di Paola Valentini

Un trimestre complicato il primo del 2016 per i fondi pensione negoziali. In media questi comparti previdenziali hanno registrato un risultato negativo dello 0,27%, mentre il Tfr in azienda (il tradizionale riferimento dei negoziali, che si rivaluta dell’1,5% fisso più lo 0,75% dell’indice di inflazione Istat) nel periodo si è rivalutato dello 0,3% netto, il minimo data l’assenza di inflazione.

I fondi pensione aperti, dal canto loro, nel periodo hanno messo a segno un risultato medio di -0,9%.

Ma non manca chi è riuscito a superare il Tfr. Il migliore dei negoziali nel periodo, in base all’analisi condotta da Mf-Milano Finanza che ha raccolto i rendimenti del primo trimestre dei comparti chiusi, è stato il comparto Prudente di Solidarietà Veneto (il fondo pensione dedicato ai dipendenti e agli autonomi che lavorano nella Regione Veneto) che gestisce 230 milioni di euro. Questa linea, la cui gestione è affidata a UnipolSai Assicurazioni, Groupama Asset Management e Finanziaria Internazionale, ha come priorità la stabilità dei rendimenti e la conservazione del capitale. E in effetti i suoi risultati sono stati piuttosto stabili: il rendimento medio annuo netto degli ultimi tre anni (2013 -2015) è stato del 3,75%, degli ultimi cinque anni (2011-2015) del 3,72% e quello degli ultimi 10 anni (2006 -2015) del 3,35%. Peraltro il Prudente dall’avvio della riforma della previdenza complementare del 2007 non ha avuto mai un anno di performance negativa e anche nel terribile 2008 ha reso il 3,73%.
Il portafoglio è composto al 90% circa da titoli obbligazionari e al 10% da azioni (in questo caso tramite fondi). In base al rendiconto a fine 2015, l’ultimo disponibile, la quota di obbligazioni era del 93% (di cui l’84% di titoli governativi e il 9% di corporate) mentre quella in azioni del 4% circa. In particolare, per quanto riguarda la parte azionaria, la gestione si attiene a benchmark sociali ed etici, avendo come parametro di riferimento l’indice socialmente responsabile E.Capital Partners-Ethical Index Global (che raggruppa le 300 maggiori compagnie con valenza etica capitalizzate nei mercati finanziari globali). In totale sono una ventina su 80 i comparti analizzati che sono riusciti a superare l’asticella dello 0,3% del Tfr. Dopo il Prudente di Solidarietà Veneto si piazza il comparto Conservativo (Blue) di Telemaco con il +1,76% e la linea Prudente di Prevaer (1,74%).

Sopra l’1% ci sono anche il Dimamico di Foncer (+1,44%) e il Reddito di Cometa (+1,02%). Mentre tra i fondi aperti il migliore risulta la linea Unipol Sai Premium Tfr con un +5,1%: si tratta di una linea ad alto contenuto obbligazionario. Sui 310 fondi aperti con performance al 31 marzo (dati Fida) sono un centinaio quelli con rendimento superiore alla rivalutazione del Tfr. Performance che confermano ancora una volta la necessità per i gestori previdenziali di cercare fonti di rendimento alternative, dato che ancora oggi il patrimonio è investito prevalentemente in obbligazioni. E ciò vale soprattutto per i fondi pensione negoziali, per i quali vige il divieto della gestione diretta delle risorse, tranne per investimenti diretti in partecipazioni di società immobiliari e in quote di fondi chiusi. «La gestione dei fondi pensione negoziali è totalmente esternalizzata a gestori patrimoniali professionali, quali banche, Sim e Sgr e compagnie di assicurazione», rileva il secondo report annuale sugli investitori istituzionali italiani di Itinerari Previdenziali. I fondi aperti invece presentano una maggiore diversificazione nell’offerta di comparti a maggior contenuto azionario. La gestione delle risorse dei fondi aperti e dei pip è per oltre il 90% realizzata dalle stesse società (sgr, banche e assicurazioni) che li hanno istituiti.
A limitare le scelte di investimento dei fondi pensione è stata anche la normativa. Solo lo scorso anno infatti è stato riformato il decreto 703 del 1996 che per anni ha imposto stringenti divieti ai comparti previdenziali. La disciplina è stata modificata dal decreto 166/2014, che ha rivisto in modo significativo il 703. E adesso i portafogli potranno finalmente cogliere opportunità maggiori a livello internazionale. Il decreto trova applicazione per tutte le forme pensionistiche, fatta eccezione per i piani individuali di previdenza, i cosiddetti pip, per i quali valgono le regole d’investimento delle compagnie di assicurazione. E per adeguarsi alle nuove regole i fondi hanno tempo fino al prossimo maggio. Poi c’è il capitolo relativo agli investimenti nell’economia reale, dove i patrimoni dei fondi pensione potrebbero investire per aumentare le attese di rendimento. Tra l’altro proprio Solidarietà Veneto è pioniere su questo fronte: è stato il primo fondo pensione in Italia a sottoscrivere un fondo dedicato alle pmi. A inizio 2015 infatti il comparto ha investito 7 milioni nel Fondo Sviluppo Pmi, il nuovo strumento finanziario per lo sviluppo e la crescita delle imprese del Nordest, e l’obiettivo è di impiegare in totale 25 milioni di euro. «L’introduzione dell’investimento in capitale di piccole e medie imprese sostituirà un po’ per volta una quota dell’investimento azionario dei comparti Reddito e Dinamico raggiungendo indicativamente il 3%-5%», spiega Solidarietà Veneto. Che nel settembre successivo ha investito altri sette milioni per sottoscrivere le quote di un secondo fondo di private equity: Ape III.

