Di Roberta Castellarin e Paola Valentini

La Gran Bretagna ha appena varato la più grande riforma della previdenza complementare degli ultimi cento anni. Nella finanziaria 2014 presentata a fine marzo dal cancelliere dello Scacchiere George Osborne le novità più interessanti riguardano proprio le pensioni, il cui sistema è stato reso più flessibile. «Si tratta della riforma più profonda della tassazione pensionistica dal 1921», ha proclamato Osborne alla Camera dei Comuni.

Ai pensionandi saranno date maggiori responsabilità. Non sarà più obbligatorio fare versamenti annuali che garantiscono una rendita, sia pur minima, al momento della pensione, mentre sarà più facile ritirare i soldi messi nei fondi pensione. E la tassazione sui prelievi sarà drasticamente ridotta. In poche parole, il singolo contribuente potrà decidere di dirottare parte dei suoi risparmi dai piani pensionistici ai consumi. Ai 13 milioni di cittadini inglesi finora costretti a sottoscrivere prodotti finanziari che producono una rendita, sarà offerto un servizio gratuito di consulenza sulle possibilità a disposizione per investire nel modo più adatto ai propri obiettivi il capitale messo da parte durante la vita lavorativa. «Il messaggio che arriva da questa legge sul bilancio dello Stato è questo: tu hai guadagnato questa somma, tu l’hai messa da parte.

Ora questo governo è dalla tua parte», ha detto Osborne presentando la legge sul budget.

Le rendite hanno garantito finora un reddito annuale per tutta la vita del pensionato, ma molto spesso erano somme troppo basse e non davano loro la flessibilità di poter investire il denaro. «Mi ha molto colpito quello che ha fatto il Regno Unito con la legge sul budget, con la liberalizzazione del mercato delle rendite c’è stata di fatto una rivoluzione del sistema previdenziale privato», ha sottolineato Giordano Lombardo, deputy ceo di Pioneer Investments e neopresidente di Assogestioni. In precedenza infatti «l’85% di chi gestiva la fase di decumulo, ovvero la trasformazione in rendita dell’accumulato dal lavoratore durante l’attività, era praticamente obbligato a comprare un vitalizio, adesso c’è stata una liberalizzazione», dice ancora Lombardo, sottolineando l’importanza dell’intervento dei policy makers nell’incentivare le soluzioni di risparmio legate all’invecchiamento. A partire dall’Italia, dove la ancora bassa diffusione dei fondi pensione può essere anche legata all’obbligo, per chi ha aderito dopo il 29 aprile 1993 (data del decreto sulla previdenza complementare italiana), di riscuotere fino al 50% del capitale in unica soluzione al momento del pensionamento e l’altra metà in rendita (si può prendere tutto sotto forma di capitale se, convertendo a scadenza il 70% del montante, ciò genera una rendita che è inferiore al 50% dell’assegno sociale, quest’ultimo pari a 447 euro al mese). Una scelta, quella di rendere obbligatoria la rendita, operata in base alla visione paternalistica del legislatore che evidentemente considera l’individuo non in grado di gestire il capitale messo da parte durante la vita lavorativa e quindi ha optato per un’erogazione a rate. Ma quel poco alla volta può rappresentare una soluzione troppo rigida in un momento in cui anche le famiglie devono fare i conti con una riduzione del reddito disponibile. Senza considerare poi che chi aderisce alla previdenza complementare versa tutto il Tfr al fondo pensione e quindi il pensionato di domani si troverà a non poter contare più su questa importante provvista una tantum di risparmio alla fine della sua vita lavorativa.

 

Proprio per capire quanto il lavoratore potrebbe ottenere dal fondo se anche in Italia si potesse ricevere tutto il capitale accumulato al momento del pensionamento, MF-Milano Finanza ha chiesto alla società di consulenza indipendente Progetica una simulazione ad hoc. «Abbiamo simulato per tre profili, 30-40-50enne, il capitale netto che si potrebbe ottenere incassando il 100% del montante maturato al momento della pensione», dice Andrea Carbone di Progetica. Che ha analizzato il caso di chi versa 2.500 euro annui (linea garantita e bilanciata) e chi ne versa 5 mila (linea garantita e bilanciata). «Ricordo che già oggi si può prendere il 50% in forma di capitale e il 50% come rendita e che si può prendere il 100% del capitale se il montante è entro certe soglie, mediamente tra 70 e 90 mila euro», avverte Carbone (cioè, come detto, se il 70% del montante convertito in rendita è inferiore al 50% dell’assegno sociale). Accanto al capitale poi la simulazione di Progetica riporta il valore dell’assegno qualora si opti per il 100% della rendita. «Per confrontare il capitale con la rendita infine, abbiamo ipotizzato che il capitale venga usato in decumulo, cioè sottraendo ogni anno un importo pari alla rendita vitalizia, lasciando il capitale residuo investito in una gestione separata. L’esito è la stima del tempo nel quale il capitale andrebbe ad esaurirsi», spiega Carbone.

Poiché le rendite sono strutturalmente calcolate in funzione dell’aspettativa di vita media, «i capitali tenderebbero a esaurirsi tutti intorno a vita media, quando ci sono ancora circa il 50% di probabilità di superare quell’età», aggiunge Carbone.

In sintesi, l’analisi di Progetica evidenzia le principali caratteristiche di rendite e capitali da un punto di vista previdenziale. Quindi i capitali offrono la flessibilità nell’uso: sono disponibili da subito e possono essere prelevati liberamente, ma espongono al rischio buono di sopravvivere al proprio reddito perché possono finire quando invece se ne ha ancora bisogno. Mentre le rendite vitalizie coprono, contrattualmente, dal rischio buono di vivere a lungo, ma naturalmente non hanno la flessibilità di un capitale.

Infine in termini di finalità successorie, il capitale può essere lasciato agli eredi, ma anche molte rendite offrono ormai la possibilità di optare per rendite reversibili. «Per tutti, come sempre, i mercati, soprattutto nel lungo periodo, possono rappresentare una fonte di aiuto per avere una rendita integrativa (o capitale, a scelta) maggiore rispetto alle linee garantite», conclude Carbone. (riproduzione riservata)