di Anna Messia
Per le assicurazioni europee sarà più semplice investire in infrastrutture. La spinta è arrivata da un emendamento a Solvency II, scaturito dalla nuova Capital Market Union e pubblicato il 1° aprile scorso nella Gazzetta Ufficiale di Bruxelles, che prevede un alleggerimento degli accantonamenti di capitale che saranno richiesti alle imprese per gli investimenti sia tramite azioni sia tramite la sottoscrizione di obbligazioni. «Ora gli assicuratori potranno investire più facilmente in progetti a lungo termine dell’Unione Europea; la barriera è stata rimossa», ha commentato ieri il vicepresidente della Commissione Europea Jyrki Katainen.

L’obiettivo è chiaramente quello di liberare le mani delle assicurazioni nel sostegno alla ripresa e allo sviluppo economico, anche alla luce del piano Juncker, volto a rilanciare l’economia dell’Unione con investimenti complessivi di 315 miliardi di euro. Finora l’impegno delle assicurazioni europee nelle infrastrutture è stato piuttosto limitato: meno dell’1% degli asset complessivi è andato in questa direzione, hanno osservato da Bruxelles. Ora la volontà è appunto di accelerare e di far crescere sensibilmente questo sostegno, proprio mentre le compagnie, dal canto loro, sono in cerca di investimenti più redditizi per far fronte agli impegni di rendimento assunti nei confronti di clienti e non facili da rispettare in un contesto finanziario di tassi d’interesse rasoterra.
La spinta arrivata da Bruxelles è significativa, anche se le imprese avrebbero voluto qualcosa di più. Secondo le nuove regole entrate in vigore dal 2 aprile, la calibrazione di rischio per gli investimenti in titoli azionari quotati di progetti infrastrutturali è stata ridotta dal 49% al 30%, con le compagnie che avevano fissato l’asticella al 20%. Mentre gli oneri di rischio per gli investimenti in infrastrutture del debito sono stati ridotti fino al 40%. Ma in ogni caso dovrà trattarsi di cosiddetti progetti infrastrutturali qualificati, ovvero con requisiti di qualità predefiniti.

Anche in Italia l’impegno è stato finora limitato. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Ivass, l’impegno delle assicurazioni in infrastrutture, minibond, cartolarizzazione e finanziamenti diretti a fine 2015 era complessivamente di appena 42 milioni. Un importo davvero esiguo, sottolineavano dallo stesso istituto, se si considera che le riserve complessivamente gestite in Italia dalle compagnie sono a pari a circa 600 miliardi euro. Ma l’interesse del settore è molto alto, come sottolineato di recente anche dal presidente dell’Ania: «Noi, le compagnie, il governo e i sindacati dobbiamo ragionare insieme intorno a un tavolo, perché possiamo cogliere le potenzialità che il contesto ci mostra evidenti», ha dichiarato Maria Bianca Farina. «Dobbiamo fare sistema; gestiamo tante risorse e, se riusciamo a ragionare come sistema, queste possono essere indirizzate verso l’economia reale». Qualcosa, in verità, si sta già muovendo: diverse compagnie di assicurazione hanno mostrato interesse, per esempio, per alcuni fondi selezionati dal Fondo Italiano d’Investimento, guidato da Gabriele Cappellini, che investono in pmi. Come anche per il fondo creato dal presidente di Tages Holding Umberto Quadrino, che punta al fotovoltaico e ha già raccolto 155 milioni di euro soprattutto tra le assicurazioni. (riproduzione riservata)
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