Ma c’è chi invita alla cautela. «In Italia, sono state adottate diverse iniziative, anche legislative, per favorire la creazione di strumenti e veicoli di finanziamento per le piccole e medie imprese, quali i cosiddetti minibond, i fondi di private equity, i fondi di debito o credit fund e altro ancora. Lo sviluppo di un mercato dimensioni adeguate richiede tuttavia tempi lunghi», affermava qualche tempo fa Francesco Massicci, presidente della Covip. Non bisogna dimenticare l’obiettivo principale dei fondi pensione: accrescere il capitale degli associati in vista della pensione. Lo stesso Massicci ha infatti ribadito che «qualsiasi iniziativa intrapresa in tale direzione dovrà tenere conto di due elementi fondamentali. Innanzitutto, il rispetto dell’autonomia gestionale delle forme e, in secondo luogo, la consapevolezza che la missione prioritaria dei fondi e delle casse professionali è quella di assicurare una adeguata prestazione pensionistica, di base o integrativa a quella di base. La politica di investimento di un fondo o di una cassa professionale dovrà quindi coniugare l’efficienza della gestione con le positive ricadute sulla crescita dell’economia nazionale».

Fatto sta che se nel 2015 i fondi pensione hanno offerto rendimenti di tutto rispetto, il 2016 si è aperto in modo molto più difficile all’insegna di una forte volatilità che ha fatto sbandare in modo deciso i mercati, specialmente quelli azionari, soprattutto a gennaio e nella prima parte di febbraio, mentre a marzo si è recuperata una certa stabilità, a tratti persino accompagnata a fasi di ripresa. In ogni caso «lo scenario economico e finanziario che caratterizzerà i prossimi mesi non sarà certamente banale», afferma Solidarietà Veneto, «l’interpretazione per il risparmiatore è complessa: da un lato abbiamo i titoli obbligazionari, compresi quelli di Stato, i cui rendimenti sono stati schiacciati dalle politiche espansive delle banche centrali. Dall’altro i mercati azionari, i cui valori ci sono accresciuti sensibilmente nell’ultimo quadriennio e, come altre volte accennato, forse non rappresentano più in maniera del tutto fedele il valore delle aziende sottostanti».

I rendimenti di questa prima parte del 2016 possono anche rappresentare per l’aderente l’occasione per fare il punto sulla propria posizione previdenziale valutando se non sia opportuno cambiare linea. Può essere il caso ad esempio di chi è investito nei comparti a maggior contenuto azionario, che sono stati quelli che in questi primi mesi hanno sofferto di più. Ma i rendimenti dei fondi pensione vanno anche valutati nel lungo periodo. Fonchim nel 1998 è stato il primo negoziale in Italia ad avviare la gestione finanziaria. A partire da allora e fino alla fine del 2015 il rendimento medio annuo del comparto bilanciato obbligazionario Stabilità è stato pari al 3,76%, superiore al risultato ottenuto dal Tfr in azienda (2,54%) e al tasso di inflazione (1,80%) nel medesimo periodo.

Fonchim sottolinea che il confronto fra il primo iscritto e il suo ipotetico gemello che ha deciso di non iscriversi è quindi particolarmente significativo e mostra come, in un’ottica di lungo periodo, l’investimento del fondo pensione sia sinora riuscito ad assolvere al suo compito istituzionale di accrescere il capitale degli associati in vista della pensione. Ancora più lusinghiero il risultato di chi dall’inizio del 2003 (data di avvio del multicomparto) ha scelto il bilanciato azionario Crescita: a fine 2015 il rendimento medio annuo risulta pari al +4,94%, il triplo dell’inflazione (1,63%), e il doppio della rivalutazione del Tfr (2,42%). «Ciò non deve far dimenticare l’elevata variabilità delle performance di Crescita, anche rispetto a quella delle altre linee di investimento offerte da Fonchim, in coerenza con la sua natura di comparto ad alto profilo rischio/rendimento», afferma il fondo dei chimici. Non a caso il 2016 per il comparto Crescita è iniziato con un -1,8%. (riproduzione riservata)
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