di Tino Oldani 

 

In Italia si vive più a lungo, il numero degli ultracentenari è raddoppiato in dieci anni, e logica direbbe che la spesa sanitaria per gli anziani dovrebbe aumentare. Ma non è così: complici la crisi e l’austerità, il budget della sanità italiana, che è già inferiore alla media Ocse, dovrà ridursi invece di aumentare. E questo potrebbe influire non poco sul rapporto tra l’elettorato anziano e la classe politica di governo, che proprio sulla sanità, negli ultimi anni, ha proceduto a zig zag, tra minacce di tagli e ritirate precipitose. Un’altalena continua, che alla fine ha lasciato che la spesa sanitaria nazionale stazionasse intorno ai 110 miliardi l’anno, pari al 9,2% del pil, di poco inferiore alla media dei Paesi Ocse (9,3%), ma inferiore di 5-6 punti a quella dei Paesi del Nord Europa.

Ora ci risiamo con i tagli. Yoram Gutgeld (Pd), incaricato dal premier Matteo Renzi di mettere mano alla spending review al posto di Carlo Cottarelli, ha detto in un’intervista che per evitare l’aumento dell’Iva, cercherà di ridurre i trasferimenti ai trasporti locali e di applicare i costi standard alla sanità in ogni singola azienda ospedaliera. Di fatto, l’ennesimo accentramento di potere renziano, che esautora il ministro Beatrice Lorenzin. Gutgeld non ha indicato cifre, ma basta scorrere le polemiche a zig zag che hanno accompagnato il governo della sanità nell’ultimo anno per averne un’idea.

Nel luglio 2014 si prevedeva non già di tagliare, bensì di aumentare la spesa sanitaria: così governo e Regioni firmarono il Patto per la salute 2014-2016, che prevedeva di portare la spesa sanitaria da 109,9 miliardi (2014) a 115,4 (2016). Non solo: nonostante il settore avesse dato luogo a 10,7 miliardi di deficit nel quinquennio precedente, la sanità fu esclusa dalla spending review di Cottarelli. Ma dopo appena tre mesi, a sorpresa, il contrordine: con la Legge di stabilità, il governo Renzi chiese alle Regioni di tagliare 2 miliardi netti sulle spese sanitarie, che costituiscono il 70-80% dei budget di ogni Regione. Ovviamente le Regioni fecero qualche resistenza, ma poi dovettero cedere. Tra i governatori, c’era chi diceva che il taglio era sopportabile: Luca Zaia (Veneto) arrivò a dire che si potevano tranquillamente risparmiare 30 miliardi in cinque anni, con una media di 5-6 miliardi l’anno. E un libro bianco, firmato Ispe-Sanità, stimò che solo nel 2013 erano andati persi ben 23,6 miliardi di euro tra corruzione, sprechi e inefficienze nella sanità.

In attesa di conoscere come e quanto taglieranno le forbici di Gutgeld, sembrano di grande utilità alcuni capitoli del Rapporto Osserva-salute 2014, redatto dall’università Cattolica – Policlinico Gemelli di Roma, con il contributo di 195 esperti di sanità pubblica. Oltre a fotografare l’invecchiamento della popolazione e le principali patologie connesse, il Rapporto fa il punto sulle risorse e sul personale impegnati per la sanità, con dati e osservazioni originali. Vediamo.

In dieci anni, dal 2002 al 2012, la speranza di vita degli uomini è passata da 77,2 a 79,6 anni, mentre per le donne è salita da 83 a 84,4 anni. Gli ultracentenari sono passati da 6 mila a 16 mila nel 2013. La mortalità infantile è diminuita, ma più al Nord che al Sud. Ovviamente, con l’aumento della popolazione anziana, sono aumentate le malattie croniche. Ma la crisi economica e i vincoli dell’austerità Ue sui bilanci pubblici hanno imposto una riduzione generale sia dei costi che del personale sanitario.

Per andare incontro alle esigenze dei cittadini, alcune Regioni, soprattutto nel Nord, hanno avviato un processo di ammodernamento delle Asl, introducendo internet per la comunicazione: nel 2014, su 143 Asl, 80 avevano attivato un canale web 2.0 (55,9% del totale). Le più innovative sono state le Asl della Lombardia (73,3%), seguite da quelle della provincia autonoma di Bolzano e dell’Emilia-Romagna (72,7%). Più in ritardo le altre Regioni, soprattutto nel Sud.

L’emorragia di personale è stata continua: «Il tasso di compensazione del turn over negli ultimi quattro anni è stato sempre inferiore al 100 per cento, arrivando a segnare 68,9 punti nel 2012», scrive il rapporto. Soltanto Val d’Aosta e Trentino Alto Adige hanno rimpiazzato tutto il personale uscito, mentre in alcune Regioni del Centro-Sud non si è andati oltre il 25%, creando «situazioni particolarmente critiche».

La conclusione di Walter Ricciardi, coordinatore del Rapporto della Cattolica, è nello steso tempo tecnica e politica:«Invecchiamento, aumento delle patologie, dei bisogni, della domanda, più la contemporanea diminuzione delle risorse umane e finanziarie. All’orizzonte si profila l’arrivo di una tempesta perfetta, i cui risvolti in termini sociali , economici e politici potrebbero essere devastanti Italia e Germania sono i paesi più vecchi del mondo, e nel 2050 il 37% degli europei avrà più di 60 anni. Solo aumentando gli investimenti nella prevenzione si potrà evitare il default». Gutgeld ne terrà conto?

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