Il notaio, incaricato di redigere l’atto pubblico di trasferimento immobiliare, che abbia compilato la dichiarazione a fini INVIM sottoscritta dal venditore, riportando quanto da questi dichiarato rispetto a valori finali e iniziali di pari importo, e abbia provveduto alla relativa registrazione dopo il mancato seguito del venditore alla sua richiesta di verificare gli importi con il commercialista, così esponendo il venditore dichiarante all’accertamento fiscale e al pagamento della somma dovuta all’Amministrazione finanziaria, ha adempiuto la prestazione inerente all’esercizio della sua attività professionale con la diligenza richiesta dalla natura dell’attività esercitata ?
Ritiene il Collegio che la risposta al quesito debba essere negativa.
In riferimento al pagamento dell’INVIM, secondo la disciplina legislativa (art. 18 del d.P.R. n. 643 del 1972), i notai, per tutti gli atti stipulati con il loro ministero, devono richiedere ai cedenti la loro dichiarazione, rilasciata su modello fornito dall’Amministrazione, e devono produrla all’ufficio con l’atto stipulato.
La dichiarazione è rilasciata dal cedente, ma la legge impone al notaio, quando questi sia stato incaricato della stesura di un atto pubblico di trasferimento immobiliare, di chiedere al proprio cliente la dichiarazione e di produrla all’ufficio insieme all’atto stipulato.
Certamente, la dichiarazione ai fini INVIM è un’attività della parte contenente una dichiarazione di scienza; e, certamente, non è ipotizzabile che il notaio possa sostituirsi alla parte in una dichiarazione di scienza della stessa.
Qualunque siano le ragioni – dalla certezza in ordine alla contestualità nella acquisizione di notizie, alla semplificazione delle attività delle parti, sgravate di una iniziativa autonoma, a mere ragioni di praticità – per le quali il legislatore abbia imposto al notaio di chiedere al cliente tale dichiarazione e di trasmetterla, unitamente all’atto stipulato, all’autorità competente, è indubbio che, attraverso questo obbligo legislativo, la dichiarazione della parte a fini INVIM entra a far parte della complessa attività del notaio nella predisposizione degli atti pubblici di trasferimento immobiliare; attività che si snoda attraverso una fase preparatoria, un’altra propria di redazione dell’atto e una fase successiva; attività tutta ricollegabile all’incarico professionale di redigere l’atto pubblico, conferito al notaio dal cliente e, quindi, all’obbligo di adempimento contrattuale dell’attività professionale con la diligenza qualificata, da valutarsi avendo presente la natura dell’attività esercitata.
Per individuare la diligenza richiesta al notaio nella specie in esame è utile la sintetica ricognizione della giurisprudenza di legittimità in materia.
Una linea costante rinvenibile negli arresti giurisprudenziali, in tema di atto pubblico di trasferimento immobiliare e in riferimento alle visure catastali, è data dalla riconduzione nell’oggetto della prestazione d’opera professionale del notaio delle attività preparatorie e successive necessarie ad assicurare la serietà e la certezza dell’atto rogando e ad assicurare la sua attitudine al conseguimento dello scopo tipico e del risultato pratico voluto dalle parti.
Centrale è il richiamo ai canoni della diligenza qualificata di cui all’art. 1176, secondo comma, cod. civ. per l’adempimento della prestazione professionale.

E, in tale contesto, viene valorizzato il dovere della normale diligenza professionale media esigibile ai sensi della norma richiamata, riconducendo ad essa, come sanzionabili con la sola colpa lieve, fattispecie di inadempimento in cui il notaio aveva invocato la limitazione di responsabilità al dolo e alla colpa grave, prevista per il professionista dall’art. 2236 cod. civ., quale limitazione rilevante nel solo caso di imperizia rispetto a problemi tecnici di particolare difficoltà.

Si assiste, sempre ad opera della giurisprudenza, a un allargamento dell’oggetto della prestazione professionale del notaio nell’adempimento della quale, per essere esente da responsabilità, al professionista è richiesta una diligenza media qualificata la cui soglia è sempre più alta. Infatti, sempre sul presupposto che il notaio non è un destinatario passivo delle dichiarazioni delle parti, si è ritenuto:

