Con un netto incremento dei volumi nei primi due mesi dell’anno e una previsione di crescita per l’intero 2014, il factoring si conferma uno strumento particolarmente efficace per sostenere le imprese anche in una fase di rilancio dell’economia. A fine febbraio il turnover cumulativo, cioè l’insieme di crediti commerciali acquistati dall’inizio dell’anno dalla società specializzate, ha raggiunto infatti 22 miliardi di euro, il 5,73% in più rispetto allo stesso periodo del 2013. E per fine anno l’aspettativa è di un aumento dell’1,84% dei volumi complessivi. I dati sono stati resi noti a Milano da Assifact, l’Associazione delle società di factoring il cui giro d’affari vale oltre 170 miliardi di euro (circa l’11% del Pil), nel corso dell’incontro “Ritardi nei pagamenti: l’opportunità del factoring per sostenere subito la ripresa del sistema produttivo”.

“Sulle imprese italiane, impegnate nello sforzo di agganciare la ripresa internazionale – hanno sottolineato il Presidente di Assifact Paolo Licciardello e il Segretario Generale Alessandro Carretta – continuano a pesare i ritardi dei pagamenti dei crediti commerciali. In particolare la Pubblica Amministrazione si conferma il peggior pagatore in assoluto: per incassare i loro crediti le imprese devono tuttora attendere in media sei mesi”.

Nonostante gli interventi normativi che si sono succeduti negli ultimi tre anni, la situazione non è migliorata. E anche il nuovo disegno di legge sui debiti della Pubblica Amministrazione, annunciato dal governo Renzi appena insediato, secondo Assifact è un passo positivo nelle intenzioni che rischia, in assenza di soluzioni applicative chiare e semplici e di un attento lavoro di coordinamento con le normative precedenti, di non rappresentare l’attesa “svolta buona” per sanare la piaga dei ritardi. “Apprezziamo gli sforzi e la spinta dinamica del provvedimento – ha affermato Alessandro Carretta, professore di Economia degli Intermediari Finanziari all’Università di Roma Tor Vergata e Segretario Generale di Assifact –, tuttavia rileviamo che i primi elementi forniti suscitano alcuni dubbi tra gli intermediari e gli operatori, soprattutto per le scarse informazioni di ordine tecnico-realizzativo. Per esprimere un giudizio complessivo occorrerà attendere indicazioni più precise sugli importi stanziati, sui tempi e sulle modalità di applicazione delle varie disposizioni. Assifact è pronta a mettere a disposizione del governo tutte le proprie competenze ed esperienze in materia di crediti commerciali, mercato di cui le società di factoring sono protagoniste, per contribuire alla definizione delle soluzioni migliori per il sistema Italia”.

 

I debiti della Pubblica Amministrazione e il disegno di legge del governo Renzi

Con l’obiettivo di ridurre lo stock dei debiti pregressi, il provvedimento annunciato dal premier Matteo Renzi intende favorire la cessione dei crediti delle imprese verso la Pubblica Amministrazione a banche e intermediari finanziari accompagnandola con una garanzia dello Stato. La cessione dovrà essere “pro soluto” (il rischio di insolvenza viene trasferito sull’intermediario che rileva i crediti) e realizzata applicando condizioni economiche la cui misura massima dovrà essere definita dal ministero dell’Economia. Assifact ha auspicato che l’opportunità di cessione non sia limitata al pro soluto, come previsto dalle norme precedenti, e ha espresso cautela sulla fissazione delle condizioni economiche da parte del ministero in quanto “non in linea con le modalità operative degli operatori finanziari, che diversificano in base alle proprie singole valutazioni di clienti e debitori, e influisce sulla concorrenza, rischiando di allineare i costi verso il tetto massimo, a scapito delle imprese”.

Tra gli operatori del factoring i maggiori dubbi riguardano il funzionamento e gli effetti di quella che il disegno di legge chiama “cessione di diritto” del credito acquistato. Il disegno di legge prevede infatti la possibilità che le Pubbliche Amministrazioni al momento della cessione, possano chiedere una “dilazione” di 5 anni dei termini di pagamento, a condizioni finanziarie definite nelle misure massime, anche in questo caso, dal Ministero dell’Economia. Se l’intermediario non intende o non può concedere la ridefinizione dei termini di pagamento, il credito verrà “ceduto di diritto” a un altro operatore disposto ad accettare quelle condizioni. Assifact ha sottolineato anche il fatto che non sono chiare le condizioni di questa cessione “obbligata” all’intermediario subentrante.

