Intesa Sanpaolo punta nel 2017 a raggiungere un Rote  pari all’11,8%, dal 3,4% nel 2013. 
E’ uno dei target contenuti nel piano di impresa 2014-2017 che Ca’ de Sass ha presentato alla stampa. Il Roe, nel 2017, è atteso al 10%, in aumento rispetto al 2,9% del 2013. L’utile netto è in aumento a  4,5 mld nel 2017 (1,2 mld in 2013), mentre sono attesi circa 10 mld di  dividendi complessivi nell’arco del piano; in particolare 1 mld per il 2014, 2 mld per il 2015, 3 mld per il 2016 e 4 mld per il 2017. Il common  equity ratio è atteso al 12,2% nel 2017. 
A partire dal 2016-2017, il capitale in eccesso rispetto ai requisiti  regolamentari che non sarà utilizzato per ulteriori iniziative di crescita verrà distribuito agli azionisti: circa 8 miliardi di euro di capitale in  eccesso utilizzabile per ulteriori distribuzioni con un Common Equity ratio al 9,5%. I proventi operativi netti sono attesi nel 2017 a 19,2 mld (16,3 mld in 2013), gli oneri operativi a 8,8 mld (8,4 mld in 2013), il  risultato della gestione operativa a 10,3 mld (7,9 mld in 2013), mentre il  risultato corrente al lordo delle imposte a 7 mld (2,5 mld in 2013). 
Il piano strategico punta a una solida generazione dei ricavi. In  particolare i proventi operativi netti sono previsti nel 2017 in crescita a 19,2 mld rispetto ai 16,3 mld registrati nel 2013 (+4,1% Cagr); gli  interessi netti sono in aumento a 9 mld nel 2017 dai 8,1 mld nel 2013 (+2,6% Cagr); le commissioni nette sono in aumento a 8,2 mld nel 2017 dai 6,1 mld nel 2013 (+7,4% Cagr). Altro pilastro del piano è rappresentato 
dal governo continuo dei costi. In questo senso la banca prevede un  cost/income in miglioramento al 46,1% nel 2017 (51,3% nel 2013), sono attesi circa 800 mln di risparmi e +1,4% Cagr degli oneri operativi, 
l’aumento è dovuto ai costi per la crescita. 
Sotto il profilo della gestione del credito e dei rischi, la Ca’ de Sass  punta a rettifiche nette su crediti in calo a 3 mld nel 2017, dai 7,1 mld nel 2013; il costo del rischio è in calo a 80 punti base nel 2017 (207  punti nel 2013); il flusso lordo di nuovi crediti deteriorati proveniente  da crediti in bonis sono in calo a 8,2 mld nel 2017 (15,6 mld in 2013); mentre i crediti alla clientela salgono a 369 mld nel 2017 (322 mln in  2013). 
Il piano industriale prevede anche significativi investimenti; in  particolare sono attesi 5 mld di investimenti cumulati nel 2014-2017, di cui 2,9 mld per la crescita, 1,2 mld per l’efficienza e 0,9 mld per la  gestione del credito e dei rischi. Sempre all’interno del piano viene  costituita Banca 5 – nell’ambito della Divisione Banca dei Territori – con 3.000 gestori dedicati, nel 2017, a circa 5 milioni di clienti, che  rappresenta la quarta banca in Italia. Banca 5, con ricavi in crescita a circa 0,7 miliardi nel 2017 da circa 0,3 miliardi nel 2013, si  caratterizza per: un’offerta dedicata (almeno 5 prodotti chiave per cliente: carte di debito, carte di credito, finanziamenti personali, assicurazioni danni, investimenti), una filiera commerciale dedicata allo  sviluppo di circa 5 milioni di clienti a bassa redditività e riconversione  delle persone liberate dall’ottimizzazione del presidio territoriale ad attività di sviluppo commerciale in Banca 5. 

«Con 20 miliardi di premi raccolti in Italia siamo la prima assicurazione in Italia, anche davanti a Generali», ha sottolineato Carlo Messina.
Poi c’è l’integrazione di Fideuram Asset Management Ireland nel Gruppo  Eurizon Capital permette di creare uno dei principali asset manager bancari in Europa, con presenza anche nel Centro Est Europa e in Cina, e costituisce un fattore abilitante per possibili partnership con primarie  società internazionali di asset management. Il Polo dell’Asset Management ha masse gestite in aumento a 295 miliardi di euro nel 2017 da 221 miliardi nel 2013 e un grado di penetrazione dei fondi comuni sulla  clientela in crescita al 25% dal 19%. Si prevede un’ulteriore espansione del business internazionale, con focus sull’Hub Cee (interesse primario su Croazia, Ungheria e Slovacchia) e in altri paesi ad alto potenziale. 

L’obiettivo principale sarà lo sviluppo del business danni, ha spiegato Messina: oggi i clienti sono 300mila, a fine 2017 si punta a 1,9 milioni con una penetrazione commerciale dal 3 al 19%. Operativamente si partirà dalle sinergie distributive, ma alla fine per Intesa Private e Fideuram scatterà la fusione societaria. Esclusa, così, ogni ipotesi di quotazione per Fideuram.

Sotto il profilo del Core Growth Bank in Banche Estere, è previsto un rafforzamento della presenza nei mercati chiave e/o ad elevato potenziale, come Slovacchia, Serbia, Croazia ed Egitto, tramite una crescita dei volumi superiore al mercato, un’ottimizzazione della copertura di segmenti e settori, un’ottimizzazione dei canali tradizionali e online; lancio di iniziative cross-country con focus su mercati ad alto potenziale; razionalizzazione/ristrutturazione della presenza nei mercati senza scala adeguata o dove è in corso un turnaround, come Albania, Bosnia, Slovenia, Ungheria, Russia e Romania, tramite: mantenimento della presenza con piena valorizzazione delle sinergie ed aumento di efficienza/efficacia, 
valutazione di opzioni di crescita nei paesi a maggiore attrattività, accordi con altri player internazionali. 
Per quanto riguarda la Capital Light Bank, Business Unit di nuova  costituzione per la riduzione delle attività non-core, si caratterizza per una gestione di un portafoglio “chiuso” per un totale di circa 46 miliardi di euro di valore lordo a fine 2013, in riduzione del 50% a circa 23  miliardi entro il 2017 – con l’impatto di ulteriori cessioni a valore aggiunto di credito deteriorato non incluso nel Piano – mediante:  recupero per circa 8 miliardi di sofferenze su uno stock iniziale di circa  27 miliardi; per una vendita per circa 2 miliardi di asset repossessed su uno stock iniziale di circa 3 miliardi; per la cessione dell’intero stock di partecipazioni iniziale di circa 2 miliardi;  per la diminuzione per circa 11 miliardi di altri asset non strategici su uno stock iniziale di circa 14 miliardi. Infine la banca prevede la cessione entro il 2017 dell’intero portafoglio di partecipazioni non-core, pari a circa 1,9 miliardi di valore di libro a fine 2013.