  • che, anche in caso in cui il notaio sia stato esonerato dalle visure, deve informare le parti quando abbia avuto conoscenza o anche solo il sospetto di un’iscrizione pregiudizievole;
  • che il notaio deve osservare un principio di precauzione ed adottare la condotta più idonea a salvaguardare gli interessi del cliente;
  • che l’acquirente che si rivolge al notaio per la redazione di un atto traslativo effettua l’atto di acquisto nella ragionevole presunzione che l’ufficiale rogante abbia compiuto le opportune verifiche in ordine alla titolarità del bene e alla libertà dello stesso.
    In particolare, si è affermato che la funzione del notaio non si esaurisce nella mera registrazione delle dichiarazioni delle parti, ma si estende all’attività di consulenza, anche fiscale, nei limiti delle conoscenze che devono far parte del normale bagaglio di un professionista che svolge la sua attività principale nel campo della contrattazione immobiliare. Con la conseguenza di ravvisare la violazione dell’obbligo di diligenza di cui all’art. 1176, secondo comma cod. civ. in capo al notaio che non svolga una adeguata ricerca legislativa, ed una successiva consulenza, al fine di far conseguire alle parti il regime fiscale più favorevole. Si è individuato il contenuto essenziale della prestazione professionale del notaio nel cosiddetto dovere di consiglio avente ad oggetto questioni tecniche che una persona non dotata di competenza specifica non sarebbe in grado di percepire.

Qualora, quindi, il notaio non compia una attività che potrebbe compiere in base alla legge ai fini di una agevolazione fiscale, si è individuato in capo al notaio l’obbligo di informare le parti, non potendosene disinteressare, quando le parti abbiano dichiarato nei contratto di volersi avvalere di tale agevolazione.
In sintesi, traendo le fila degli approdi giurisprudenziali esaminati, si può dire che all’allargamento dell’oggetto della prestazione professionale di redazione degli atti pubblici di trasferimento, comprensivo della fase preparatoria e successiva a quella propria di redazione, si unisce l’innalzamento della soglia di diligenza media esigibile, cui corrisponde l’estensione dell’area di responsabilità per sola colpa lieve e la riduzione dell’area di speciale difficoltà della prestazione, della quale il professionista risponde solo in caso di dolo o di colpa grave.

L’obbligo del notaio di informare il cliente delle conseguenze nel caso di dichiarazioni non veritiere in riferimento all’INVIM, almeno quando le stesse appaiono ragionevolmente non verosimili, trova fondamento nell’incarico professionale ricevuto di redigere l’atto pubblico di trasferimento immobiliare. Incarico che comprende nel proprio oggetto, oltre all’atto in senso proprio, le attività preparatorie e successive, e rispetto al quale la diligenza qualificata, richiesta ai sensi dell’art. 1176 cod. civ., include la consulenza, anche fiscale, nei limiti delle conoscenze che devono far parte del normale bagaglio di un professionista che svolge la sua attività principale nel campo della contrattazione immobiliare, trattandosi di questioni tecniche che una persona non dotata di competenza specifica non sarebbe in grado di percepire e per le quali può fare affidamento sulla professionalità del notaio, anche in considerazione del ruolo pubblicistico della sua attività. Obbligo di informazione che si differenzia, per fonte e contenuto, dallo specifico incarico eventualmente conferito dalla parte ai fini della esatta determinazione degli importi INVIM da dichiarare, nella specie sicuramente mancante.
La giurisprudenza della Corte, infatti, ha chiarito che, ai fini della individuazione della responsabilità professionale del notaio nella stipulazione dell’atto pubblico di vendita, sempre che dal comportamento del professionista siano derivati danni, non ha alcun rilievo che l’incarico di redigere l’atto pubblico sia stato conferito, e remunerato, da una delle parti, sussistendo la responsabilità professionale nei confronti di tutte le parti dell’atto rogato sulla base dell’art. 1411 cod. civ. per quella parte che non lo ha conferito.

Il notaio incaricato di redigere l’atto pubblico di trasferimento immobiliare, il quale abbia compilato la dichiarazione a fini INVIM, sottoscritta dal venditore, riportando quanto da questi dichiarato rispetto ai valori finali e iniziali, e abbia provveduto alla relativa registrazione senza avvertire la parte delle conseguenze derivanti da dichiarazioni non veritiere, almeno quando è ragionevolmente probabile che quelle fornite dalla parte non lo siano, pone in essere un comportamento non conforme alla diligenza qualificata richiesta dalla particolare qualificazione tecnico/giuridica della prestazione professionale – oggetto dell’incarico conferito dal cliente e quindi ricompresa nel rapporto di prestazione di opera professionale (artt. 1176, 2230 e segg. cod. civ.) e nel contempo intrecciata alle peculiari funzioni notarili pubblicistiche – atteso che tra i mezzi e i comportamenti rientranti nella prestazione professionale cui il notaio si è obbligato vi è quello di fornire consulenza tecnica alla parte, finalizzata non solo al raggiungimento dello scopo privatistico e pubblicistico tipico al quale l’atto rogando è preordinato, ma anche a conseguire gli effetti vantaggiosi eventualmente previsti dalla normativa fiscale e a rispettare gli obblighi imposti da tale normativa; con la conseguenza di rispondere dei danni originati da tale comportamento anche nella sola ipotesi di colpa lieve.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, 16 dicembre 2014 n. 26369