di Carla De Lellis 

Gli impiegati e i dirigenti agricoli non possono scegliere di ricevere il Tfr (trattamento di fine rapporto lavoro) in busta paga. Lo ricorda l’Enpaia nella circolare n. 1/2015.

Dal 3 aprile. L’operazione Tfr in busta paga, introdotta dalla legge di stabilità 2015 per i mesi da marzo 2015 a giugno 2018, è partita con leggero ritardo per via della ritardata pubblicazione in G.U. del dpcm n. 29/2015 che ne detta la disciplina. L’operazione, in pratica, consiste nella facoltà data ai lavoratori dipendenti di ricevere il Tfr maturando in busta paga (Quir), anziché accantonato in azienda (come buonuscita) o presso un fondo pensione (per la costruzione di una pensione di scorta). La facoltà è data a tutti i lavoratori dipendenti del settore privato, con esclusione tra l’altro di domestici, lavoratori del settore agricolo, lavoratori dipendenti per i quali la legge o il contratto collettivo nazionale di lavoro, anche mediante rinvio alla contrattazione di secondo livello, prevede la corresponsione periodica del Tfr o l’accantonamento presso soggetti terzi.

 

Settore agricolo escluso. Relativamente agli impiegati e dirigenti agricoli, l’Enpaia precisa che tali lavoratori non hanno facoltà di scelta sul Tfr in busta paga per due motivi. Prima di tutto perché il dpcm n. 29/2015 esclude dai soggetti destinatari i «lavoratori dipendenti del settore agricolo» e poi perché lo stesso dpcm esclude dai destinatari anche i «lavoratori dipendenti per i quali la legge ovvero il contratto collettivo nazionale di lavoro, anche mediante il rinvio alla contrattazione di secondo livello, prevede la corresponsione periodica del Tfr, ovvero l’accantonamento del Tfr presso soggetti terzi». L’Enpaia, si legge nella circolare, è l’ente previdenziale presso cui vanno obbligatoriamente iscritti impiegati e dirigenti occupati nel settore agricolo per l’erogazione del Tfr, a fronte del versamento da parte dei datori di lavoro di un contributo pari al 6% della retribuzione lorda mensile.

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