di Massmo Brambilla
È il classico tasso fisso la scelta sui cui punta Banca Unipol per effettuare una provvista di 50 milioni di euro, attraverso l’offerta sul mercato primario rivolta sia alla clientela retail e sia agli investitori istituzionali. La scadenza ravvicinata, pari a due anni, e il rendimento più elevato rispetto allo zero offerto dal Btp 15/1/2018 di durata simile, dovuto ai rating più bassi di tipo speculative grade che caratterizzano l’emittente, ne fanno uno strumento potenzialmente interessante. Tuttavia il rendimento effettivo a scadenza risulta troppo basso in relazione al merito di credito, necessitando di una discesa del prezzo dell’obbligazione rispetto al valore alla pari (100) con cui viene emessa. Analisi del rendimento. Il tasso fisso, pari all’1,2% lordo annuo, è ripartito in quattro cedole trimestrali che verranno staccate nei mesi di gennaio, aprile, luglio e ottobre, la prima delle quali sarà in pagamento il 18 luglio 2016 e l’ultima il 18 luglio 2018 in corrispondenza della scadenza, dove l’emittente procederà al rimborso alla pari di tutte le obbligazioni. Ogni cedola trimestrale corrisponderà quindi lo 0,3% lordo del valore nominale, ovvero lo 0,222% al netto delle imposte, determinando un rendimento annuo lordo a scadenza dell’1,206% (0,891% netto) basato sul prezzo di emissione e di rimborso entrambi alla pari (100). In considerazione del merito di credito di Unipol Banca, espresso dai giudizi delle principali agenzie internazionali, un rendimento effettivo nell’ordine dell’1,2% lordo annuo appare troppo risicato per remunerare il rating dell’emittente: il giudizio, sia da parte di Moody’s (Ba2) e sia da parte di Fitch (BB), si colloca infatti in piena area speculative grade, ovvero 3-4 gradini (notch) più in basso rispetto ai rating dello Stato italiano che si trovano invece nell’area investment grade, seppur quasi in prossimità del limite inferiore. La misurazione del credit spread, e quindi del rendimento effettivo, contenuta nel prospetto informativo va infatti in questo senso: prendendo a riferimento l’obbligazione Unipol Banca tasso fisso 3% con scadenza 10/12/2018 (Isin IT0004981400), negoziata nell’Internalizzatore sistematico di Unipol Banca (ovvero il circuito di scambio della banca), l’emittente ha rilevato un rendimento del 3,114% lo scorso 4 marzo, che si confronta con il 2,043% espresso nella curva dei rendimenti degli emittenti finanziari dell’Eurozona con rating BB per la scadenza a due anni, pari a un differenziale nell’ordine dell’1,1% in capo al bond biennale di Unipol Banca. Oggi il rendimento della stessa curva di pari rating è sceso all’1,7% edeve essere considerato come il ritorno minimo per questa nuova emissione di Unipol Banca,che verrebbe eguagliato con una discesa del prezzo fino a quota 98,93 rispetto a 100 richiesto nell’offerta (-1,07%). Sommando a quest’ultimo un differenziale pari all’1,1% si giungerebbe a un rendimento nell’ordine del 2,8%, o almeno del 2,6% se si vuole proporzionalmente applicare al differenziale la stessa riduzione evidenziata dal rendimento, che verrebbe raggiunto con una discesa del prezzo fino a quota 97. Tale livello rappresenta verosimilmente, alle condizioni attuali, il valore di realizzo in caso di dismissione anticipata. Analisi del rischio. Oltre alla concreta possibilità di assistere a un brusco deprezzamento iniziale del valore corrente dell’investimento, riconducibile ai motivi appena esposti, il sottoscrittore deve avere ben chiaro che non è infatti opportuno dismettere l’impiego prima della scadenza: il prospetto spiega infatti che il bond non sarà quotato in mercati regolamentati. L’emittente si riserva la facoltà di trattare le obbligazioni nell’ambito del circuito di scambio (Internalizzatore sistematico) di Unipol Banca, esponendo con continuità due prezzi: un prezzo denaro (bid) al quale l’emittente è disposta ad acquistare le obbligazioni e un prezzo lettera (ask, più elevato) al quale è disposta a venderle. La differenza percentuale tra i due prezzi denaro-lettera (bid-ask spread) non può essere complessivamente superiore al 2,5%. Nell’ipotesi in cui le obbligazioni non siano trattate nell’ambito dell’Internalizzatore sistematico, l’emittente si riserva di negoziarle in contropartita diretta su richiesta dei portatori. In alternativa sarebbe impossibile smobilizzare l’investimento prima della scadenza. La dismissione anticipata, dunque, vanificherebbe il rendimento. (riproduzione riservata)
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