di Anna Messia

La Guardia di Finanza del Nucleo Polizia Tributaria di Milano, primo gruppo Tutela Entrate, ha chiesto a Mediolanum oltre 344 milioni di euro. Un conto salatissimo fatto di imposte e sanzioni, relativamente all’Irap e all’Ires per il triennio che va dal 2005 al 2007.

Gli accertamenti riguardano in particolare sia l’attività di BancaMediolanum, che distribuisce fondi e sicav tramite i family banker, sia la compagnia assicurativa MediolanumVita, per cui il fisco presume un maggior imponibile in quegli anni di circa 636 milioni. Nel mirino della GdF è finito, più in dettaglio, il livello delle retrocessioni delle commissioni dalla società irlandese MediolanumInternational Funds alle due controllate italiane. In pratica, secondo l’Agenzia delle Entrate, il livello di retrocessione a Mediolanum delle commissioni percepite dalla controllata irlandese sarebbe inferiore ai parametri di mercato. Si tratta per la verità di una questione che va avanti da anni. Già in passato l’Agenzia delle Entrate aveva contestato a Mediolanum Vita, tra imposte e sanzioni, 20,8 milioni relativi al 2005. Una richiesta contro la quale la società ha opposto ricorso. Nello scorso dicembre, però, sono stati notificati alla compagnia altri accertamenti che questa volta riguardavano il biennio 2006 e 2007, e il totale complessivo di addebito per il gruppo guidato da Ennio Doris sarebbe quindi salito a 344 milioni. Cifre che sono state riportate nella relazione di bilancio per il 2012 pubblicata in questi giorni dal gruppo che non sembra in verità preoccuparsi troppo della contestazione. Sia MediolanumVita che Banca Mediolanum, è scritto, ritengono «che l’analisi condotta dall’Agenzia delle Entrate sia illegittima e comunque errata nei presupposti, quanto ai maggiori imponibili contestati e illegittima quanto alle sanzioni irrogate». Non solo. Nella relazione al bilancio è scritto ancora che i prezzi di trasferimento delle commissioni «rientrano nel range di valori di libero mercato individuati da economisti indipendenti». Ma in ogni caso il gruppo di Doris ha attivato la procedura prevista dalla Convenzione arbitrale europea, per rimettere la soluzione della controversia alle competenti autorità fiscali italiane e irlandesi. Spetterà a queste definire quale percentuale di imponibile fiscale ricadrà sull’Italia e quale sull’Irlanda.

Non è certo la prima volta che una società di gestione inciampa nel fisco per colpa di una controllata irlandese. Un caso simile sta coinvolgendo per esempio Banca Fideuram che martedì prossimo sosterrà l’udienza preminare per contestazioni tributarie che coinvolgono la controllata di Dublino, con contestazioni di ricavi per circa 500 milioni e presunta evasione di circa 160 milioni. Secondo i magistrati inquirenti la società irlandese, che aveva stipulato un contratto di consulenza con la controllante italiane, non avrebbe preso decisioni autonome. Insomma, si sarebbe trattato di interposizione fittizia e nonostante Fideuram abbia già chiuso con accordi tutte le pendenze con l’Agenzia delle Entrate ora in discussione c’è l’aspetto penale e il caso costituisce di sicuro un precedente importante. (riproduzione riservata)