Il danno risarcibile dal Fondo di Garanzia Vittime della Strada ai sensi della legge 990 del 1969 art. 21 comma 3°, va individuato con riferimento all’epoca del sinistro e al provvedimento allora vigente, e non con riferimento alla data del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa.

Il F.G.V.S. va peraltro ricondotto tra quegli organismi o enti nei cui confronti può essere invocata l’applicazione diretta di una direttiva comunitaria rispetto alla quale lo Stato sia inadempiente, pur trattandosi di un effetto orizzontale, ossia riguardante rapporti tra privati; ciò in quanto detto ente è stato incaricato, con atto della pubblica autorità, di prestare, sotto il controllo di quest’ultima, un servizio di interesse pubblico, ossia l’interesse sociale a non lasciare prive di risarcimento le vittime della strada.

Ne consegue che, nei rapporti tra il FGVS e i privati, il giudice nazionale è tenuto ad applicare una direttiva non attuata, eventualmente disapplicando le contrastanti norme interne.

Secondo la legge 990 del 1969, art. 21, comma 3, in caso di liquidazione coatta amministrativa dell’impresa assicuratrice del danneggiante, il danno è risarcito entro i limiti indicati nella tabella A allegata alla legge; ciò in considerazione della natura risarcitoria e non indennitaria di tale obbligazione.

L’art. 1, comma 2, della direttiva n. 84/5 CEE del Consiglio (del 30 dicembre 1983), ha imposto l’innalzamento del massimale, in caso di una sola vittima, fino alla soglia minima di 350.000 ECU (pari a lire 630 milioni, calcolando lire 1.800 per un ECU.

Il successivo art. 5, comma 1, della direttiva dispone che gli Stati membri modificano le loro disposizioni nazionali per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 dicembre 1987.

L’art. 5, comma 2, stabilisce che le disposizioni così modificate trovino applicazione entro il 31 dicembre 1988.

L’art. 5, comma 3, della direttiva dispone che in deroga al paragrafo 2, b) Gli altri Stati membri dispongono di un termine fino al 31 dicembre 1990 per aumentare gli importi di garanzia sino agli importi previsti dall’art. 1, paragrafo 2.

Gli Stati membri che si avvalgono di questa facoltà devono, entro il termine di cui al paragrafo 1, aumentare le garanzie di almeno la metà della differenza tra gli importi di garanzia in vigore al 1 gennaio 1984 e gli importi prescritti all’art. 1, paragrafo 2.

Ora, lo Stato italiano ha provveduto ad una completa attuazione di tale direttiva soltanto con il D.P.R. 9 febbraio 1990, entrato in vigore a partire dal 1 luglio 1990, cioè in una data successiva rispetto a quella del sinistro per cui è causa; sicché tale decreto non è applicabile al caso in esame.

In tale provvedimento il massimale per ogni persona danneggiata è stato innalzato a lire 700 milioni, andando perciò oltre la soglia minima imposta dalla direttiva.

Prima di tale provvedimento, però, il massimale risarcitorio per ogni persona danneggiata era pari a L. 75 milioni alla data del 1° gennaio 1984 (in base al D.P.R. 22 luglio 1983, n. 357), innalzato a lire 100 milioni (col D.P.R. 4 agosto 1984, n. 517) e poi a L. 200 milioni (col D.P.R. 9 aprile 1986, n. 124); soglia, quest’ultima, vigente alla data del 31 dicembre 1987.

Il comma 1 – come detto – impone l’obbligo per gli Stati membri di conformarsi alla direttiva entro il 31 dicembre 1987, con modifiche da applicare entro il 31 dicembre 1988 (comma 2°).

Gli Stati membri, tuttavia, hanno la facoltà (comma 3, lettera b) di aumentare gli importi di garanzia fino alla soglia prevista (630 milioni) entro il 31 dicembre 1990, ma in tal caso devono aumentare le garanzie, entro il 31 dicembre 1987, della metà della differenza tra gli importi fissati al 1 gennaio 1984 e gli importi fissati dall’art. 1, comma 2.

