. A partire dall’Eurizon Equity Small Mid Cap Italia con una performance del 21,2%. La versione istituzionale di questo comparto è stata lanciata nel luglio 2016, mentre a fine gennaio è partita anche la classe retail. In base al prospetto di fine marzo i principali titoli in portafoglio di questo comparto, gestito da Francesco De Astis, sono Interpump , Hera e Cerved . Gli stessi dell’Eurizon Azioni Pmi Italia (la versione di diritto italiano dell’Equity Small Mid Cap Italia) che è quinto per rendimento con il 18%. Azioni Pmi è uno storico fondo azionario Italia del gruppo Eurizon. Nato nel 2000, è stato per molti anni uno dei pochi comparti sul mercato specializzati in azioni di pmi italiane, prima che quest’anno arrivasse l’onda dei Pir che ha spinto molte sgr a lanciare fondi dedicati alle azioni di mid e small cap italiane

Un altro fondo sulle pmi attivo da tempo è Symphonia Azionario Small Cap Italia che, con un +20,15%, si è piazzato al terzo posto. Dal 18 aprile il fondo è disponibile al collocamento anche con la classe dedicata ai Pir. Il comparto è gestito da Guido Crivellaro, responsabile mercato azionario Italia, e Samantha Melchiorri, gestore sull’azionario Italia. «Il mercato è stato dominato, in questo ultimo periodo, dalle incertezze sull’esito del primo turno delle elezioni francesi. Esaurito questo tema, ci attendiamo ora una maggiore concentrazione sui fondamentali aziendali e sui fattori microeconomici», spiega Crivellaro.

Quindi i bilanci relativi al primo trimestre 2017, che le quotate italiane pubblicheranno da qui a metà maggio, saranno seguiti con molta attenzione. «Ci attendiamo un andamento positivo per le società italiane, che dovrebbe riflettere la dinamicità dei maggiori indicatori macroeconomici», spiega Crivellaro, «riteniamo che i risultati trimestrali saranno l’occasione per confermare la qualità delle società italiane, soprattutto di medio-piccola capitalizzazione e quindi sostenere l’andamento del mercato. Ci sono infatti società che trattano a multipli significativi ma giustificati dal ritmo di crescita che le contraddistingue. Di contro vi sono ancora società che trattano a multipli contenuti e che pertanto potrebbero trovare nei risultati del periodo l’occasione per un più che meritato recupero».

Secondo il gestore di Symphonia, inoltre, «un supporto ulteriore dovrebbe essere assicurato dall’aumento di liquidità e di attenzione del mercato ai titoli nazionali, favorito dall’affermarsi dei Pir. In tale contesto sarà auspicabile anche un allargamento del listino a fronte di nuove quotazioni di qualità».

Ma non mancano le criticità. «A pesare sui mercati nei prossimi mesi sarà l’atteggiamento delle banche centrali in termini di politica monetaria perché, dopo un lungo periodo di compiacenza, potrebbe prospettarsi una fase più riflessiva», avverte Crivellaro.
Sulla stessa lunghezza d’onda è Luca Mori, gestore azionario Italia di Zenit Sgr, il cui fondo Multistrategy Stock Picking, specializzato anch’esso in azioni di pmi italiane, è nella top ten con un +14,6% da gennaio. «Il mercato azionario italiano ha fatto registrare un buona performance da inizio anno, soprattutto nel comparto dei titoli a medio piccola capitalizzazione, che hanno beneficiato dell’introduzione degli incentivi sulla detassazione del capital gain per chi investe in prodotti Pir», conferma Mori. «In Zenit restiamo positivi sul mercato azionario italiano, non solo per i flussi legati ai Pir, ma anche per le valutazioni che, in presenza di dati macro in miglioramento e di dati e risultati societari buoni, lasciano spazio a profitti in miglioramento, con forti stime di crescita degli utili per azione per il 2017 e 2018».

