Ogni anno nel mondo gli incidenti stradali causano circa 1,24 milioni di morti e un numero di feriti compreso tra 20 e 50 milioni. Questo il dato più significativo che emerge dall’analisi delle informazioni relative a 182 Paesi raccolte nel Global status report on road safety 2013, realizzato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nell’ambito della Decade of action for road safety 2011-2020, la campagna promossa dalle Nazioni Unite con l’obiettivo di migliorare la sicurezza di strade e veicoli a motore, promuovere comportamenti sicuri alla guida e potenziare la qualità delle cure per le vittime degli incidenti.

L’80% delle morti nei Paesi a medio reddito. Tra il 2007 e il 2010, si legge nel rapporto, il numero delle vittime della strada è diminuito in 88 Paesi, Italia compresa, mentre è aumentato negli altri 87. L’analisi dei dati sui decessi evidenzia la maggiore concentrazione di vittime tra le persone di età compresa tra i 15 e i 44 anni (59%, di cui il 77% uomini). Il fenomeno colpisce soprattutto gli Stati a medio reddito, dove avvengono circa l’80% delle morti. In questi Paesi vive il 72% della popolazione globale, ma il numero dei veicoli circolanti è pari soltanto al 52% del totale. Dal punto di vista geografico, l’incidenza degli incidenti risulta più alta nel continente africano, con 24,1 vittime ogni 100mila abitanti, mentre il dato più basso è quello dell’Europa, con 10,3 morti ogni 100mila abitanti.

Legislazioni inadeguate o non applicate. Il rapporto sottolinea, inoltre, la persistenza di leggi nazionali sulla sicurezza stradale insufficienti. Sono solo 28, pari al 7% della popolazione globale, i Paesi dotati di una legislazione che affronta i cinque principali fattori di rischio all’origine degli incidenti: guida in stato di ebbrezza, eccessiva velocità, uso errato dei caschi e delle cinture di sicurezza, e modalità di trasporto dei bambini errate. Nel quadriennio 2008-2011 in 35 Paesi, in cui vive quasi il 10% della popolazione mondiale, sono state approvate norme che affrontano almeno uno di questi cinque fattori, ma un altro problema è rappresentato dal fatto che la loro effettiva applicazione è, in molti casi, inadeguata.

Tutelare pedoni e ciclisti. Il report dell’Oms lancia anche l’allarme rispetto alla tutela degli utenti della strada non motorizzati. Il 27% di tutte le vittime di incidenti mortali, infatti, sono pedoni e ciclisti. Una percentuale che si avvicina a un terzo del totale nei Paesi a medio e basso reddito e che in alcuni casi supera il 75%. Da qui la necessità, in un contesto complessivo caratterizzato dall’aumento della motorizzazione delle strade, di estendere le politiche che promuovono la sicurezza di ciclisti e pedoni, attualmente previste solo in 79 Stati.

In Italia tra il 2001 e il 2010 incidenza dimezzata. Dalla scheda dedicata al nostro Paese – che riporta una serie di statistiche ricavate dalle banche dati di Istat, ministero dei Trasporti, Istituto superiore di sanità, Aci e polizia – emerge che l’incidenza delle morti causate dagli incidenti stradali nel decennio 2001-2010 si è dimezzata. Dalle oltre 12 vittime ogni 100mila abitanti del 2001, infatti, il dato ha subito una flessione costante e nel 2010 era pari a poco più di sei decessi ogni 100mila abitanti. La scheda riassume anche alcuni dati relativi all’utilizzo dei dispositivi di sicurezza previsti dal codice stradale. Se l’obbligo di indossare il casco è rispettato dal 92% dei motociclisti italiani, gli automobilisti non sono altrettanto disciplinati: solo il 63% dei conducenti, infatti, allaccia le cinture, che sono quasi sempre ignorate dai passeggeri che viaggiano sui sedili posteriori. A utilizzarle è solo uno su 10.

Fonte: INAIL