Le allegazioni che devono accompagnare la proposizione di una domanda risarcitoria non possono essere limitate alla prospettazione della condotta colpevole della controparte, produttiva di danni nella sfera giuridica di chi agisce in giudizio, ma devono includere anche la descrizione delle lesioni, patrimoniali e/o non patrimoniali, prodotte da tale condotta, dovendo l’attore mettere il convenuto in condizione di conoscere quali pregiudizi vengono imputati al suo comportamento, a prescindere dalla loro esatta quantificazione e dall’assolvimento di ogni onere probatorio al riguardo.

Con riferimento al servizio di reperibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale, la mancata concessione del diritto ad un giorno di riposo compensativo (non riconducibile, attesa la diversa incidenza sulle energie psicofisiche del lavoratore della disponibilità allo svolgimento della prestazione rispetto al lavoro effettivo, all’art. 36 Cost.) è idonea ad integrare un’ipotesi di danno non patrimoniale (per usura psicofisica) da fatto illecito o da inadempimento contrattuale, e che questa è risarcibile solo in caso di pregiudizio concreto patito dal titolare dell’interesse leso, sul quale grava l’onere della specifica deduzione e della prova.

Deve peraltro escludersi che il danno alla salute, concretizzandosi in una infermità del lavoratore, possa essere ritenuto presuntivamente sussistente, dovendo esso essere dimostrato nella sua sussistenza e nel suo nesso eziologico, a prescindere dalla presunzione di colpa insita nella responsabilità nascente dall’illecito contrattuale.

Tali principi non possono che trovare affermazione con riferimento al c.d. danno da stress (o usura psicofisica) derivante dal mancato riconoscimento delle soste obbligatorie nella guida.

Anche tale danno, infatti, si iscrive nella categoria unitaria del danno non patrimoniale causato da inadempimento contrattuale e la sua risarcibilità presuppone la sussistenza di un pregiudizio concreto patito dal titolare dell’interesse leso, sul quale grava, pertanto, l’onere della relativa specifica deduzione (e poi prova, anche attraverso presunzioni semplici): il diritto del lavoratore al risarcimento del danno non patrimoniale non può dunque prescindere da una specifica allegazione sulla natura e sulle caratteristiche del danno medesimo.
In altri termini, il carattere non patrimoniale del danno postula una specificazione degli elementi necessari per la sua configurazione, sia con riferimento al tipo di danno configurarle (danno biologico, morale, esistenziale), sia con riferimento ai diversi presupposti rilevanti per ciascuna tipologia di pregiudizio, restando invece esclusa la configurabilità di un danno in re ipsa.
Può dunque affermarsi che, nel caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale da stress lavorativo, subito in ragione del mancato riconoscimento delle soste retribuite – previste dal regolamento n. 3820/85/CEE, nonché dall’art. 14 del regolamento OIL n. 67 del 1939, e dall’art. 6 co. 1 lett. A) della legge n. 138 del 1958- per una durata di almeno 15 minuti tra una corsa e quella successiva e, complessivamente per turno giornaliero, di almeno un’ora, il lavoratore è tenuto ad allegare e provare il tipo di danno specificamente sofferto ed il nesso eziologico con l’inadempimento datoriale, non discendendo automaticamente tale danno dalla violazione del dovere datoriale e richiedendo il danno non patrimoniale una specificazione degli elementi necessari per la sua configurazione.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza del 10 febbraio 2014 n. 2886