di Andrea Di Biase

Questa volta non ci saranno tempi supplementari. Se nel weekend i vertici di Fondiaria-Sai e Unipol e le banche creditrici di Premafin non troveranno un accordo sulle valutazioni economiche delle società coinvolte nella prospettata fusione a quattro, c’è il rischio che la situazione possa precipitare, aprendo scenari pesantissimi non solo per i Ligresti ma anche per la compagnia assicurativa che la famiglia ha controllato e gestito negli ultimi dieci anni. La volontà delle parti, come emerge anche dal comunicato diramato da Milano Assicurazioni (assistita dallo studio Pedersoli) al termine del consiglio di amministrazione di venerdì 20 aprile, è quella di arrivare a un’intesa. I consiglieri della controllata di FonSai, così come quelli della capogruppo (riunitisi giovedì 19), hanno infatti valutato «positivamente» gli aspetti industriali dell’integrazione con Unipol, ma hanno subordinato il proprio via libera all’operazione a un miglioramento degli aspetti finanziari tale da rendere la fusione più conveniente per gli azionisti di minoranza delle due compagnie. Il punto dolente di tutta l’operazione, sottolineato anche dal collegio sindacale di Fondiaria- Sai in una lettera inviata al cda della compagnia lo scorso 12 aprile, continua a essere legato alla presenza di Premafin nella fusione con FonSai, Milano e Unipol Assicurazioni. La holding, attualmente presieduta da Giulia Ligresti, porterà infatti in dote alla nuova compagnia una parte del suo attuale debito, che avrebbe l’effetto di pesare sul margine di solvibilità della nuova entità. Nonostante l’attuale indebitamento di Premafin, pari a 368 milioni, sarà trasformato per 225 milioni in un prestito convertendo (di cui Unipol si è detta pronta a sottoscriverne una tranche di 70 milioni), i restanti 143 milioni, seppur riscadenziati, finirebbero per gravare sulla nuova compagnia. Per questo motivo già da qualche giorno si sarebbe cominciato a ragionare sulla possibilità di innalzare la taglia del convertendo (che ai fini di Solvency è equiparabile a equity) fino a coprire tutto l’indebitamento della holding. Ma questa non sarebbe l’unica ipotesi sul tavolo. Tra le soluzioni cui si starebbe pensando per rendere meno indigesta la fusione agli azionisti di minoranza di FonSai e di Milano ci sarebbe anche quella di compensarli attraverso l’assegnazione gratuita di warrant che potrebbero essere trasformati a termine in titoli della nuova compagnia. Un po’ come fatto da Salvatore Ligresti per venire incontro agli azionisti di minoranza di Fondiaria ai tempi della fusione tra la Sai e la compagnia fiorentina. Ma non è nemmeno escluso che alla fine la soluzione possa passare da un mix di queste due ipotesi. Molto dipenderà dall’abilità negoziale delle parti, anche se per l’ad di FonSai, Emanuele Erbetta, la partita è sicuramente più impegnativa che per il suo omologo in Unipol, Carlo Cimbri. Se quest’ultimo infatti, in caso di mancato accordo, vedrà andare in fumo mesi di lavoro proprio nel momento in cui è stato più vicino al traguardo, per i vertici di Fondiaria-Sai il rischio è che, sfumata l’opzione Unipol, la compagnia possa essere commissariata dall’Isvap. È vero che il cda di Premafin si è riservato la possibilità, in caso i bolognesi uscissero di scena, di rivolgersi ad altri investitori per coprire l’aumento di capitale da 400 milioni e sottoscrivere così la ricapitalizzazione da 1 miliardo di FonSai. Ed è altrettanto vero che Sator e Palladio (la cui offerta scade il 30 aprile) hanno ribadito di essere pronti a scendere in campo. Ma questo eventuale piano B potrebbe non avere nemmeno il tempo di vedere la luce. In caso di mancato accordo tra Unipol e FonSai è infatti possibile che le autorità di vigilanza (Isvap e Consob) si muovano subito per mettere in sicurezza la compagnia e i suoi assicurati. E anche la Procura di Milano, che finora ha circoscritto la propria indagine alle holding non quotate della famiglia Ligresti, chiedendo il fallimento per Sinergia e Im.Co, potrebbe rompere gli indugi prendendo provvedimenti analoghi anche per la stessa Premafin. L’accordo raggiunto con le banche creditrici per la ristrutturazione del debito della holding è infatti strettamente legato all’operazione Unipol. Se i bolognesi dovessero sfilarsi, qualsiasi soggetto interessato a prendere il loro posto dovrebbe negoziare da zero con gli istituti. Il venire meno, proprio per questo motivo, di una concreta soluzione per il salvataggio di Premafin potrebbe dunque spingere il pm Luigi Orsi a presentare istanza di fallimento anche per il gruppo quotato. In attesa di capire se Unipol e FonSai troveranno l’accordo (in tal caso potrebbe essere convocato un cda della compagnia dei Ligresti tra domenica sera e lunedì), il fronte giudiziario si fa sempre più caldo. La Procura di Milano ha acceso un faro sulle tre holding lussemburghesi dei figli di Ligresti (Jonella, Giulia e Paolo), mentre la Procura di Torino, città dove ha sede legale Fondiaria-Sai, ha aperto un fascicolo sulle vicende della compagnia. Per il momento non ci sono ipotesi di reato né indagati, ma un esito negativo della trattativa potrebbe cambiare il quadro. (riproduzione riservata)