di Stefania Peveraro

Il fondo Atlante promette agli investitori un rendimento lordo del 6-7% all’anno. È questo, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, l’obiettivo che Quaestio Capital Management sgr punta di raggiungere gestendo il veicolo di nuova costituzione voluto dal governo per risolvere in un colpo solo il problema della sottoscrizione degli aumenti di capitale delle banche italiane più in difficoltà e la questione del peso delle sofferenze sui bilanci degli istituti di credito.

Chi ha sottoscritto.

Ad aver messo mano al portafoglio, per un totale di 4,6 miliardi di euro, sono a oggi: Cassa Depositi e Prestiti (500 milioni, un impegno limitato per evitare che la Ue vi veda un aiuto di Stato); Intesa Sanpaolo (un miliardo di euro); Unicredit (un miliardo); Ubi Banca (200 milioni); fondazioni bancarie tra cui Cariplo (100 milioni), Compagnia di San Paolo e CariPaRo; altre banche (700 milioni, tra cui anche Banca Mediolanum ); e assicurazioni (700 milioni). Non parteciperà, invece, Mediobanca per non duplicare il suo impegno a supporto degli aumenti di capitale, che per l’istituto è il core business. La raccolta, però, non si ferma qui e punta almeno a 6 miliardi. «Sono soddisfatto perché è stata un’iniziativa avviata qualche settimana fa, che ha trovato il consenso di tutto il sistema finanziario italiano, non solo delle banche», ha commentato a caldo l’amministratore delegato di Unicredit , Francesco Ghizzoni, nel corso di un’intervista a Class-Cnbc che ha aggiunto: «E’ un fondo che affronta in maniera strutturale problemi del sistema, quindi alcuni aumenti di capitale da portare a casa per alcune banche, ma soprattutto il problema delle sofferenze, che va ridotto in maniera significativa. Questo fondo lo affronterà progressivamente nei prossimi anni, riducendone l’ammontare a livelli vicini a quelli europei. Questo è il problema strutturale delle banche ed è il problema che verrà risolto».
Molto soddisfatto anche il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli: «Il Fondo Atlante rappresenta un’iniziativa fortemente innovativa che si muove nell’ambito della sperimentata novità della normativa e della prassi europea», ha detto. «E’ un’iniziativa efficace perché nei suoi obiettivi può intervenire per fare gli aumenti di capitale ad assai basso prezzo per salvare le aziende, rilanciandole e trovando utilità nel salvataggio per il Fondo medesimo e anche per gli azionisti».

Aumenti di capitale.

Il fondo, come annunciato lunedì 11, in primo luogo lavorerà come sottoscrittore di ultima istanza negli aumenti di capitale delle banche, andando ad acquistare l’eventuale inoptato, senza porre alcun limite. Così il fondo potrà decidere che cosa fare di volta in volta. Tuttavia, per quanto riguarda l’aumento più imminente, quello da 1,75 miliardi di euro della Popolare di Vicenza, è reale la possibilità che il fondo finisca per acquisire il controllo della banca, visto che c’è rischio che l’inoptato sia la quasi totalità delle azioni offerte (articolo a pagina 6). Così oggi Quaestio depositerà in Banca d’Italia e in Bce la domanda di autorizzazione all’acquisto a una quota di maggioranza dell’istituto, così come previsto nella roadmap inserita nella bozza preliminare del progetto Atlante che ieri circolava per le redazioni. Lo stesso documento precisa anche che il fondo sottoscriverà se necessario anche l’inoptato dell’aumento di Veneto Banca, il che significa che il veicolo è pronto ad accollarsi la quota preponderante dei 2,75 miliardi di euro annunciati complessivamente dalle due banche. Il che potrebbe rivelarsi un investimento azzeccato, visto che gli aumenti di capitale sono a prezzi bassi e che le banche potranno essere liberate a breve delle loro sofferenze, sempre grazie all’intervento del fondo.
Sofferenze bancarie. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, del totale delle risorse raccolte dal fondo il 70% sarà destinato agli aumenti di capitale ed eventualmente a investimenti in titoli Additional Tier 1 o convertibili, mentre il restante 30% sarà destinato invece all’acquisto di tranche junior di titoli derivanti dalla cartolarizzazione di sofferenze originate da banche italiane. Ciò significa che per gli investimenti in sofferenze resteranno poco meno di 2 miliardi. Tuttavia il fondo potrà andare a leva per un massimo del 50% per la quota destinata appunto alle sofferenze e quindi la potenza di fuoco per questo tipo di investimenti diventa di 3 miliardi. Poco se confrontato all’ultimo dato Abi di gennaio che parlava di 83,6 miliardi di euro di sofferenze nette per l’intero sistema bancario, valutate in media al 40% del valore lordo. Tuttavia si sta parlando di operazioni di cartolarizzazione, che possono smuovere valori molto più importanti.

