di Benedetta Pacelli 

 

Il regolamento sulla responsabilità civile e professionale delle professioni sanitarie «appare, per così dire, incompiuto rispetto agli obiettivi che si propone di realizzare» e lascia «uno spazio non coperto dalla normativa» che dovrebbe essere «oggetto di ulteriore e approfondita riflessione da parte del legislatore primario». Il Consiglio di stato (01040/2015) liquida così il dpr del ministero della salute che stabilisce la disciplina dei requisiti minimi uniformi per l’idoneità dei contratti di assicurazione per gli esercenti le professioni sanitarie. E, pur esprimendo parere favorevole, obbliga il dicastero proponente a rimetterci mano, allungando ancora i tempi di un attesa che dura da circa due anni. Cuore del provvedimento, attuativo della riforma delle professioni (dpr 137/12) prima, e della legge Balduzzi (158/12) poi, era, oltre a quello di agevolare la copertura assicurativa per le specialità a rischio, il circoscrivere le responsabilità dei camici bianchi e limitare i costi dei risarcimenti, di costituire un Fondo rischi sanitari a cui dovrebbero attingere i professionisti che dice il dpr «in considerazione del rischio derivante dall’attività professionale svolta non riescono a trovare un’adeguata copertura assicurativa ovvero che siano stati rifiutati dal mercato». La Balduzzi prevedeva che questo fondo fosse finanziato «in parte dai professionisti che ne facciano espressa richiesta» e in parte dalle imprese di assicurazione che esercitano il ramo dell’rc sanitaria nella misura massima del 4% della raccolta premi del settore dell’anno precedente. Tuttavia secondo i giudici rimane «uno spazio non coperto dalla normativa» costituito da tutte le situazioni nelle quali al mancato accesso al Fondo corrisponda anche la mancata stipula di un contratto di assicurazione da parte del professionista incapace di sostenere il costo della polizza o respinto dal mercato. Tutte situazioni che «in ipotesi non è dato di escludere nonostante l’obbligo» e su cui il ministero dovrà intervenire. Nessun rilievo invece sulle modalità di intervento del Fondo che, dice il dpr in entrata, nel caso in cui il professionista dimostri di aver corrisposto un premio assicurativo il cui importo sia superiore ai parametri definiti dal comitato, provvede a rimborsare all’assicurato il surplus rispetto al premio. Nel caso in cui il professionista dimostri di aver ricevuto tre rifiuti sul mercato assicurativo, il Fondo provvede alla ricerca di idonea polizza, assicurando che il relativo premio sarà corrisposto con l’eventuale contributo del Fondo. Il dpr, poi, prevede tra i requisiti minimi la durata non inferiore ai tre anni e un massimale minimo non inferiore a 1 mln di euro per ciascun sinistro e per ciascun anno, fatta salva la possibilità di reintegrare il massimale.