Il fondo Zenit è esposto per circa il 70% del portafoglio su titoli di pmi e tra i preferiti figurano Sogefi , Ovs, Cairo Communications , Autogrill , Beni Stabili , Txt Maire Tecnimont, Panaria, Openjob B&C Speakers e Banca Sistema. «I nostri prodotti investono anche nel mercato Aim dove riteniamo si trovino titoli molto sottovalutati a causa della scarsa liquidità ma che, con i flussi derivanti dai Pir, dovrebbero continuare a crescere di valore. I titoli che preferiamo nell’Aim sono Luve , Triboo , Giglio, Smre , Cover50, Leone Film Group , Bio-on e Orsero », prosegue Mori. Che più in generale si dice ottimista anche per quanto riguarda le maggiori capitalizzazioni: «Un supporto all’indice riteniamo verrà anche dai titoli finanziari e in particolare dal settore bancario, che dovrebbe beneficiare sia dei tassi a breve in rialzo che del miglioramento del ciclo sul credito. Ubi e Banco Popolare-Bpm sono le nostre azioni preferite». Investe molto nell’Aim anche il Globes Italy Equity Star (nella gestione il gruppo Patrimony1873 si avvale dell’advisor Copernicus Asset Management di Lugano). Il suo benchmark è composto al 40% dal Ftse Italy Aim e al 60% dal Ftse Italy Star. Tra i primi titoli del portafoglio aggiornato a fine marzo figurano Giglio Group , Siti-B&T e Assiteca . Il fondo ha reso il 19,5% quest’anno.

Poco sotto (+16,5%) si colloca Atlante Target Italy gestito da Londra da Albemarle Asset Management. «Le prospettive per la borsa italiana sono tutto sommato positive. Lo scenario macroeconomico è favorevole, le società quotate stanno pubblicando risultati trimestrali positivi con buoni tassi di crescita di fatturati e utili. Il mercato italiano rimane poi a sconto rispetto agli altri mercati mondiali, ha avuto negli ultimi anni una performance peggiore rispetto alle altre borse europee ed è generalmente sottopesato nei portafogli degli investitori. Inoltre le politiche ultra-espansive della Bce, che a nostro avvio rimarrano invariate almeno nei prossimi mesi, continueranno a sostenere il sistema industriale italiano», spiega Umberto Borghesi, gestore del fondo di Albemarle. Ma Borghesi non esclude nel breve un periodo di consolidamento o calo della borsa alla luce dei recenti forti rialzi. «Non è neanche da escludere, a partire dall’autunno, una fase di maggiore turbolenza, quando gli investitori cominceranno a scontare le incertezze legate alle elezioni politiche italiane che si dovrebbero tenere nel 2018», aggiunge.

I principali titoli su cui Borghesi punta sono, tra le large cap, Fca , Intesa e Leonardo , e tra le società di taglia piccola-media Cementir , Danieli e Saes Getters . «Sulle small-mid cap occorre essere molto selettivi in quanto, dopo i forti rialzi degli ultimi mesi, sostenuti anche dall’effetto Pir, le valutazioni di alcune società non sono più particolarmente convenienti», afferma Borghesi. Il fondo Atlante (nulla a che vedere con quello gestito da Quaestio Sgr, che ha investito nelle popolari venete) al momento non rientra tra gli investimenti qualificati come Pir, «anche se di fatto rispetta tutti i requisiti previsti dalla normativa in quanto storicamente investiamo una quota significativa del fondo in società a piccola e media capitalizzazione», dice Borghesi.

Anche Italian Equity di Schroders investe secondo le disposizioni sui Pir, ma il gruppo ha chiesto comunque un adeguamento del prospetto e presto diventerà anche formalmente «Pir compliant». Per Hannah Piper, gestore del fondo, questo «è un ottimo momento per chi fa attività di stockpicking sui listini azionari italiani: il quadro macroeconomico si è stabilizzato e vediamo opportunità interessanti in tutti i segmenti di mercato. La crescita del pil è positiva, la fiducia delle imprese e delle famiglie resta su buoni livelli e la produzione industriale è in aumento. I problemi del comparto bancario sembrano essere stati in gran parte affrontati nel corso del 2016, consentendo un ritorno di fiducia sul settore». L’Italia, prosegue il gestore di Schroders è «sostenuta dal Qe, mentre l’euro più debole sta producendo buoni dati economici in tutta l’Unione Europea. Nonostante il rally registrato fin qui nel 2017, le valutazioni delle azioni italiane restano allettanti, sostenute da un buona spinta degli utili».

