di Anna Messia

Semplificare le partecipazioni, rafforzare la presa e prolungare gli accordi distributivi. Sono stati i tre principi guida della risistemazione delle joint venture tra la compagnia inglese Aviva con i partner Ubi e Unicredit. Una transazione complessa, al pari degli intrecci azionari con le due banche. E anche l’Ivass, l’autorità di controllo del settore, aveva chiesto di rendere più lineari gli assetti partecipativi «La trattativa era partita a luglio scorso (come anticipato da MF-Milano Finanza, ndr) e rientrava nel piano di trasformazione del gruppo in Italia, avviato con il mio arrivo», dice il numero uno di Aviva in Italia, Patrick Dixneuf che aggiunge: «Con quest’operazione mettiamo fine ai gossip circolati nell’ultimo periodo (sui possibili disinvestimenti di Aviva in Italia, ndr) e diamo prova di credere nel mercato italiano, di voler crescere e investire». In base alle intese raggiunte Ubi venderà ad Aviva il 30% delle due jv (oggi partecipate al 50% circa), restando con il 20% del capitale sociale di ciascuna, con una plusvalenza di circa 57 milioni netti. La compagnia inglese salirà quindi all’80% delle due società. Nel frattempo è stato anche prolungato fino a fine 2020 l’accordo, in scadenza nel 2015, con una gamma più ampia di prodotti vita e risparmio. Inoltre è stato anche semplificato l’intreccio azionario. Delle due jv in piedi tra Aviva e Ubi, una era partecipata direttamente da Aviva, ma l’altra lo era tramite un’altra società, a sua volta jv Vita tra UniCredit e Aviva. Con la firma dei nuovi accordi la relazione indiretta tra UniCredit e Ubi è venuta meno e «le due società sono destinate a fondersi», spiega Dixneuf. La jv Aviva-Unicredit venderà anche le quote di minoranza negli istituti del gruppo Ubi: BP Commercio e Industria, BP di Ancona e Banca Carime. Il riacquisto avverrà in cambio di 327 milioni, in linea con il fair value delle partecipate, che saranno divisi tra i due soci della jv. La trattativa è stata anche occasione per siglare un nuovo accordo di 5 anni con UniCredit che prevede l’offerta di prodotti selezionati. Alla fine, tra incassi dalle minority e nuovi investimenti, l’esborso netto di Aviva per il riassetto delle alleanze in Italia sarà 25 milioni di sterline. «In questo modo è più chiaro il nostro piano sull’Italia», conclude Dixneuf, «che si basa su tre canali: agenti, promotori e banche». (riproduzione riservata)