Uno Stato può bloccare l’attività di una compagnia assicuratrice di altro Stato membro solo a certe condizioni.

E’ questa la conclusione di una sentenza della Corte europea su una questione che trova origine in un’inchiesta dell’Ivass (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni) condotta nei confronti della società di assicurazione Onix Asigurari, con sede in Romania, in grande espansione all’epoca dei fatti, tanto che la stessa svolgeva la propria attività anche in favore di diverse istituzioni pubbliche italiane nel ramo cauzioni.

Secondo l’Ivass, la società era sostanzialmente sotto il controllo di un cittadino italiano che non avrebbe potuto svolgere tale tipo di attività: in primo luogo, in quanto risultava condannato per un delitto ai danni dello Stato; in secondo luogo, perché era stato radiato dal registro degli intermediari per mancato possesso dei requisiti finanziari minimi per
esercitare attività di intermediazione. Il principale azionista, secondo l’istituto di vigilanza, non soddisfaceva pertanto i “requisiti di reputazione”, obbligatori per tutti i soggetti esercenti un’impresa attiva in questo campo ai sensi di una Direttiva del ’92 e della disciplina italiana sulle assicurazioni private. La scelta della Romania come sede sociale, secondo l’Ivass, sarebbe dovuta proprio alla volontà di sottrarsi a questi criteri sfuggendo alla legislazione italiana, ma continuando a esercitare in Italia in virtù del principio della libera prestazione dei servizi negli altri Paesi membri. L’Ivass ha rilevato, quindi, un rischio per gli assicurati, e in primo luogo per gli enti pubblici italiani che si affidavano alla Onix.

Avendo le autorità rumene dichiarato di essere impossibilitate a intervenire – stante l’assenza di disposizioni di trasposizione della direttiva in Romania – l’istituto di vigilanza ha deciso di vietare direttamente l’attività della Onix avvalendosi di una norma del Codice
delle Assicurazioni che lo permette in casi di urgenza per la tutela degli
assicurati.

La Onix ha contestato il provvedimento dell’IVASS davanti al Tar del Lazio, rammentando la propria esclusiva sottoposizione alla legislazione e al controllo delle autorità della Romania (e quindi la non applicabilità dei “requisiti di reputazione” italiani), e lamentando che, comunque, l’Ivass non aveva né rispettato la procedura prevista in caso di avvio del procedimento, né dimostrato in alcun modo la sussistenza di una reale situazione di urgenza.

In seguito al rigetto del ricorso da parte del Tar, Onix ha proposto impugnazione al Consiglio di Stato, il quale ha portato la questione davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea chiedendo, in via pregiudiziale, se il diritto dell’Unione osti a un orientamento interpretativo secondo cui l’autorità di vigilanza di uno Stato ospitante un operatore assicurativo in regime di libera prestazione di servizi possa assumere, in via d’urgenza e a tutela degli interessi degli assicurati, provvedimenti inibitori, come il divieto di stipulazione di nuovi contratti sul territorio dello Stato ospitante, fondati sulla ritenuta
carenza di un requisito soggettivo previsto ai fini del rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività assicurativa, e segnatamente della reputazione.

Nella sentenza odierna, la Corte interpreta la “terza direttiva assicurazione non vita” e sottolinea che la stessa intende garantire agli assicurati una protezione adeguata. La direttiva pone il principio dell’autorizzazione unica, valida per tutta l’Ue, rilasciata dallo Stato membro di origine a favore di una certa compagnia assicuratrice, sicché solo lo Stato membro di origine (nel caso di specie, la Romania) è competente a revocare l’autorizzazione alla compagnia assicuratrice per il venir meno di alcune condizioni (come l’onorabilità dei dirigenti o la “reputazione” degli azionisti). Tuttavia, la direttiva consente agli Stati membri, nell’attesa di un intervento definitivo da parte dello Stato competente, di vietare a una certa compagnia assicuratrice straniera la conclusione di nuovi contratti assicurativi se vi è un rischio concreto e imminente che delle irregolarità già commesse o che stiano per essere commesse nell’esercizio dell’attività di quest’ultima causino dei danni ai beneficiari delle polizze.

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