Il prezzo di acquisto. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, le cartolarizzazioni saranno strutturate da ciascun gruppo bancario tramite un spv di propria costituzione che andrà ad acquistare i portafogli crediti che le singole banche andranno a individuare a prezzi vicini a quelli netti di bilancio, in modo tale da non comportare per le banche delle perdite ulteriori, come invece accadrebbe se quei crediti fossero acquistati dai fondi specializzati ai prezzi sinora osservati sul mercato. Come rivelato da MF-npl la scorsa settimana, uno studio di Finint Investment sgr su 82 operazioni di cartolarizzazione di Npl condotte su portafogli italiani tra il 2013 e il 2015 per un valore lordo complessivo di 27,43 miliardi di euro hanno evidenziato prezzi effettivi di acquisto medi dei portafogli unsecured ceduti del 4,4%, ma se si circoscrive l’analisi alle operazioni condotte da banche e intermediari finanziari. Quanto ai crediti secured, la media è stata del 25,3%, che sale al 31,2%, se si considerano soltanto quelle originate da banche e intermediari.

Se si ipotizza che le cartolarizzazioni oggetto di interesse di Atlante siano formate da npl secured, allora si può ragionare su un’ipotesi di prezzo di mercato del 25-30%, che si scontra con un valore di bilancio del 40%. Già, ma la prospettiva di Atlante è diversa per definizione da quella dei fondi internazionali specializzati, che hanno un obiettivo di rendimento minimo del 12-15% da pagare ai loro investitori, quando non vanno a leva. Se Atlante punta al 6-7% significa che valuta di più quello stesso portafoglio crediti. La questione è infatti puramente matematica. Perché il valore attuale di un portafoglio di npl viene calcolato scontando il valore futuro di recupero (tenendo conto quindi dei tempi ipotizzati per il recupero) al tasso di rendimento originario del finanziamento, che è quindi in media del 3-5% per una banca che ha questi crediti sui libri. Per contro, gli investitori specializzati ragionano su parametri ben diversi, perché i tassi di sconto da essi applicati sono funzione dei rispettivi costi del capitale. Ciò significa che il valore attuale dello stesso portafoglio sarà per quei fondi ben più basso, mentre per Atlante potrebbe essere più vicino a quello calcolato dalla banca.

Da qui l’idea di far acquistare ai vari spv i crediti a prezzi vicini ai valore di libro e di cartolarizzarli, con Atlante che andrà ad acquistare tutta o parte delle tranche equity. Mentre le tranche senior saranno offerte al mercato degli investitori internazionali, dotate di garanzia pubblica (Gacs) a tranquillizzarli circa la possibilità che a scadenza il titolo non sia stato in grado di pagare i flussi attesi. In questo caso, la tranche senior non potrà essere troppo grande, perché condizione necessaria per ottenere la Gacs è il rating investment grade. Nella migliore delle ipotesi, quindi, si potrà immaginare un rapporto 50-50 tra le due tranche, il che significa che se la dotazione del fondo Atlante è di 3 miliardi non può andare molto lontano da solo sulle tranche equity e nemmeno innescare un potente volano su quelle senior. Ma appunto il fondo potrebbe non essere solo.

Gli npl non sono tutti uguali. Il progetto Atlante nasce come evoluzione del fondo di turnaround ipotizzato dalla Cdp nel suo piano industriale presentato a metà dicembre, dove accanto all’acquisto di crediti deteriorati dalle banche si ipotizzava anche un investito di capitale fresco per finanziare il rilancio delle aziende debitrici. E visto che il regolamento del fondo Atlante prevede l’investimento in tranche junior di cartolarizzazioni in eventuale coinvestimento con altri operatori, è possibile che questa ipotesi possa verificarsi proprio in relazione a cartolarizzazioni di Npl corporate che per essere recuperati necessitano di interventi di turnaround e quindi di contestuale nuova finanza.

La maggior parte delle soffereze è rappresentata da crediti verso aziende corporate (a fine 2015 erano 138 miliardi lordi su 200) e di queste aziende ce ne sono molte che potrebbero essere salvate, con i crediti che quindi potrebbero essere recuperati eventualmente anche con un guadagno. Si tratta tipicamente delle sofferenze rappresentate da società che si trovano in concordato preventivo in continuità aziendale (articolo 161, comma 6 della Legge fallimentare), in procedura di ristrutturazione del debito (articolo 182-bis della stessa normativa) e in accordo di ristrutturazione del debito (articolo 67). Se il fondo Atlante potesse agire anche su questo fronte, allora fungerebbe da vero volano per l’economia. (riproduzione riservata)
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