di Francesco Ninfole

La Tobin tax europea così com’è va bene e non punirà i titoli di Stato italiani, assicura il commissario Ue al Fisco, Algirdas Semeta. Piuttosto, dichiara il politico lituano in questa intervista a MF-Milano Finanza, Roma non dovrà percorrere la strada dell’accordo bilaterale con la Svizzera perché di quello se ne occuperà l’Europa.

Domanda.

Commissario Semeta, alcuni Stati membri, inclusa l’Italia, hanno criticato la proposta della Commissione secondo cui i titoli di Stato sul mercato secondario saranno soggetti alla Tobin Tax. Che cosa risponde?

Risposta. Undici Stati, inclusa l’Italia, hanno chiesto alla Commissione di proporre una tassa sulle transazioni finanziarie (TTF) da applicare in modo coordinato, dal momento che non è stato possibile raggiungere un accordo unanime per tutti i 27 Stati membri. E hanno chiesto che questa proposta fosse basata su quella originale presentata dalla Commissione nel 2011.

D. E se non si trova un accordo a undici? Il ministro Grilli ha minacciato di porre il veto.

R. Ora spetta agli undici Stati membri negoziare e trovare una soluzione di compromesso positiva per tutti. Non credo che ci troviamo in una fase in cui si possa iniziare a parlare di veti. Le discussioni tecniche sono appena iniziate e il riscontro che ho avuto è che l’obiettivo principale degli undici Stati è applicare una TTF armonizzata. Chiaramente ci sono questioni che devono essere risolte.

D. Ma per l’Italia è cruciale non applicare la Tobin Tax sui titoli di Stato.

R. Riguardo ai bond sovrani, rifiuterei le affermazioni secondo cui la Tobin avrà un impatto negativo sugli scambi. Abbiamo preso le misure necessarie per proteggere la gestione del debito pubblico, come escludere l’emissione di obbligazioni nel mercato primario e gli interventi dei governi nel secondario. I titoli di Stato scambiati dagli operatori sul secondario saranno invece tassati, ma i rendimenti dei bond a lungo termine lasciano ampio spazio a profitti, anche in seguito al pagamento della tassa. Quindi non credo che la TTF, che ha un tasso molto basso, pari allo 0,1%, avrà gli effetti negativi ipotizzati per il debito sovrano. Inoltre la TTF genererebbe entrate considerevoli, che contribuirebbero in modo molto positivo alle casse degli Stati.

D. La Ue ha fatto un’analisi di impatto e ha valutato le possibili conseguenze della TTF in termini di riduzione di volumi degli scambi?

R. Per alcuni segmenti specifici del mercato ci sarebbe una riduzione dei volumi. Mi riferisco però ai settori in cui gli scambi sono completamente automatizzati. La valutazione complessiva è che la tassa proposta non danneggerà i mercati finanziari Ue. Potrebbe portare a un consolidamento dei dati di mercato, oggi gonfiati da attività come l’high frequency trading. Una diminuzione del volume di queste transazioni e della liquidità virtuale non deve essere vista come negativa. Ci potrebbe essere un leggero calo nello scambio di titoli, ma i mercati sarebbero ancora sufficientemente liquidi. La Tobin Ue scoraggerà le negoziazioni speculative e orienterà il settore finanziario verso l’economia reale.

D. Il Lussemburgo si è detto pronto a eliminare il segreto bancario. Come giudica invece il rifiuto dell’Austria? Sarà possibile un approccio comune dell’Ue sulla trasparenza?

R. C’è già un approccio comune sulla trasparenza ed è anche molto forte. Gli standard europei sono più alti di quelli internazionali e l’Ue ha aperto la strada allo scambio automatico di informazioni, che è diventato di recente molto popolare a livello globale. Il Lussemburgo e l’Austria sono gli unici Stati membri che non partecipano allo scambio automatico di informazioni. Tuttavia il recente annuncio del Lussemburgo è estremamente gradito. Spero vivamente che l’Austria faccia presto lo stesso. Per quanto mi riguarda, non si tratta di vedere «se» l’Austria acconsentirà a cambiare linea, ma «quando». Gli Stati membri stanno dimostrando entusiasmo nell’accelerare i tempi nella lotta all’evasione fiscale. Sono in molti a volere applicare lo scambio automatico di informazioni in ambiti più ampi e in tempi più stretti di quanto previsto inizialmente.

D. Non sarà tutto inutile se le stesse regole non saranno applicate fuori dall’Ue?

R. Continueremo a chiedere maggiore trasparenza a livello internazionale. Il recente accordo del G20 per lavorare in modo da rendere lo scambio automatico di informazioni uno standard globale è estremamente positivo e l’Ue deve ora spingere all’interno del G8 e G20 affinché questo diventi una realtà.

D. Il prossimo Consiglio europeo si focalizzerà su evasione ed elusione fiscale. Quali sono le sue aspettative?

R. Mi aspetto che le recenti dichiarazioni dagli Stati membri sulla lotta all’evasione si trasformino in decisioni e impegni concreti. E mi aspetto che gli Stati membri riconoscano che l’unico modo per contrastare con successo l’evasione e l’elusione è quello di lavorare insieme come Unione. Una settimana prima del summit ai ministri della Finanze dell’Ue verrà chiesto di trovare un accordo su un numero considerevole di misure anti-frode e anti-evasione. La presidenza irlandese si è molto impegnata nel raggiungimento di risultati in quest’area prima della fine di giugno. Questa settimana il ministro irlandese Michael Noonan ed io abbiamo scritto a tutti i ministri delle Finanze spingendo per una rapida adozione di iniziative chiave. Tra queste ci sono la revisione della direttiva Ue sulla tassazione dei redditi da risparmio, nuovi mandati per negoziare accordi più incisivi con la Svizzera e altri Stati e l’Action Plan Ue presentato a dicembre. Queste misure produrrebbero un giro di vite concreto sull’evasione. Spero che quando i leader Ue si incontreranno il 22 maggio, i ministri avranno già fatto passi avanti reali sulle misure.

D. Che cosa pensa degli accordi bilaterali in materia di fisco come quello che vorrebbe fare l’Italia con la Svizzera?

R. Il modello e il metodo di questi accordi «Rubik» sono obsoleti. Prima di tutto questi accordi bilaterali sono basati sull’idea di mantenimento della segretezza e sull’applicazione di una ritenuta alla fonte. Ma nel nuovo paradigma, ovvero con lo scambio automatico di informazioni, gli accordi basati sulla segretezza sono il passato. In secondo luogo, un approccio bilaterale tra gli Stati membri e la Svizzera non si adatta più al nostro approccio anti-evasione. C’è un impegno, sia nell’Ue che a livello internazionale, per una maggiore cooperazione nella lotta all’evasione e all’elusione. Per un problema transnazionale così enorme, una posizione transnazionale unificata è l’unica cosa che può funzionare. In Europa dobbiamo sfruttare la nostra forza come Unione. Di conseguenza per quanto riguarda la Svizzera, la soluzione sta chiaramente in un accordo più forte tra l’Ue e la Svizzera. Gli Stati membri devono urgentemente dare alla Commissione il mandato per negoziare con Berna. (riproduzione riservata)