Il bilancio della sperimentazione del tfr in busta paga a un anno dalla partenza non sembra esibire risultati particolarmente entusiasmanti. La Fondazione dei consulenti del lavoro stima che abbiano usufruito di tale facoltà meno dell’1% dei lavoratori potenzialmente interessati. Dallo studio realizzato su un campione di circa 900 mila lavoratori subordinati è emerso che solo lo 0,74%, in tutto 6.712 persone, si è avvalso di tale opportunità. Va ricordato come l’obiettivo perseguito dal governo, prevedendo una durata sperimentale triennale (fino al 30 giugno 2018), fosse quello di fornire ulteriore sostegno al bilancio delle famiglie per sostenerne i consumi e favorire la ripresa economica. Quali sono i contorni dell’operazione? La platea dei destinatari è rappresentata dai lavoratori dipendenti del settore privato (con alcune eccezioni). La normativa prevede che si possa accedere al tfr in busta paga anche in caso di suo conferimento, sulla base di modalità esplicite ovvero tacite, ai fondi pensione. Va anche ricordato che l’eventuale scelta è irrevocabile fino alla conclusione del triennio. Qual è il beneficio del tfr in busta paga? Il vantaggio è rappresentato da un incremento del reddito mensile quindi da una maggiore capacità di spesa a livello familiare. Non vanno però sottovalutati gli effetti per così dire collaterali. In primo luogo va ricordato come la scelta di trasformare il tfr maturando in rateo mensile dello stipendio depaupera notevolmente il processo di accumulazione a fini previdenziali, sia pure pro tempore. Il tfr rappresenta infatti una porzione consistente della contribuzione ai fondi pensione perché è pari al 6,9% della retribuzione annua. Con riferimento poi ai profili fiscali va ricordato come la devoluzione del tfr in busta paga appare non proprio conveniente dal momento che questa quota è soggetta ad aliquota marginale Irpef, al pari dello stipendio, e, pur non impattando sui limiti di reddito ai fini del bonus degli 80 euro, incide invece su detrazioni per lavoro dipendente, familiari a carico e Isee. Il tfr in azienda è invece soggetto a tassazione separata e la rivalutazione annuale sconta un’imposta con aliquota che è stata innalzata dalla legge di Stabilità 2015 dall’11 al 17%. Per quel che riguarda il tfr trasferito ai fondi, questo è invece soggetto a imposta sostitutiva del 15% che si riduce dello 0,3% per ogni anno di durata superiore al quindicesimo con un minimo del 9% (quindi in maniera molto più vantaggiosa). La tassazione dei fondi pensione appare quindi sensibilmente più conveniente. (riproduzione riservata)
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