Sul fronte delle pmi la money manager si dice fiduciosa: «Abbiamo sempre investito una parte significativa del fondo in questa area del mercato, poiché riteniamo ci siano alcune imprese fantastiche, di alta qualità, esposte su mercati di nicchia con buone opportunità di crescita. Cerved è un buon esempio, ed è tra le nostre prime dieci posizioni. È il leader di mercato nell’area dell’informazione sul credito e beneficia della ripresa interna, ora che le banche e le imprese tornano a concentrarsi sulla crescita e a utilizzare i servizi di questo gruppo. La società è poi esposta sui crediti deteriorati tramite una divisione ad hoc, che dovrebbe registrare una buona crescita dato che le banche devono fare i conti con un gran volume di sofferenze a bilancio». Anche per Piper il rischio principale per il mercato è quello politico. «Conserviamo una certa cautela in vista delle prossime elezioni. I risultati del voto olandese e del primo turno delle presidenziali francesi ci hanno in qualche modo rassicurato, ma se il 2016 ci ha insegnato qualcosa, è che è molto difficile fare previsioni in ambito politico. Un governo eletto e stabile potrebbe trainare una crescita economica di lungo periodo, procedendo a riforme importanti e da tempo necessarie», conclude Piper.

Bollino Pir in arrivo anche per Axa Framlington Italy, che da inizio anno ha realizzato un +12,8%. Per Gilles Guibout, gestore di questo fondo, «il mercato azionario italiano è sottovalutato e la prospettiva, per i prossimi mesi, potrebbe essere positiva visti i segnali di miglioramento dell’economia. Tuttavia, se ci dovesse essere un ritorno dell’incertezza, l’indice Mib è più a rischio di altri indici europei perché più volatile. Questo è dovuto soprattutto al peso che hanno le banche, che sono degli indicatori di rischio sia economico che politico». Il punto per il gestore è capire quanto la ripresa del mercato azionario sarà sostenibile e ciò dipende da quando verranno affrontate le riforme strutturali di cui l’Italia ha bisogno. «Da una parte abbiamo una prospettiva positiva perché l’economia italiana sembra in graduale miglioramento; dall’altra abbiamo il sistema bancario e la sfera pubblica, su cui dobbiamo essere più cauti. Il mercato italiano nei prossimi mesi potrebbe continuare a salire se Le Pen non vincerà al secondo turno delle elezioni in Francia, ma potrebbe rallentare da quando si ricomincerà a parlare del voto italiano, che farà tornare l’incertezza». E il gestore lancia un’avvertenza finale. A breve «l’andamento del mercato italiano, soprattutto sulle small cap, è stato inquinato dai Pir, che hanno portato notevoli flussi di denaro su società poco liquide. Questo potrebbe creare un rischio perché non si sa quanti di tali flussi siano legati ai Pir e quanti provengano da chi scommette sui flussi che arriveranno dai Pir».

Resta il fatto che «i Pir stanno convogliando grandi volumi di denaro sugli stessi nomi. Le valutazioni salgono, i titoli diventano più costosi, con il rischio che il prezzo non rifletta più i fondamentali», osserva il gestore citando Ima, Interpump , Datalogic , «che già sono ben valutati e sui quali bisogna avere una visione oltre i 3/5 anni, perché le valutazioni di mercato oggi non sono più basse». In sostanza, sostiene Guibout, «il mercato italiano appare a sconto solo per un effetto strutturale, cioè il peso delle banche, dell’energia, e delle utility, per questo bisogna essere molto attenti alla capacità delle società di avere posizioni competitive forti nel lungo termine». Noi, prosegue «investiamo in Italia da 20 anni, siamo selettivi e puntiamo sulle società con prospettive più visibili. Sul mercato italiano ci sono società leader nel loro settore, sia nell’ambito industriale che dei prodotti di consumo. Per esempio, Cnh , Tenaris, Ima, Interpump , Campari e Amplifon: sono titoli esposti all’andamento dell’economia globale e che poco hanno a che fare con l’economia italiana. Questi sono i titoli che, secondo me, a lungo saranno favoriti. Il loro punto debole è che in diversi casi sono sui massimi storici quindi le valutazioni non sono più a sconto». (riproduzione riservata)
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