Luigi Dell’Olio

Milano R ecuperare la fiducia dei risparmiatori è la sfida più importante che il mondo finanziario ha davanti a sé. La grande crisi degli ultimi anni ha depresso i valori degli investimenti, spesso colpendo anche asset tradizionalmente reputati sicuri, e la recente cipriota ha riproposto il problema dei debiti sovrani. Per altro, la decisione di subordinare il piano di salvataggio a un prelievo forzoso sui depositi superiori ai 100mila euro (dopo che in un primo momento era stato ipotizzato un prelievo senza soglie minime), ha fatto crollare le certezze costruite negli anni sulla tutela dei risparmiatori. Come sottolineato da Thierry Philipponnat, segretario generale di Finance Watch (ong che interviene nel dibattito pubblico sui temi finanziari a sostegno della società civile), «la decisione ha portato a un crollo della fiducia dei risparmiatori» verso le istituzioni e gli operatori del mondo finanziario. Questo vale ancor più nei Paesi periferici, che soffrono per la maggiore fragilità delle loro economie, e in particolare per l’Italia, storicamente caratterizzata da un ridotto indice di fiducia verso il comparto finanziario. Una ricerca condotta qualche tempo fa da Schroders ha messo in luce che ben il 76% di chi ha effettuato degli investimenti nel nostro Paese si è poi pentito della propria scelta, contro una media europea del 53%. L’attualità del tema è confermata dal fatto che proprio di fiducia si parlerà in apertura dei lavori al Salone del Risparmio.

La plenaria cercherà di analizzare gli scenari ed i cambiamenti in atto nel settore finanziario attraverso le esperienze affrontate da altri, settori che hanno saputo superare con successo le crisi che li hanno coinvolti. In particolare verrà riportata l’esperienza del settore agroalimentare, che dopo lo scandalo del vino contraffatto — al quale era seguita una grave crisi di fiducia — ha saputo ritrovare tornare a crescere. Detto della necessità di ristabilire la fiducia dei consumatori, negli ultimi mesi si sono inseguite le ricette, che investono tutti gli ingranaggi, dalla necessità di rinnovare l’offerta per adeguarla ai tempi agli investimenti in educazione al risparmio, fino a nuove norme per il settore. «In realtà di leggi ne abbiamo fin troppe», commenta Stefano Caselli, prorettore all’Internazionalizzazione e docente al dipartimento di Finanza dell’Univerità Bocconi. «Piuttosto la priorità dovrebbe essere di garantire una maggiore semplicità dei prodotti, a beneficio dei piccoli investitori». L’economista precisa ulteriormente il concetto: «Oggi c’è molta traspatraffatto: renza formale nei documenti formali, ma non tutti i risparmiatori hanno gli strumenti per comprendere davvero caratteristiche e rischi dei prodotti nei quali investire. Occorre cambiare la prospettiva, privilegiando interventi sostanziali». Caselli chiama in causa anche gli istituti di credito, chiamati a «recuperare la centralità della filiale nelle relazioni con i clienti». Un obiettivo che non sembra, però, facile da raggiungere in una fase caratterizzata da numerose chiusure degli sportelli. «Ma l’equivalenza tra tante filiali e servizi efficienti non è scontata», ribatte Caselli. «E’ importante che ci sia un numero di filiali adeguato alle necessità del singolo territorio e con competenze adeguate». Dello stesso avviso è Chiara Oldani, docente di Economia e Finanza Pubblica alla Luiss: «Non vedo problemi legati alla mancanza o inefficienza delle regole giuridiche. Sulla crisi di fiducia pesano piuttosto la congiuntura negativa, che rende sempre più difficile l’accumulo di risparmi, e quindi gli investimenti, oltre che la caratteristica peculiare dell’intermediazione finanziaria in Italia». Il riferimento è al modello distributivo dei prodotti che vede le banche in ruolo dominante. «Il calo dei prestiti alle imprese e alle famiglie ha creato un clima di sfiducia verso queste istituzioni da parte dei cittadini; questo si è riverberato sulle scelte di risparmio», aggiunge Oldani. Dal mondo del risparmio gestito arriva qualche segnale di risveglio: la raccolta nei primi due mesi dell’anno ha registrato un bilancio positivo per 12 miliardi di euro, recuperando così tutte le perdite accumulate nel 2012. «Un segnale che indica come la fase più dura della crisi sia ormai alle spalle», secondo Lorenzo Alfieri, country head per l’Italia di J. P. Morgan Asset Management. «E’ importante che l’operazione trasparenza avviata negli ultimi tempi prosegua, e sia accompagnata da una maggiore formazione dei cittadini sui temi finanziari affinché prevalgano le scelte consapevoli, che poi è il primo passo per minimizzare gli errori ». Alfieri sottolinea che, sulla strada del recupero di fiducia, l’Italia «può comunque contare sulle regole per i promotori finanziari, che hanno definito i contorni della professione in chiave moderna, tanto da rappresentare un esempio anche per le riforme nei Paesi vicini». Il riferimento è alle normative che garantiscono la trasparenza nell’informativa al risparmiatore, ma senza rinunciare alla politica di retrocessioni per i collocatori (a differenza del modello anglosassone basato sulla consulenza indipendente). La ripresa del risparmio gestito a inizio anno è arrivata soprattutto per l’accelerazione dei gestori esteri, un trend che per Andrea Cardone, responsabile per il Sud Europa di Janus Capital Group, indica «l’evoluzione del risparmiatore italiano, che ha preso atto della maggiore complessità che oggi caratterizza i mercati e sempre più spesso guarda oltre i confini nazionali». Probabilmente un ruolo nella crescita dei fondi comuni lo gioca anche il minore appeal rispetto al passato di asset class alternative, come i titoli di Stato a breve termine (che ormai offrono rendimenti vicini allo zero) e l’immobiliare (penalizzato dall’introduzione dell’Imu, particolarmente pesante sulle seconde case). «Fattori importanti», per Cardone, «che spingono i risparmiatori a cercare nuove strade, come dimostra il risveglio dei fondi comuni specializzati in real estate, che consentono di non rinunciare all’investimento sul mattone, ma andando a caccia di occasioni sui mercati internazionali e con la possibilità di liquidare facilmente la posizione ». 1 2 3 Nelle foto Lorenzo Alfieri (1), J.P.Morgan AM Italia Andrea Cardone (2) Janus Capital G. Thierry Philipponnat (3) ( Finance Watch) Secondo Schroders ben il 76% di chi ha effettuato degli investimenti nel nostro Paese si è poi pentito contro una media europea del 53% Sulla strada del recupero di fiducia, l’Italia può contare sulle regole per i promotori finanziari, che hanno definito i contorni della professione in chiave moderna Un ruolo nella crescita dei fondi comuni lo gioca anche il minore appeal rispetto al passato di asset class alternative, come i titoli di Stato a breve termine