La reputazione sul web delle aziende richiede presenza online attiva e una specializzazione nei nuovi strumenti che hanno cambiato il rapporto fra marchi e comunicazione. Gli esempi arrivano dai responsabili marketing e comunicazione delle aziende, che hanno preso parte all’incontro «Web e Legalità 2. La reputazione aziendale», promosso dall’Osservatorio Web e Legalità e tenutosi giovedì a Roma.

«Dal 2011, Banca Mediolanum presidia il mondo social attraverso le sue properties mediante un ascolto “attivo” fatto di oltre 120 mila contenuti su web che parlano del brand, del management, dei prodotti e della rete di vendita della Banca, moderando 24 mila contenuti sulle properties del brand ed intervenendo attivamente su quasi 5 mila casi», ha spiegato Oscar di Montigny, direttore marketing comunicazione e innovazione di Banca Mediolanum. Mentre per Paolo Calvani, direttore comunicazione e immagine del Gruppo Mediaset, «le aziende costruivano la propria reputazione secondo una propria agenda e dovevano tenere conto solo degli intermediari ufficiali. Oggi questo è più difficile: il web irrompe dando voce a tutti, circolano anche cose non verificate o palesemente false che spesso, in quanto sensazionali, risultano ai vertici nelle indicizzazioni dei motori di ricerca. Il punto sono le rettifiche: senza l’appoggio di legali specializzati il comunicatore sul web può poco».

Tanto più un azienda è grande, poi, e ha una presenza estesa, tanto maggiore è l’attenzione che deve prestare: «Se da un lato la rete abbatte le distanze e apre un canale di contatto diretto e immediato con il pubblico», ha detto Vittorio Cino, direttore comunicazione di The Coca-Cola Company Italia, «i rischi reputazionali hanno, per un’azienda come Coca-Cola, un impatto amplificato dalla sua dimensione e dalla riconoscibilità dei suoi marchi. L’attività di influencer engagement permette di contattare e allacciare un rapporto con persone influenti nelle rete».

Per Massimo Mantovani, chief legal and regulatory affaris Eni Group, invece, «è necessario un forte impegno nel contrastare utilizzi impropri del marchio o attività fraudolente online come il phishing, non solo per tutelare la brand reputation dell’azienda ma, soprattutto, per difendere la fiducia degli stakeholders nell’azienda stessa». Infine Ugo di Stefano, direttore affari legali di Mondadori, ha sottolineato come «la reputazione aziendale sul web vada affrontata, da un lato, tutelando ovviamente le esigenze legali di una società; dall’altro, nel rispetto dell’identità aziendale che, nel caso di un gruppo editoriale come il nostro, significa rispetto del pluralismo culturale dei singoli brand».