MarianoMangia
Roma E ’ comecomprare unaFerrari e scoprirepoi che sotto la carrozzeria c’è un motore Fiat. Così MoneyFarm, Sim online di consulenza, presenta le conclusionidi unrapporto dell’Esma, l’autorità di regolamentazione indipendente dell’Unione Europea sulla pratica del «closet indexing», «l’indicizzazione nascosta »: il prospetto del fondo parla di gestione attiva, le commissioni, care, sono da fondi attivi, ma in realtà il gestore si limita a seguire molto da vicino la composizione di un indice di mercato, quello che fa un Etf, ma con costi decisamente più contenuti. I risultati preliminari dell’indagine dell’Esma, condotta su un campione su oltre 1.200 fondi azionari domiciliati in paesi membri dell’Unione Europea, rivelano che tra il 5 e il 15% dei prodotti esaminati potrebbero essere considerati fondi passivi, toccherà ora agli organi di controllo nazionali procedere a un’analisi più approfondita e assumere gli opportuni provvedimenti.
«L’indagine Esma sottolinea come la tutela dell’investitore e la trasparenza sui prodotti di investimento collocati debba essere la base per un efficiente funzionamento dell’industria del risparmio gestito», è il commento di Sebastiano Picone, Head of CRM di MoneyFarm. «È necessaria una regolamentazione che si focalizzi maggiormente sull’adeguatezza dell’investimento rispetto al profilo di rischio dell’investitore e sulla completa e corretta informazione all’investitore». Ma non basta. Un secondo rapporto, questa volta di S&P Dow Jones Indices, mette nuovamente in discussione il fondamento stesso dei fondi comuni a gestione attiva, ovvero la loro capacità di far meglio dell’indice di mercato di riferimento, il benchmark. Ad essere analizzati sono stati i rendimenti conseguiti dai fondi azionari gestiti da società di gestione europee. Pur in un anno, il 2015, caratterizzato da un’elevata volatilità, le condizioni ideali, come osservano gli estensori del rapporto, per ottenere un extra-rendimento attraverso una gestione attiva, solo il 26% dei fondi globali, il 42% dei fondi investiti nell’area euro e il 68% degli azionari Europa è riuscito a far meglio del suo benchmark. Se si amplia l’orizzonte temporale, dopotutto i fondi comuni sono strumenti di investimento di lungo periodo, le cose vanno decisamente peggio: a cinque anni, le percentuali calano a valori compresi tra il 20% e il 4%, su un orizzonte decennale siamo tra il 14% e poco più del 2%; curiosamente, hanno fatto meglio i gestori di fondi specializzati sull’azionario italiano: il 68% batte l’indice a un anno, quasi la metà a cinque anni e oltre il 27% a dieci anni. C’è troppa enfasi sulla capacità di selezione, sull’»alfa» dei gestori, secondo Picone. «Negli investimenti esistono due certezze: la certezza dei costi e l’incertezza dei rendimenti. A questo si aggiunge il fatto che il contributo della gestione attiva sui risultati di un investimento spesso è inferiore al 10%. Una moltitudine di studi, accademici, e non, dimostra come i risultati di un investimento siano spiegati per il 90% dall’asset allocation scelta ». Unendo questi tre fattori, spiega Picone, è ragionevole per un investitore arrivare alla conclusione che focalizzarsi sulla scelta del gestore ricopre un’importanza molto più bassa e uno sforzo molto più costoso rispetto alla scelta della struttura dell’investimento in termini di asset allocation. Mancano analisi comparative per i prodotti più venduti sul mercato italiano, i fondi flessibili e i fondi a cedola. Il tempo e qualche ricerca accademica sveleranno, forse, la bontà di queste soluzioni di investimento che al momento sono lo strumento preferito dai piccoli risparmiatori che non dispongono di capitali sufficientemente elevati per accedere a gestioni di portafoglio. «Al di là del singolo prodotto, nella scelta di un investimento, qualsiasi investitore deve innanzitutto definire quali sono i criteri di investimento in termini di orizzonte temporale e profilo di rischio, con una particolare attenzione ai costi», osserva Picone. «Un investimento efficiente si caratterizza per un’ampia diversificazione e costi limitati, soprattutto in un contesto come quello attuale, dove i tassi di interesse sono pari allo zero o addirittura negativi e dove quindi i costi impattano notevolmente sul risultato finale. La soluzione che offre MoneyFarm ha come ingredienti principali un adeguato orizzonte temporale, strumenti efficienti a basso costo come gli Etf, un’ampia diversificazione e un’asset allocation adeguata al profilo di rischio dell’investitore».
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Fonte:aflogo_mini