Adriano Bonafede

 A l suo primo appuntamento con l’assemblea di Generali, Mario Greco si presenterà agli azionisti con un bilancio di otto mesi di attività. Otto mesi in cui il titolo è cresciuto intorno al 50 per cento, dimostrando che il mercato ha apprezzato le prime mosse del group ceo. Anche troppo, stando all’ultimo report di Nomura dell’11 aprile scorso, in cui Michael Klien e Avinasgh Singh scrivono che «il titolo continua a essere scambiato a premio rispetto ai concorrenti, e noi crediamo che questo sia ingiustificato. Le azioni sono valutate a un multiplo prezzo/ utili 2013 pari a 11 volte rispetto alle 9 volte del settore e a un multiplo prezzo/nav pari a 1,4 volte, in linea con i concorrenti ma con minori ritorni del 12,5 per cento contro il 13,5, e anche un minore dividend yield del 2,3 per cento contro il 5 del settore». Insomma, la festa è finita, e la spinta propulsiva di Mario Greco, un manager molto apprezzato nella comunità internazionale soprattutto per i suoi trascorsi in Ras (Allianz) e in Zurich, sembra avviata alla conclusione. Ne prende atto un po’ tutto il mercato: il 45,2 per cento degli analisti, secondo il consensus raccolto da Bloomberg, dà una raccomandazione “hold” sul titolo, il 38 per cento indica addirittura un “sell”, mentre i “buy” sono soltanto il 16,1 per cento. Cinque target price su undici sono sotto il livello raggiunto giovedì scorso di 13,30 euro per azione: si va dai drastici 8,60 euro di Thomas Seidl di Sanford

C. Bernstein ai 13 di Macquire. Ma le ultime tre raccomandazioni in ordine di tempo (Michael Klien di Nomura, Jerome Cassagne di Alphavalue e Roderick Wallace di S&P Capital Iq) stanno tra gli 11 e i 12,80 euro. I target price più elevati oscillano tra i 13,50 e i 14,40 euro, con la punta di Gianluca Ferrari di Mediobanca a 15 (con raccomandazione “hold”). Guardando poi alla crescita del titolo, il confronto con i principali peers, Axa e Allianz, mostra che il titolo del Leone di Trieste ha sostanzialmente avuto lo stesso andamento degli altri due a partire dal giugno scorso. Anzi, da febbraio è stato leggermente più basso. Dunque la luna di miele di Greco con il mercato è terminata. Ora il group ceo deve dimostrare, nella gestione quotidiana, di saper estrarre valore da una compagnia che ha ancora molti passi da compiere nella direzione indicata dallo stesso Greco. L’obbiettivo è di vendere asset per 4 miliardi per accrescere il requisito patrimoniale di Solvency 2, più basso di quello dei concorrenti: 179 Allianz, 174 Axa contro 151 di Generali nel primo trimestre 2012. Finora ci si è limitati a cedere (un po’ a sorpresa perché nel piano non se n’era parlato), il 12 per cento di Banca Generali per 185 milioni. Resta il problema di vendere la svizzera Bsi, banca specializzata nel wealth management, e Generali Usa Life Reinsurance. La cessione di Bsi, in particolare, sembra difficile: il prezzo a cui qualche società cinese e fondi di private equity avrebbero voluto rilevarla – si parla di 2 miliardi di franchi (circa 1,8 miliardi di euro) – è al di sotto del prezzo di carico (2,5 miliardi di franchi), il che provocherebbe una minusvalenza. Tuttavia le distanze non sembrano incolmabili e, considerando anche l’abbattimento del goodwill, dovrebbe esserci un beneficio in termini di accrescimento del Solvency 2. La riassicurazione Usa dovrebbe valere circa 800 milioni. Gli altri asset da cedere dovrebbero essere, secondo rumorsdi mercato, Europ Assistance, con un valore stimato di 500 milioni, e il 38 per cento della russa Ingosstrakh: anche qui si ragiona intorno ai 500 milioni ma la trattativa con gli azionisti russi che dovrebbero rilevare tale quota è molto complicata. Sul fronte degli azionisti interni, con il prossimo rinnovo del consiglio d’amministrazione (che scenderà da 17 a 11 membri) non mancherà a Greco l’appoggio incondizionato soprattutto dei tre privati che lo hanno fortemente sponsorizzato (Del Vecchio, Caltagirone e De Agostini). Non è di fatto problematico neppure il rapporto con l’ad di Mediobanca (primo azionista di Generali), Alberto Nagel. Greco, da quando è in sella, ha chiaramente detto che è finita l’epoca delle partecipazioni “strategiche” e dei patti di sindacato in cui Generali era stata chiamata come portatrice d’acqua. Non è un caso che il ceo abbia dichiarato che vuole uscire da tutti i patti di sindacato perché considera “strategico”, ormai, soltanto il business assicurativo. Per Mediobanca non è una buona notizia ma su questo fronte non si può più tornare indietro: il primo azionista del Leone di Trieste avrà comunque ancora uno spicchio di business, quello dei collocamenti (la vendita di Banca Generali è passata da lì). All’interno, comincia ormai a funzionare la prima linea di management che Greco ha fortemente voluto: i manager stanno entrando nella macchina triestina e la stanno trasformando come vuole il group ceo. Il rapporto più problematico, quello con Raffaele Agrusti (una delle due figure apicali della vecchia gestione rimaste anche con la nuova), non sembra per il momento registrare frizioni. Il vero appuntamento di Greco con l’assemblea sarà però fra due anni, quando il suo programma sarà stato più o meno completato: vendita di asset per 4 miliardi, riacquisto del restante 25% di Ppf (a fine 2014), riequilibrio del business (più danni e meno vita), utile operativo a 5 miliardi. Quella sarà la Nuova Generali modello Greco. Qui sopra, il group ceo di Assicurazioni Generali, Mario Greco