Digitalizzazione, stop ai massimi ribassi, poteri all’Anac
di Andrea Mascolini

Via alla riforma degli appalti pubblici: semplificazione e digitalizzazione delle procedure; vietato il massimo ribasso a eccezione dei lavori fino a 500 mila euro; albo dei commissari di gara gestito dall’Anac (l’Autorità nazionale anticorruzione) per contrastare la corruzione; criteri reputazionali e rating di legalità (per ridurre l’importo delle cauzioni); abrogazione del codice De Lise sui contratti pubblici e del regolamento attuativo, oltre che della Legge obiettivo, e rivisitazione della programmazione delle opere infrastrutturali; ridotte le competenze del contraente generale; stazioni appaltanti qualificate dall’Anac e maggiori poteri all’Authority per regolazione, bandi-tipo e contratti-tipo; introduzione graduale del Bim (Building information modelling) anche come elemento per qualificare le stazioni appaltanti; tecnici della p.a. incentivati ma solo su programmazione, direzione lavori e controlli; più mercato per la progettazione. È su questi (e molti altri) punti che si fonda quella che il governo ritiene una vera e propria rivoluzione nel sistema dei contratti pubblici: dopo il nuovo decreto legislativo di attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, approvato definitivamente ieri dal consiglio dei ministri (di 34 articoli più breve del precedente), la riforma dovrà essere completata a breve con le linee guida generali messe a punto dall’Anac e adottate con decreto delle Infrastrutture.

Il decreto dovrebbe andare in G.U. lunedì 18 aprile ed entrare in vigore lo stesso giorno. Le linee guida generali sostituiranno il regolamento del codice De Lise, il dpr 207/2010 (verrà soppresso ma rimarrà in vigore per alcune parti fino all’uscita delle linee guida). Rimane qualche dubbio sulla disciplina transitoria dal momento che la soppressione del codice, sostituito dal nuovo, vedrà ancora in vigore delle norme pensate per la disciplina del 2006. Si può dire, come fu per la Legge Merloni 20 anni fa, che anche questo codice nasce su alcune «spinte emotive» (così si diceva per giustificare scelte drastiche operate nel ’94): gli scandali sulle opere della Legge obiettivo hanno portato alla sua soppressione e alla conseguente cancellazione delle procedure speciali, nonché al divieto di affidare al contraente generale la direzione dei lavori. Ma è anche l’intero assetto della disciplina delle grandi opere ad essere radicalmente rivisto: il programma di infrastrutture strategiche si baserà sul «documento pluriennale di programmazione» e, come atto presupposto, sul Piano generale dei trasporti e della logistica; tutte le opere seguiranno la stessa procedura, senza alcuna deroga. Analogamente si è intervenuti sulla fase di aggiudicazione con la creazione presso l’Anac di un albo dei commissari di gara dal quale saranno estratti i nominativi da fornire alle stazioni appaltanti. Si tratta di una disciplina di particolare rilievo perché l’aggiudicazione degli appalti richiederà quasi sempre il ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (prezzo più basso fino a 150 mila euro) e quindi a valutazioni qualitative che sarà fondamentale che siano rese da commissari preparati e moralmente inappuntabili. Grazie ai molti rilievi del Consiglio di stato e delle commissioni parlamentari il testo approvato dal consiglio dei ministri di ieri sistema alcuni problemi, primo fra tutti quello dei contratti sotto soglia che vedeva nella prima versione di più di un mese fa, un largo uso della procedura negoziata con inviti a tre o a cinque soggetti. Si garantisce anche una adeguata stima dei corrispettivi per le progettazioni con il riferimento al decreto parametri e si elimina una barriera all’entrata soprattutto per i più giovani, con la cancellazione delle cauzioni provvisorie per i progettisti. Il testo si muove in linea con la legge delega sul profilo della riduzione del numero delle stazioni appaltanti: fino a 40 mila per forniture e servizi e a 100 mila per i lavori le piccole stazioni appaltanti potranno operare senza problemi, oltre questi tetti scatta l’obbligo di aggregazione; in più si avvia un sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti gestito dall’Anac. In generale tutte le procedure saranno più trasparenti e controllabili e la comunicazione fra p.a. e operatori privati sarà integralmente digitalizzata, sia pure gradualmente, così come gradualmente si andrà all’introduzione del Bim (Building information modelling, il nuovo sistema di progettazione che mette insieme aziende, professionisti, p.a. e fornitori) presso le stazioni appaltanti. Netta spinta verso la semplificazione nella partecipazione alle gare con lo spostamento alle Infrastrutture del sistema Avcpass per la verifica dei requisiti, che dovrà essere rivisto per farlo adeguatamente funzionare e la messa in linea di tutte le banche dati ad opera dell’Anac. L’appalto integrato sembra sparire, con la regola generale di affidare i lavori sulla base di progetti esecutivi e con divieto di affidamento sulla base del progetto preliminare. Rimane il tetto del 30% per il subappalto di lavori (tutti e non solo per le superspecialistiche). Sul fronte delle garanzie viene soppresso il performance bond, sostituito da una garanzia che coprirà anche gli extra-costi a carico della stazione appaltante. Per la disciplina dei contratti sotto la soglia Ue possibile la procedura negoziata senza bando per lavori da 40 mila a 500 mila euro con invito a 5 fino a 150 mila e a 10 fino a mezzo milione.

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