La vicenda internazionale dei fucilieri della Marina Militare rispediti in India per essere processati per accertare se siano responsabili dell’uccisione di due pescatori scambiati per pirati ha riportato l’attenzione su un fenomeno terroristico internazionale che flagella i mari di mezzo mondo. Chi pensava che i protagonisti degli attacchi fossero bande disorganizzate di ex pescatori somali si è dovuto ricredere vedendo l’articolata rete di mezzi tecnici, intermediari e finanzieri su cui possono contare i sequestratori.

La pirateria è un ricco business internazionale anche per assicurazioni, fornitori di strumenti di difesa, guardie armate e avvocati. Non lo è invece per gli armatori, costretti a spendere milioni di dollari per difendere le navi e per pagare il riscatto quando vengono catturate. Uno studio sull’impatto economico della pirateria somala recentemente pubblicato da tre ricercatori dell’Università di Barcellona ha messo in evidenza che i ricavi netti ottenuti dai guerriglieri dal 2008 ammontano a 120 milioni di dollari l’anno, mentre i maggiori costi sostenuti dall’industria dello shipping per difendersi variano da 900 milioni a 3,3 miliardi di dollari l’anno. In questa somma rientrano riscatti, strumenti di difesa installati sulle navi, imposte aggiuntive per finanziare le missioni militari nel Corno d’Africa e spese per le guardie armate. Nei primi tre mesi di quest’anno, secondo il Piracy Reporting Centre, si sono verificati 47 attacchi a navi e tre di questi hanno portato al sequestro del mezzo. Attualmente i pirati somali detengono cinque unità con a bordo 65 marittimi presi in ostaggio. Negli ultimi anni sempre più Paesi hanno autorizzato le compagnie di navigazione a difendersi imbarcando personale armato e ciò ha comportato una riduzione del numero dei sequestri e a una diminuzione dei prezzi per le coperture assicurative anti-pirateria. Nel 2012 infatti sono stati raggiunti i livelli minimi degli ultimi cinque anni con 297 attacchi registrati contro i 439 dell’anno precedente. L’anno scorso sono stati 28 i sequestri di navi e 585 i marittimi presi in ostaggio (erano stati 802 nel 2011). Questo fenomeno dal Corno d’Africa si è esteso ormai a larga parte dell’Oceano Indiano e coste occidentali dell’Africa. Il governo italiano negli ultimi giorni ha dovuto affrontare con urgenza la questione della pirateria visto il complicarsi della vicenda dei due marò sotto processo in India. Nel settembre 2011 l’Italia aveva concesso la possibilità d’imbarcare «nuclei militari di protezione» per difendere le navi in caso di attacchi. Fino a una settimana fa erano dunque autorizzati a salire a bordo solo i militari della Marina Militare per i quali le compagnie armatoriali sborsano circa 3 mila euro al giorno per un nucleo di sei persone. Da una settimana, però, dopo le dimissioni del ministro Terzi, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto attuativo che autorizza l’utilizzo di guardie giurate in funzione anti pirateria. Questo provvedimento è arrivato dopo la dura presa di posizione di Paolo d’Amico, presidente di Confitarma, che aveva duramente criticato l’ipotesi di sospensione del servizio di security prestato dalla Marina Militare dopo la vicenda dei due marò. Confitarma ha anche chiesto al presidente del Consiglio e al ministro dell’Economia, la proroga al 31 dicembre 2013 dell’attuale termine di scadenza (fissato al 30 giugno) per impiegare guardie giurate che non abbiano ancora frequentato i corsi teorico-pratici ma siano in possesso di determinati requisiti. Se una soluzione verrà trovata, in tempi brevi anche gli istituti di vigilanza privata potranno entrare in questo nuovo segmento di business aggiungendosi così alla lunga lista di fornitori che guadagnano grazie al fenomeno della pirateria. Tra questi figura anche Garioni Naval, l’azienda bresciana tradizionalmente attiva nella fornitura di sistemi di riscaldamento navale e vendita di caldaie, che sta promuovendo un innovativo sistema di difesa per le navi. Si tratta in pratica di un anello di vapore parzializzabile, da installare intorno allo scafo, in grado di sparare vapore a temperatura anche superiore a 215 gradi centigradi a una pressione di circa 20 atmosfere. Un modo originale per tenere a distanza i pirati che vogliono abbordare le navi. (riproduzione riservata)