di Luisa Leone

Banche e assicurazioni italiane senza paracadute. L’accordo per il passaggio del 4,5% di Generali da Bankitalia al Fondo Strategico Italiano, perfezionato dieci giorni fa, ha infatti imbrigliato il braccio armato della Cdp, ponendogli rigidi paletti per investire in istituti di credito e imprese assicurative.

Per evitare il conflitto di interessi di via Nazionale, che con la nascita dell’Ivass ha ampliato il proprio raggio di azione anche al comparto assicurativo, si è insomma indebolito lo strumento creato apposta per proteggere le aziende nazionali strategiche non coperte dalla golden share. Non a caso la genesi del Fondo Strategico è da ricercare nella scalata a Parmalat da parte della francese Lactalis e non a caso nell’oggetto sociale del fondo assicurazioni e società di intermediazione finanziaria sono indicate tra le società in cui investire.

Un allarme già lanciato da MF-Milano Finanza, quando la prima bozza dell’accordo tra Fsi e Bankitalia è stata resa pubblica, anche se allora riferito solo alle banche. Ma ora che il passaggio del 4,5% di Generali è stato perfezionato e la Banca d’Italia è diventata azionista del fondo guidato da Maurizio Tamagnini (con il 20% del capitale), nei documenti allegati al verbale di assemblea di Fsi non solo si confermano i vincoli per investire in istituti di credito, ma si legge anche che questi paletti riguardano allo stesso modo le imprese soggette alla vigilanza dell’Ivass, ovvero le assicurazioni.

C’è da rilevare che il divieto non è assoluto.

 

In base agli accordi il braccio armato di Cdp può acquistare quote in banche o imprese assicurative fino a un valore di 500 milioni (ma comunque per non più del 10% del proprio attivo patrimoniale) e non superiore al 5% del capitale «del soggetto vigilato».

Non solo; se queste soglie dovessero essere superate, è già stabilito che dovranno essere messi in atto «meccanismi che consentano la sollecita uscita di Banca d’Italia dal capitale della società». Insomma un intervento da parte del Fondo Strategico sarebbe possibile in caso di ipotetica scalata ostile a una banca o compagnia assicurativa italiana, ma di certo il meccanismo congegnato dopo l’iscrizione di Bankitalia al libro soci non lo renderebbe agevole. Inoltre questa situazione non si modificherà a partire dal 1° gennaio 2016, data entro la quale, in base agli accordi, la partecipazione in Generali dovrà essere ceduta e le azioni privilegiate di Bankitalia rimborsate. Via Nazionale ha infatti in mano anche una quota di circa il 6% di azioni ordinarie, che dovrebbe mantenere in portafoglio oltre quella data. Ancora, dai documenti dell’assemblea di Fsi emerge che il dividendo privilegiato straordinario che Via Nazionale potrà ricevere dalla cessione sul mercato del pacchetto di azioni Generali sarà al massimo di 72 milioni. Questo quindi il tetto al valore della cedola extra che Bankitalia riceverà per l’eventuale plusvalenza registrata tra il prezzo di conferimento delle azioni del Leone a Fsi (12,66 euro) e il valore spuntato di volta in volta per la vendita. (riproduzione riservata)