È evidente che il rispetto dell’innalzamento del massimale fino alla soglia intermedia suddetta costituisce una condizione per poter fruire dello slittamento al 31 dicembre 1990. E, d’altra parte, la norma comunitaria si preoccupa di usare due verbi diversi: obbligo di conformarsi nel paragrafo 1, e obbligo di aumentare nel paragrafo 3; dunque, l’obbligo di adeguamento doveva comunque essere rispettato entro la prima data.

Soltanto in caso di rispetto del termine del 31 dicembre 1987 agli Stati membri è stata consentita una diluizione degli effetti nel tempo: un primo aumento e poi quello completo e definitivo.

In base a quanto detto fin qui, lo Stato italiano era inadempiente già alla data del 31 dicembre 1987.

Poichè il massimale alla data del 1 gennaio 1984 era fissato in lire 75 milioni, mentre alla data del 31 dicembre 1987 era fissato in lire 200 milioni, l’aumento intermedio era stato pari a lire 125 milioni, ossia inferiore a quello imposto dall’art. 5, comma 3, lett. b), che doveva essere pari ad almeno L. 211.500.000 (ossia la metà della differenza tra Lire 630 milioni e Lire 75 milioni).

L’inadempimento dello Stato italiano all’obbligo di conformazione entro la data del 31 dicembre 1987 non è stato retroattivamente sanato dal rispetto del successivo termine del 31 dicembre 1990, perchè la possibilità di fruire dello slittamento era subordinata ad una condizione che non sussisteva alla data del 31 dicembre 1987.

Ne consegue che il mancato rispetto del termine intermedio di adeguamento determina l’immediata applicazione dei massimali di cui all’art. 1, paragrafo 2, della direttiva in questione (norma suscettibile di applicazione diretta); nel caso in esame, in presenza di una sola vittima, il massimale è di L. 630 milioni.

Il sinistro, come si è detto, si colloca in una data nella quale era ormai certo il mancato rispetto del termine del 31 dicembre 1987 e, d’altra parte, non erano ancora applicabili i massimali di cui al D.P.R. 9 febbraio 1990, in quanto destinati ad entrare in vigore il 1 luglio 1990.

L’art. 1, comma 2, della direttiva n. 84/5 CEE del Consiglio, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione degli autoveicoli, impone ai medesimi di innalzare il massimale di assicurazione fino alle soglie minime ivi indicate.

Il successivo art. 5, comma 1, dispone l’obbligo di conformazione per gli Stati membri entro il 31 dicembre 1987, ovvero (comma 3, lettera b) entro la data del 31 dicembre 1990 ma solo a condizione, in tale ultima ipotesi, che entro il 31 dicembre 1987 fossero state aumentate le garanzie di almeno la metà della differenza tra gli importi in vigore alla data del 1 gennaio 1984 e gli importi di cui all’art. 1, comma 2.

Pertanto, avendo lo Stato italiano adeguato la propria normativa soltanto col D.P.R. 9 febbraio 1990, entrato in vigore il 1 luglio 1990, senza rispettare l’obbligo di adeguamento intermedio di cui all’art. 5, comma 3, lett. b), della direttiva stessa, esso deve considerarsi inadempiente a decorrere dal 31 dicembre 1987; ne consegue che, per i sinistri verificatisi fino al 30 giugno 1990, il massimale minimo di assicurazione, applicabile anche nei confronti del Fondo di garanzia per le vittime della strada, si deve individuare applicando direttamente i valori di cui all’art. 1, comma 2, della direttiva n. 84/5 CEE (nella specie, in presenza di una sola vittima, il massimale è pari a L. 630 milioni)

Corte di  Cassazione civile  sez. III, sentenza del 31 gennaio 2014 n. 2186