di Marino Longoni
Mutui bancari più trasparenti e meno costosi. Potrebbe essere questo l’effetto del decreto legislativo varato dal Consiglio dei ministri il 20 aprile in attuazione della mortage credit directive. Il provvedimento contiene una serie di norme volte a garantire la correttezza del rapporto banca-cliente e la possibilità per quest’ultimo di essere effettivamente informato sulle condizioni, i costi e i rischi del contratto di finanziamento. Ma la norma più innovativa è certamente quella che introduce nel Testo Unico Bancario l’articolo 120 quinquesdecies sull’inadempimento del consumatore. Si prevede infatti per le banche la possibilità di introdurre nei nuovi contratti la clausola che, in caso di mancato pagamento di 18 rate del mutuo, prevede il trasferimento della proprietà del bene immobiliare alla banca finanziatrice, che potrà venderlo e soddisfare il suo credito residuo con il ricavato. In questo modo si evitano le lungaggini e i costi della ordinaria procedura esecutiva, con vantaggi anche per il debitore. Infatti, nel caso che il ricavato della vendita sia inferiore al valore del credito residuo, il debitore otterrà il vantaggio dell’esdebitazione, cioè della liberazione da ogni ulteriore vincolo anche per la parte di debito non soddisfatta. Se invece l’immobile viene venduto a un prezzo superiore al credito residuo, l’eccedenza sarà restituita al mutuatario. Cosa che non si verificava praticamente mai con le normali procedure esecutive a causa degli alti costi e della possibilità, per gli altri creditori, di insinuarsi per rivendicare i propri diritti. La banca ha ovviamente il grosso vantaggio di evitare un percorso tortuoso che prevede l’emissione di un decreto ingiuntivo, del precetto, dell’atto di pignoramento, la predisposizione di tutta la documentazione immobile, la nomina del perito estimatore, la delega alla vendita a un professionista esterno, la vendita magari dopo numerosi tentativi, infine la ripartizione dell’attivo. Altro beneficiato sarà il sistema-giustizia, che eviterà l’impegno di un certo numero di processi esecutivi ed esecuzioni immobiliari. Facile immaginare che gli istituti di credito che per primi si attiveranno a inserire questa clausola nei contratti di mutuo avranno un vantaggio competitivo nei confronti delle banche più lente. Potranno quindi offrire condizioni migliori ai propri clienti: anche solo pochi centesimi di sconto sull’interesse sono comunque un bonus che premierà soprattutto il cliente che terrà fede ai propri impegni in modo regolare e che non si vedrà attivare la procedura di esproprio rapido qui prevista. Ci sono nel provvedimento anche alcuni aspetti difficili da decifrare: innanzitutto la previsione che il cliente che sottoscrive la clausola espressa relativa all’inadempimento del consumatore debba necessariamente farsi assistere da un consulente «a titolo gratuito» al fine di valutarne la convenienza. Non si capisce che cosa ci sia di così complesso da valutare, posto che l’alternativa all’esproprio automatico è una procedura più lunga e più costosa che si conclude comunque con l’esproprio dell’immobile. E poi non è chiaro a quale categoria di filantropi appartengano i consulenti gratuiti. Si tratta probabilmente di maquillage normativo di valore più estetico che pratico. Idem per quanto riguarda la disposizione che impegna la banca ad adoperarsi per conseguire dalla vendita il miglior prezzo di realizzo: che cosa può fare la banca se non affidare l’immobile a un’agenzia perché trovi un compratore in un tempo ragionevole al miglio prezzo? Può solo allungare i tempi di vendita, ma questo sarebbe in contrasto con l’obiettivo di velocizzare la procedura. Una raccomandazione, più che una norma giuridica. Al di là di queste sbavature la norma può tuttavia dare un contributo a semplificare e velocizzare le procedure esecutive nei confronti dei debitori morosi e di conseguenza a migliorare il tasso di recupero dei crediti incagliati delle banche. (riproduzione riservata)
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