I ritardi nei pagamenti: maglia nera la Sanità pubblica

A un anno di distanza dall’entrata in vigore della Direttiva europea in materia di ritardi nei pagamenti, il monitoraggio condotto da Assifact tra i propri associati lo scorso dicembre ha confermato che la percezione degli operatori del mercato è di un’attuazione più formale che sostanziale delle nuove norme, che limitano a 30-60 giorni i termini massimi di tempo per il pagamento dei debiti commerciali.

L’Italia rimane saldamente ancorata alle peggiori posizioni della classifica europea dei tempi di pagamento dei crediti commerciali (dati Intrum Justitia 2013) con tempi medi di 96 giorni e ritardi medi di 31 giorni (contro i 9 giorni della Germania, i 15 della Francia e i 16 del Regno Unito).

Per i pagamenti della Pubblica Amministrazione i tempi medi si allungano a 170 giorni e i ritardi medi salgono a 90 giorni (11 giorni in Germania, 16 nel Regno Unito e 20 in Francia). Nel settore sanitario, secondo le più recenti elaborazioni di Assobiomedica (gennaio 2014) i tempi medi di pagamento oscillano tra un minimo di 51 giorni e un massimo di 1.301 giorni. A livello regionale si passa dagli 87 giorni della Valle D’Aosta agli 833 della Calabria, con una media nazionale di 215 giorni.

Nelle costruzioni le imprese che realizzano lavori pubblici sono pagate sette mesi dopo (dati Osservatorio Congiunturale ANCE), con punte di ritardi superiori ai due anni.

I piccoli imprenditori aderenti alla Confartigianato, che ha pubblicato un rapporto sui ritardi, sono costretti ad aspettare in media 113 giorni prima di riscuotere i loro crediti dalla Pubblica Amministrazione.

Factoring in crescita nel 2014, Lombardia e Lazio fanno più di metà del mercato

Per il mercato del factoring le prospettive sono di una nuova crescita nel 2014. A fine febbraio il consuntivo dei primi due mesi ha visto il turnover cumulativo salire a circa 22 miliardi di euro, il 5,73% in più rispetto allo stesso periodo del 2013. Per l’intero anno gli operatori associati ad Assifact prevedono un incremento sia del turnover (volume totale dei crediti ceduti nell’arco dell’anno) nella misura dell’1,84%, sia dell’outstanding a fine 2014 (ammontare dei crediti in essere, cioè acquistati e non ancora incassati) pari allo 0,74%.

Dopo la crescita negli anni della crisi, in controtendenza rispetto agli altri strumenti finanziari (+22% nel 2011 e +4,3% nel 2012 gli ultimi dati positivi), l’attività del factoring ha fatto registrare nel 2013, in termini di turnover, una contrazione del 2,13% rispetto all’anno precedente, frutto di un consolidamento dei volumi del mercato e soprattutto della riduzione del fatturato industriale.

In Lombardia (30,71%) e nel Lazio (28,76%) si concentra quasi il 60% del totale delle imprese che hanno ceduto i loro crediti alle società di factoring. Le medesime regioni rappresentano anche la metà (Lazio 30%, Lombardia 20%) dei debitori i cui debiti commerciali sono stati ceduti.

La classifica delle società

Ai vertici della classifica delle società di factoring per il 2013 figurano Mediofactoring, con oltre 55 miliardi di turnover e una quota del 32,5% del mercato italiano, Unicredit Factoring (oltre 28 miliardi e quota di mercato del 16,74%) e Ifitalia (oltre 25 miliardi e quota del 14,68%). Seguono nell’ordine, a completare l’elenco delle prime dieci: Factorit, Ubi Factor, MPS L&F, Banca Ifis, GE Capital, Fidis ed Emil-Ro Factor.

Factoring: costi competitivi e poche sofferenze

Secondo i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze, un’operazione di factoring del valore superiore a 50 mila euro costa attualmente a un’impresa il 4,54% di interessi sul finanziamento. Anticipi e sconti commerciali in banca costano l’8,03% per operazioni tra 5 mila e 100 mila euro, e il 5,49% sopra i 100 mila euro, mentre sulle aperture di credito in conto corrente al di sopra dei 5 mila euro si applica mediamente il 10,06%.

I tassi d’interesse praticati alla clientela del factoring sono competitivi perché le società, a differenza di quanto accade nel credito, valutano non soltanto l‘impresa che cede i suoi crediti, ma anche la qualità dei crediti stessi e quindi l’affidabilità dei debitori. Ne deriva per il factoring un rischio più contenuto rispetto al finanziamento bancario, dimostrato dalla percentuale di “sofferenze”: al 30 settembre 2013, secondo gli ultimi dati disponibili per un confronto, quelle del factoring risultavano il 3,43%, praticamente la metà rispetto al 7,69% dei prestiti bancari (fonte: Assifact-Bankitalia).

Al 31 dicembre 2013 l’incidenza delle sofferenze sul totale del factoring era scesa al 2,72%.