«L’azione di risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie», anche dopo le modifiche introdotte con la recente riforma sulle responsabilità civile dei magistrati, «non costituisce per sé ragione idonea e sufficiente a imporre la sostituzione del singolo magistrato». Lo ha sancito la sesta sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 16924 depositata ieri, secondo cui «tantomeno tale azione è idonea e sufficiente» a «imporre la rimessione del processo ad altra sede giudiziaria». Quanto all’astensione del giudice, la Suprema corte chiarisce che «non sussiste alcuna possibilità di automatismo legato alla discrezionale iniziativa della parte». I giudici di piazza Cavour hanno affrontato le questioni sulla responsabilità civile nell’ambito della trattazione di un ricorso presentato nel corso di un procedimento penale, con cui l’imputato chiedeva che il processo, celebrato a Pordenone, fosse spostato in altra sede, poiché egli aveva avviato una causa «per motivi risarcitori civili» nei confronti di uno dei magistrati del collegio giudicante. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso e sottolineato che «la proposizione di più azioni di risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie non costituisce grave situazione locale idonea a imporre la rimessione del processo». Nella sentenza la Suprema corte rileva inoltre che «il magistrato la cui condotta professionale sia stata oggetto di una domanda risarcitoria non assume mai la qualità di debitore di chi tale domanda abbia proposto»; questo perché «la domanda può essere proposta solo ed esclusivamente nei confronti dello stato»: tale conclusione non cambia anche nell’eventualità di «una successiva rivalsa dello stato nei confronti del magistrato» nei casi di condanna dell’amministrazione, perché «i presupposti e i contenuti dell’azione di rivalsa sono parzialmente diversi da quelli dell’azione diretta della parte privata nei confronti del solo stato».